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Originariamente inviata da MarcoAIK72
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Qui si parla di etica.. mi ricordo ai tempi della scuola, di aver parlato con un esperto pubblicitario, che si occupava di approvare o non approvare spot pubblicitari nel nostro paese… Questo signore ci disse che era molto difficile parlare di etica e morale, in quanto si presentava come un elastico, si poteva sempre tirare a piacimento ed era variabile a seconda dei paesi, delle popolazioni, e delle singole persone…
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L’etica non è un elastico. Da dieci anni coordino un Comitato etico e la prossima settimana terrò un approfondimento sull’etica dell’alimentazione. In questa discussione ci sono due aspetti affermazioni iniziali che possono essere riassunte così: mangiare animali non è etico; allevare animali in acquario non è etico perché equivale a mangiarli.
Chi fa le affermazioni fa di una propria scelta alimentare il motivo di una superiorità etica. “Io sono nel giusto per la mia condotta alimentare” (affermazione corretta) “la vostra condotta invece non è buona come la mia” (affermazione scorretta perché, senza tener conto del principio etico di autonomia, non ammette la scelta altrui).
Se leggete tutti messaggi, nessuno dice al vegetariano che deve mangiare carne e allevare pesci. Tutti ammettono la validità del principio di autonomia tranne lui.
L’alimentazione non è solo un atto biologico, assume una serie di significati culturali e simbolici. L’antropologia ci insegna che la stessa cultura inizia con l’alimentazione. L’aforisma dell’antropologo C. Levi-Strauss “Non si mangia ciò che è buono da mangiare, ma ciò che è buono da pensare” ci conduce alla realtà del fatto che alimentarsi non è un semplice atto biologico. Facendo un salto dall’antropologia alla sociologia, Claude Fischler, ci aiuta a capire molto il senso dei discorsi dei vegetariani.
Fischler, analizza il principio di incorporazione: io sono quello che mangio. Lui dimostra che questa affermazione, che la psicologia inserisce nel cosiddetto pensiero magico, appartiene all’uomo di ogni luogo ed ogni epoca, dalla teofagia di molte religioni (anche la religione cattolica mangia il proprio Dio) al cannibalismo rituale. Fischler trasferisce questo concetto della antropologia alla sociologia. Se io sono quello che mangio, ciò che mangiamo deve essere fortemente controllato. Il gruppo dominante stabilisce cosa si può mangiare o non mangiare (quindi i tabu alimentari) e le regole alimentari (eventuali regole restrittive e tutte le regole dietetiche legate alla salute). Ciò è stato fatto da religioni e sette religiose, ma anche da regimi totalitari (per esempio l’avversione dei cinque pasti inglesi del regime fascista oppure alcune regole alimentari del regime comunista rumeno degli ultimi anni). Partendo da Fischler comprendiamo come alcune regole alimentari hanno una forte connotazione religiosa o ideologia, o entrambe le cose. I presupposti tendono ad essere dunque dogmatici ed indiscutibili.
L’etica lavora su argomentazioni. Non è un elastico. In questo caso non è possibile argomentare. E’ come se discutono di aborto un laico ed un cattolico. Il primo può anche argomentare, ma il secondo ha alla base delle sue idee un’affermazione dogmatica. E’ evidente che la soluzione etica migliore in questi casi non può essere il prevalere di una idea sull’altre ma si dovrà giungere al rispetto reciproco rinviando al principio etico di autonomia il singolo, riportando la scelta alla coscienza individuale.
Per finire, il pubblicitario aveva interpretato a sua piacimento il concetto dell’applicazione dei principii etici
hic et nunc. Il
qui è ora non corrisponde ad affermare il relativismo etico, ma questo è un altro discorso…
