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Vecchio 18-03-2014, 14:19   #1
T_M
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Un pesce di nome W.....ild



Provo a dar seguito a quanto promesso e premesso in altro 3d, consapevole che scoperchiare il calderone riguardante il termine “wild” può riservare numerose insidie, la maggior parte delle quali affrontabili con il buon senso.
La definizione wild e quello ad essa strettamente legato si porta palesemente dietro numerose accezioni negative, legate alla pratica in se ed al suo sviluppo commerciale.
Talmente palese da poter mettere tutti d’accordo nel discriminare il prelievo intensivo in natura effettuato per soli fini commerciali.
Con questa premessa, ritengo interessante provare ad affrontare il medesimo discorso da differenti angolazioni, convinto che se la maggioranza si dichiara contraria allo sfruttamento commerciale di pesci wild, possano invece esistere numerose sfaccettature di pensiero per un diverso e maggiormente ragionato prelievo di pesci in natura.

Proviamo a soffermarci su quanto oggi il mercato ci offre per le nostre vasche.
Buona parte delle specie sono direttamente frutto di allevamenti intensivi delle farm orientali o talvolta europee. Pesci spesso frutto di induzioni ormonali, nati tra le acque condite di antibiotici ed ormoni, ingozzati e fatti crescere rapidamente per diventar merce di scambio.
Un’altra buona fetta direttamente prelevata in natura, in modo indiscriminato, a cui viene fatto affrontare dei viaggi senza speranza in cui solo una minima parte arriva a destinazione.
Poi esiste il regno del colore, dell’ostentazione, della novità.
Ecco quindi un fiorire di pesci balloon, electric blue, red, double red, triple red, turchesi, golden, red, red a strisce golden con o senza turchese, pinne lunghe, pinne corte, pinna lunga alta, pinna lunga bassa, albini, pinne velo, occhi sporgenti, occhi molto sporgenti, e gli ultimi rumors danno in arrivo per la nuova stagione i zoppi, ciechi monchi e forse anche i siamesi già venduti in coppia…
E sempre qui, nel regno delle novità, negli ultimi anni si sta diffondendo la moda del wild…
Moda, in quanto il termine wild in questione viene spesso ricercato come optional del pesce stesso.
Eh si.. se l’auto invece di prenderla modello base, la voglio accessoriata con il navigatore e la USB port, l’apistogramma non lo voglio d’allevamento ma lo voglio turbo, ops wild…
Vuoi quindi che il negoziante e quindi l’allevatore si fan sfuggire il nuovo mercato??
No, ecco pronti kmtrici listini con tutte le specie wild pronte in spedizione.
Fortuna vuole che per ogni pesciolino di cattura chiesto non ci sia il corrispondente pescatore armato di retino pronto a cercarlo nel fiume sotto casa, in quanto spesso i wild di selvaggio han solo visto i modi bruschi delle farm di turno.

E quindi? Cosa ci metto in vasca ?
Due alternative:
Semplice. Quello che oggi il mercato ci offre, cercando sempre di salvaguardare le caratteristiche che ogni pesce ha e necessità, a prescindere dalla sua provenienza.
Complesso. Cerco delle alternative.
Rare ma comunque presenti nel circuito commerciale.
Rare, di difficile reperimento, ma sostanzialmente presenti nel circuito privato.

Spiegati meglio…. Ci provo ma di notte l’occhio vacilla.

Il circuito privato.. ambiente vario ed il più delle volte esente da estreme valutazioni commerciali.
Troviamo il ”papà” di un nugolo di avannotti cresciuti sfornati dalla coppia di pesciolini allevata con tanto amore, e che non potendo tenerli, si affida a canali semplici come il mercatino per poter piazzare i piccoli nati.
Situazione che, a parte piccoli rischi (ibridi,malattie, ecc), rappresenta una risorsa per il circuito privato, in quanto troviamo numerose specie acquistabili a prezzi contenuti e sicuramente cresciute con amore e cure domestiche ma spesso valide.
Troviamo chi alleva in modo mirato e cerca in parte di ripagarsi le spese, utilizzando canali un po più evoluti tipo AquaBid o altri siti online di annunci o stringendo piccole partnership con grossisti o negozi.
Troviamo i nipoti di Gregor Mendel che si dilettano nel selezionare differenti fenotipi, alla ricerca della purezza estrema o della creazione del new brand type, creando un mercato nel mercato in larga diffusione.
Troviamo poi chi in modo totalmente anacronistico prova ad allevare e mantenere pesci “nel limite del possibile” come mamma li ha fatti, provando ad allargare via via la maglia degli allevatori volenterosi che scelgono di conservarli con una certa metodologia.

