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Vecchio 09-06-2010, 14:55   #1
Entropy
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Vorrei intervenire solo per un piccolo chiarimento sulla questione di evoluzione e selezione.
Bisogna infatti fare attenzione e distinguere tra evoluzione, adattamento e acclimatamento (o acclimatazione).
L’evoluzione implica un cambiamento, nel corso delle generazioni, del patrimonio genetico di una specie, attraverso mutazione casuali che vengono successivamente portate avanti o eliminate dalla selezione naturale. Questo comporta cambiamenti nel genotipo di una specie ed il formarsi, attraverso isolamenti geografici e/o ecologici, ad eventuali altre specie partendo da un’unica. Un esempio di quest’ultimo fenomeno è la radiazione adattativa, con la quale una specie iniziale colonizza un ambiente eterogeneo (cioè ricco di habitat e variabili ambientali) e grazie a mutazioni e alla selezione naturale, si formano nuove specie, ognuna occupante una precisa nicchia ecologica. I grandi laghi africani (Tanganica, Malawi e Vittoria) ne sono una testimonianza evidente: in poco più di 10.000 anni di vita del lago Tanganica (nulla, se rapportato alla storia della terra e ai tempi dell’evoluzione) si sono formano quasi 300 specie solo all’interno della famiglia dei ciclidi.
L’acclimatazione e l’adattamento invece passano per la plasticità fenotipica (intra ed extraspecifica), ossia la potenzialità di un dato genotipo (di una data specie) di produrre espressioni fenotipiche diverse in condizioni ambientali differenti. Più eterogeneo è l’areale di distribuzione di una specie, maggiori sono le probabilità di una variabilità genetica, da cui dipende la plasticità dei caratteri morfologici e fisiologici della stessa. Una maggiore plasticità fenotipica è così il risultato della selezione in ambienti caratterizzati da condizioni più eterogenee, mentre al contrario, una bassa plasticità fenotipica è indice di una strategia specialistica, che si determina in condizioni ambientali particolari. Esempio: un panda vive benissimo in mezzo alle foreste di bambù, ma senzail bambù si estingue rapidamente perchè non saprebbe che altro mangiare (bassa plasticità fenotipica e strategia specialistica). Un ratto riesce a vivere negli ambienti più disparati (alta plasticità fenotipica e strategia generalista). La stessa specie umana presenta una strategia generalista.
Precisazione: il fenotipo di una specie non si limita solo alle caratteristiche “esteriori” e quindi visibilmente riscontrabili, ma a tutte le sue espressioni derivanti dal genotipo. Il gruppo sanguigno, ad esempio, pur non essendo riconoscibile “esteriormente”, fa comunque parte del fenotipo di un individuo. Stesso discorso per le facoltà intellettive e comportamentali (vedi la selezione operata dall’uomo sul cane per l’intelligenza, l’obbedienza o particolari capacità).
La differenze poi tra acclimatamento e adattamento stanno nel fatto che il primo fenomeno coinvolge l’individuo (non la specie) e riguarda solo il fenotipo, non toccando minimamente il corredo cromosomico, mentre l’adattamento è una modificazione sia del fenotipo che del genotipo (intra o extra specifico che sia). Per fare un esempio comprensibile (spero): se noi italiani andassimo a soggiornare qualche mese in Ecuador, a 3000 m di quota, dopo qualche tempo i nostri globuli rossi “tenderebbero” a diventare più piccoli e numerosi (acclimatamento ad un’atmosfera più rarefatta), con modificazioni anche del sistema endocrino, polmonare e muscolare. Ma una volta ritornati a casa, tutto tornerebbe come prima. E anche se facessimo un figlio in Perù, il suo genotipo sarebbe uguale al nostro (crossing-over a parte). Gli ecuadoregni invece, che lì ci vivono da migliaia di anni, tutti quegli adattamenti ce li hanno già (adattamento intraspecifico). E lo trasmettono ai loro figli. Allo stesso modo, un leccio che vive su di una rupe del lago di Garda (quindi gelate invernali, forte vento e tanta pioggia) tenderà ad avere foglie, fotosintesi e ghiande completamente differenti rispetto ad un leccio cresciuto in Salento, in un ambiente arido e caldo. E tali caratteri sarebbero tali anche se le due popolazioni (o più propriamente “ecotipi”) verrebbero fatti crescere nelle medesime condizioni, anche se sempre di leccio si tratta. Lo stesso discorso si può fare per i pesci. Ci sono specie più adattabili a variazioni dei parametri ambientali (alta plasticità fenotipica) come ad esempio i carassi e molti poecilidi, mentre ci sono altre specie con una bassa adattabilità e range ecologici molto ristretti, come alcuni ciclidi sudamericani e anabantidi di acque nere. E una specie che possiede un’alta plasticità fenotipica è anche più facile da selezionare fenotipicamente, perché produce individui che si diversificano maggiormente l’uno dall’altro anche a livello genetico, rendendo così più veloce e “produttivo” il loro differenziamento morfologico (vedi la creazione delle molteplici varietà di carassi e poecilidi).
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