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Originariamente inviata da buddha
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Continuerai a dosare silicati in questa fase iniziale?
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certo
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Originariamente inviata da garth11
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qualche cosa si accumula, dai... L'azoto gassoso evapora ma il fosforo (fosfati)? Precipita e rimane lì...
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Originariamente inviata da buddha
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Andiamo in ot un attimo..
Secondo me il fosfato non si accumula (tranne che nei PAO, ma questi batteri in teoria dovrebbero essere predati e quindi torniamo a capo)
I fosfati ferrici o di calcio precipitati teoricamente finiscono sul fondo del dsb, che se abbastanza anossico produce bisolfuri e solfuri (molti dei quali danno le famose macchie nere di solfuri ferrici e vari altri). I bisolfuri invece prima della seconda dissociazione reagiscono con i fosfati Ferrici per liberare bi fosfati ...
Tutto questo accade solo se il dsb arriva ad avere zone anossiche molto riducenti, altrimenti la mancanza di batteri anaerobi obbligati solfatoriduttori crea in parte il problema di accumulando fosfati insolubili..
Secondo me e poi smetto, un dsb funzionante "mangia" sabbia, cioè negli strati inferiori deve formarsi acido (solfidrico per Lo più)..
Che altro si potrebbe accumulare?
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no è farina del mio sacco
![:-]](http://www.acquariofilia.biz/images/smilies/02.gif)
La decomposizione dei materiali biologici può seguire due decorsi completamente diversi a seconda che ci si trovi in condizioni di presenza o di assenza di ossigeno.... solo in quest’ultimo caso di può effettivamente parlare di putrefazione
Le molecole che si formano al termine di un processo putrefattivo, che si realizza cioè a carico dei materiali biologici in assenza o quasi di ossigeno, invece, sono di tipo totalmente diverso. Esse si originano attraverso reazioni prevalentemente abiotiche, ma non mancano anche in questo caso organismi decompositori definiti “anaerobi” in grado di effettuare trasformazioni biologiche anche di condizioni di carenza (batteri ed alcuni funghi) o di totale mancanza (solo batteri) di ossigeno.
All’opposto del caso della decomposizione aerobica, nella putrefazione anaerobica gli atomi che facevano parte delle molecole di origine biologica, tendono alla fine del processo a ridurre il loro stato di ossidazione. Se consideriamo i principali elementi che costituiscono i tessuti viventi (carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, zolfo, fosforo) il punto di arrivo della trasformazione putrefattiva di ciascuno di questi è la sua forma completamente idrogenata, dove cioè l’elemento si trova in forma isolata e lega su di se con legami covalenti esclusivamente atomi di idrogeno. Nello specifico dei 6 atomi citati, avremo: CH4, H2, H2O, NH3, H2S, PH3, dove in ogni caso è rappresentato in minimo numero di ossidazione raggiungibile per ciascuno degli elementi coinvolti.

Da notare il fatto che l’acqua, inserita in questo breve elenco, rappresenta la forma idrogenata dell’ossigeno già presente fin dall’inizio nel materiale biologico e non deriva da ossigeno atmosferico fissato poi nelle molecole in seguito ad un suo eventuale coinvolgimento in un processo ossidativo.
Ma vediamo ora più da vicino le molecole che rappresentano il termine ultimo della decomposizione putrefattiva dei materiali organici.
Riprendendo il breve elenco di prima abbiamo l’idrogeno (H2), il metano (CH4), l’ammoniaca (NH3), l’idrogeno solforato detto anche acido solfidrico (H2S) e la fosfina detta anche fosfano (PH3), mentre la questione relativa all’acqua è già stata sostanzialmente chiarita nel paragrafo precedente. Ho preparato la seguente tabella per riassumere alcune delle caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche più importanti di queste 5 molecole ai fini della loro trattazione nel contesto putrefattivo.
La prima cosa che notiamo è che si tratta di sostanze decisamente basso bollenti, che alla temperatura ambiente si presentano in forma di vapore o di gas. Questa caratteristica è certamente legata al loro basso peso molecolare, ma anche al fatto che si tratta di sostanze i cui legami intramolecolari (nello specifico fra idrogeno e non-metallo) sono di tipo covalente e poco inclini all’instaurare legami idrogeno intermolecolari: la conseguenza di questo è che ogni molecola non ha una particolare propensione ad “aderire” a quelle circostanti dello stesso tipo dando origine ad una sorta di reticolo molecolare, con l’esito che nessuna particolare barriera è posta a fronte del rilascio di queste molecole da parte della loro fase di partenza eventualmente liquida.
Dal punto di vista della loro solubilità in acqua e delle relative proprietà acide o basiche impartite alla soluzione esse si differenziano molto l’una dall’altra, andando dalla scarsa solubilità dell’idrogeno a condizioni intermedie relative al metano (ma entrambe queste molecole non influenzano il pH della soluzione), all’ammoniaca che risulta estremamente solubile in acqua, con reazione basica, per terminare con l’acido solfidrico che da reazione debolmente acida ma risulta per contro poco solubile e la fosfina che risulta discretamente solubile pur senza influenzare il pH della soluzione.
La generica basicità che si può riscontrare nelle acque stagnanti nelle quali sono in corso degradazioni anaerobiche sono da imputarsi quasi interamente all’ammoniaca ed ai suoi precursori, che godono per l’appunto di 3 importanti caratteristiche, tutte orientate in questa direzione: l’abbondanza, la basicità e l’elevata idrosolubilità.
Volendo prendere in esame l’origine di queste molecole, è chiaro che metano ed idrogeno possono derivare da una molteplicità, praticamente da tutte le sostanze organiche inizialmente presenti nel corpo in disfacimento. Per l’azoto le fonti iniziano a restringersi ed annoverano in primo luogo le proteine, che contengono azoto trivalente nei gruppi aminici dei loro aminoacidi, e solo secondariamente le basi azotate degli acidi nucleici e meno ancora le altre molecole funzionali presenti in basse concentrazioni negli organismi.
Per lo zolfo l’origine è essenzialmente aminoacidica: la metionina e la cisteina (singolarmente o dimerizzata sotto forma di cistina) costituiscono i due aminoacidi nei quali compare lo zolfo, in entrambe i caso sotto forma divalente, rispettivamente di solfuro e di tiolo.
Il fosforo infine deriva dagli acidi nucleici (DNA ed RNA), così come dalle più comuni molecole “funzionali” trasportatrici di energia chimica e/o mediatori ossido-riduttivi, come l’ADP/ATP, il NAD/NADH, il FAD/FADH: in ogni caso il fosforo compare sotto forma di fosfato, quindi solo moderatamente integrato all’interno della struttura organica della molecola e pertanto piuttosto esposto a reazioni che possono portare alla sua liberazione sotto forma di fosfato inorganico. Solo in condizioni fortemente riduttive lo ione fosfato potrà però convertirsi in fosfina, dove lo stesso elemento è presente allo stato di ossidazione -3.
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Originariamente inviata da ALGRANATI
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Stè....6 x 54 w e ti cambia la vasca
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nun se pò