Nessuno può e deve arrogarsi il diritto di “pesare” una scelta di allevamento piuttosto che un'altra, che in quanto scelta, rimane sempre a carattere personale, sempre in rigorosa difesa delle modalità di allevamento conformi e nel benessere dei pesci ospitati (si spera..)

Credo sia superfluo ammettere di aver personalmente idee vicine all’ultima schiera nominata, e di aver cercato nel corso degli anni delle alternative a quello che il mercato commerciale cercava di propormi.
Fortuna vuole, che ci sono diverse persone, spesso definibili come veri misantropi, che hanno provato a loro spese, sia virtuali che reali, a trovare percorsi alternativi.
Ipotizzare un percorso alternativo, che si regga su un mantenimento ed allevamento di specie conformi a quanto la natura ci ha donato, avente come punto di partenza dei pesci provenienti dal circuito commerciale, crolla prima ancora di nascere.
E’ palese che i primi riproduttori devono essere prelevati in natura, ma è altrettanto chiaro che il loro prelievo deve essere finalizzato ad un percorso o progetto che permetta negli anni di poter mantenere gli eredi il più possibile conformi al gruppo iniziale.
Gruppo iniziale che dovrà essere identificato con i dettagli e la location del prelievo, mantenuto e riprodotto, avendo cura di preservare e mantenere aggiornati burocraticamente tutte i passaggi che questi pesci subiscono. Creando dunque una mappatura o albero genealogico aggiornabile per essere sempre a conoscenza di chi ha cosa.
Una volta che i riproduttori sono numericamente e stabilmente al sicuro, ecco che può essere pronta per il mercato, idealmente privato ma volendo anche commerciale, la diffusione di pesci con caratteristiche native, con location di cattura, riconducibili al fenotipo iniziale.
Questa credo che sia, come a volte piace dire, la chiusura del cerchio, oltre che la conferma che percorsi alternativi si possono trovare, intraprendere, ma anche iniziare.
Sicuramente si tratta di un percorso difficile, strettamente basato sullo scambio personale (né virtuale né fittizio) dove la fiducia è alla base di tutto.
L’anacronismo è proprio questo.
Fiducia pazienza e tempo sono le basi di un percorso, anche personale, differente.
Paragonabili a chi sceglie di spendere maggior tempo e denaro realizzando qualcosa personalmente, evitando magari anche di risparmiare prendendo direttamente il preconfezionato sugli scaffali o con un clic di mouse.
Sicuramente è più facile sbagliare, ma credo che le soddisfazioni ottenute compensino la fatica e le difficoltà incontrate.

Questo è il motivo per cui non mi trovo contrario a priori al wild.
Il wild mi ha dato le uova dei killi locati allevati per tanti anni, e che ancora oggi degli amici pazzi portano avanti da credo un ventennio..
Il wild mi ha dato le uovo dei rainbowfish anch’essi locati che ho schiuso ed allevato, e che auspico vengano mantenuti tali da chi ora li possiede.
Il wild mi ha dato negli anni numerosi esemplari di apistogramma ed anabantidi, sempre riprodotti e poi passati ad appassionati pronti a riceverli continuando e mantenendo la divulgazione.
Il wild mi ha portato numerosi locaridi, difficilmente locabili con precisione, ma le cui riproduzioni finalizzate alla loro diffusione hanno evitato ulteriori prelievi in natura.
Il wild ci porta numerosi caracidi.. la cui sfida nella riproduzione ci potrebbe consentire di diminuirne il prelievo in natura.
Il wild ci porta discus, betta, poecilia e molti altri, la cui bellezza del wild type spesso è imbarazzante rispetto alle varie selezioni.

Il wild ci porta la vita, a noi il compito di valorizzarla e mantenerla conforme al suo essere.

Tutto sempre e solo IMHO.

Ciao a tutti.

Massimo
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nome , pesce , wild

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