Con piacere ed in punta di piedi mi inserisco anch’io in questa interessante discussione.
Riguardo all’abbassamento del kH, concordo senz’altro che le cause possono (e devono per forza) essere molteplici. Sicuramente l’aggiunta di acido influisce (scinde i bicarbonati: HCO3- + H+ --> H2O + CO2), come del resto la nitrificazione. E se è vero che per 1 unità di azoto ossidato si consumano 7.14 unità di alcalinità (nella forma di carbonati) è altrettanto vero che la denitrificazione (se presente) ne ristabilisce la metà (cioè 3.57 unità per azoto ridotto).
Ora, si potrebbe pensare che la presenza di batteri denitrificanti sia trascurabile in un acquario con un fondo non particolarmente alto e compatto e/o un filtro particolarmente grande e “vecchio”. In realtà, poiché i batteri si aggregano sotto forma di biofilm, ci saranno sempre colonie aerobie e nitrificanti sopra e colonie anaerobie e denitrificanti sotto. Il rapporto tra le due colonie dipende ovviamente da molteplici fattori, come lo spessore del biofilm (a sua volta dipendente da velocità di flusso dell’acqua, turbolenze,…), l’ossigeno disciolto in acqua (DO), la presenza di piante e pesci, etc. Fatto sta che, secondo me, la denitrificazione ha comunque un peso. Tant’è che negli impianti di depurazione delle acque (dove l’efficienza di nitrificazione deve essere massima) si immette ossigeno nei supporti di crescita dei biofilm per minimizzare al meglio il contributo della denitrificazione.
Anche l’assenza di un impianto di CO2 fa però la sua parte. Visto che le piante devono rimediare il carbonio, tutta la CO2 presente in vasca (dai contributi dell’aria, del fondo, dell’attività batterica, della respirazione dei pesci, della decomposizione varia, etc…..) viene assorbita, facendo comunque spostare l’equilibrio: Ca(HCO3)2 ⇌ CaCO3 + CO2 + H2O verso destra, quindi verso la precipitazione dei carbonati. E’ altresì vero che lo scambio del gas tra aria ed acqua tende comunque ad un costante equilibrio (che tende a rimpiazzare la CO2 persa).
Sull’utilizzo dei bicarbonati da parte delle piante, confermo che non tutte sono in grado di farlo, e che quelle capaci sono spesso originarie di acque dure ed alcaline. Però se ci atteniamo alle specie acquatiche studiate in bibliografia, una buona metà è in grado di utilizzare i bicarbonati (Ceratophyllum demersum, Egeria densa, Elodea canadensis e nuttallii, Hydrilla verticillata, Myriophyllum spicatum, Vallisneria spiralis, Potamogeton crispus, Ranunculus trichopyllus e peltatus, per citare alcune). E che nessuno, ad esempio, ha testato l’affinità ai bicarbonati nelle Cryptocoryne o nelle Anubias (ovviamente allo stato dell’arte delle mie conoscenze). Evidente e conosciuta è invece l’alta affinità per i bicarbonati delle alghe. Non a caso queste spesso prolificano (utilizzando bicarbonati) quando le piante smettono di crescere per mancanza di C (in forma di CO2). E che specie come il Ceratophyllum demersum e l’Egeria densa riescono invece a contrastare la crescita di alghe (a parte eventuali allelopatie) proprio perché utilizzano (meglio) proprio le loro stesse armi (cioè i bicarbonati).
In un articolo del 2004 di Schippers et al. (Ecosystems 7: 63

) si sono testate le conseguenze di un incremento della CO2 in atmosfera (da 350 a 700 ppm) sulla crescita, in acqua, di alghe, di macrofite che utilizzano CO2 e HCO3- e di macrofite che riescono ad utilizzare solo CO2. Riassumendo di molto, quello che ne emerso e che le alghe (a bassi livelli di biomassa) non erano affatto condizionate in positivo dall’aumento della CO2 disciolta in acqua, mentre c’era un incremento doppio per le macrofite con alta affinità per i bicarbonati ed un incremento triplo per le macrofite con alta affinità solo per la CO2. Al contrario, sempre nello stesso esperimento, un incremento dell’alcalinità da 1 a 4 eq/m3 (cioè circa da 2.8 KH a 11.2 KH) portava ad un incremento nella crescita maggiore per le alghe, poi per le macrofite HCO3- affini ed infine nullo per le macrofite CO2 affini.
Riguardo poi altri metodi per procurarsi il carbonio inorganico dissolto (DIC) c’è da citare anche il ciclo CAM (Crassulacean Acid Metabolism), utilizzato ad esempio dalla Crassula helmsii (inabile ad utilizzare i bicarbonati), Hydrilla verticillata (invece in grado di farlo) e le Isoetes. Praticamente il ciclo CAM accumula la CO2 di notte (quando la concentrazione di tale molecola è maggiore) sotto forma di malato, il quale di giorno viene nuovamente ritrasformato in CO2 per la fotosintesi (nelle succulente serve per evitare l’apertura degli stomi e la conseguente traspirazione d’acqua nelle ore più calde del giorno).
Mi scuso in anticipo se mi è sfuggito qualcosa e ho scritto eventuali e non volute inesattezze, ma purtroppo l’ora tarda non aiuta (anche se è quasi l’unico momento in cui posso dilungarmi un poco….).
P.S: quasi dimenticavo. Per il rabbocco delll'acqua evaporata ovviamente concordo con Tuko. Deve essere RO.
Come suggerisce Luigi (Scriptors) è sicuramente meglio che rabboccare con acqua di rubinetto, ma comunque un incremento di soluti c'è.
Per fare un esempio:
se io ho 100 lt con una concentrazione X di 10 mg/l, ed evaporano 10 lt, la concentrazione sale a 11.1 mg/l. Togliendo altri 10 lt e sostituendoli con 20 lt a 10 mg/l, ottengo di nuovo 100 lt, ma con una concentrazione X di 10.9 mg/l.