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Vecchio 28-03-2009, 23:07   #1
Tommaso66
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La lateralizzazione cerebrale nel pecilide Girardinus f. P2

La lateralizzazione cerebrale nel pecilide Girardinus falcatus
saluti Tommaso di AcquariofiliaItalia.it
PARTE 2

l'articolo presente ci è stato inviato da:
Marco Dadda & Christian Agrillo scienziati dell’università di Padova

Quasi ognuno di noi ha una spiccata preferenza per una o l’altra mano e questa preferenza è talmente marcata (basti pensare alla mano che usiamo per scrivere, per aprire una porta o per usare le forbici) da permettere spesso una rapida classificazione degli individui in “destrimani” o “mancini”. Questo fenomeno è noto nelle neuroscienze con il nome di “lateralizzazione cerebrale”, in quanto fa riferimento alla specializzazione degli emisferi cerebrali in diversi compiti. È ormai una conoscenza scientifica consolidata come il nostro cervello si suddivida in due porzioni pressoché identiche (chiamate emisferi) che svolgono però funzioni differenti: alcune aree ad esempio dell’emisfero sinistro sono alla base del linguaggio umano, mentre altre regioni dell’emisfero destro sono cruciali per la risoluzioni di compiti visuo-spaziali.

L’uomo non è il solo a manifestare questo tipo di preferenze. Numerose ricerche hanno documentato come anche diverse specie animali (siano esse Vertebrati o Invertebrati) presentino asimmetrie nell’uso delle due metà del cervello in svariati compiti. Negli ultimi anni, il professor Angelo Bisazza ed il dottor Marco Dadda - entrambi dell’Università di Padova - hanno intrapreso uno studio sistematico sulla lateralizzazione cerebrale anche nei pesci, in particolare nel pecilide Girardinus falcatus. Il tutto ha avuto inizio con la semplice osservazione della reazione di fuga di esemplari di Girardinus falcatus quando all’uscita da un corridoio si trovavano di fronte ad una sagoma di un predatore (un test chiamato tradizionalmente detour, letteralmente “test di aggiramento”). Il soggetto poteva aggirare la potenziale fonte di minaccia svoltando a destra o a sinistra allontanandosi dal predatore. Per le peculiari caratteristiche del sistema visivo della maggior parte dei Teleostei ed in generale di tutte quelle specie in cui gli occhi sono posti lateralmente, ciò che viene visto dall’occhio destro viene poi elaborato in maniera quasi esclusiva dalla porzione sinistra del cervello; al contrario, quello che viene visto con l’occhio sinistro verrà analizzato dalla metà destra del cervello.
Attraverso questo semplice test è stato possibile osservare come diversi pesci (che possiamo definire come “lateralizzati”) mostrino una chiara preferenza di svolta di fronte al potenziale predatore. In altre parole tendono ad osservare preferibilmente la possibile minaccia affidandosi ad uno o all’altro occhio, suggerendo come l’elaborazione di una informazione classificabile come “pericolosa” possa avvenire prevalentemente in una metà del cervello. Curiosamente, è stato dimostrato in seguito che se un pesce tende ad osservare un predatore con un occhio (ad esempio, il destro) utilizzerà poi l’altro occhio (e quindi l’altra cerebrale metà del cervello) per osservare dei conspecifici o degli stimoli ”neutri”.
Questi pesci (ma anche diverse specie di uccelli e anfibi) sembrano, quindi, avere un occhio “preferito” in relazione a ciò che si trovano a dover osservare allo stesso modo gli scimpanzé mostrano di preferire una mano (solitamente la destra) all’altra. Il fatto che la lateralizzazione sia così diffusa ed evidente in molti comportamenti ha fatto supporre che essere lateralizzati, ovvero mostrare una chiara preferenza per un occhio o per una mano, sia vantaggioso.
Al riguardo, una celebre ricercatrice australiana (Lesly Rogers) ha ipotizzato che un cervello “lateralizzato” sia in grado di svolgere più compiti parallelamente. In altre parole una metà del cervello si occuperebbe di elaborare un determinato stimolo, come ad esempio la presenza di un predatore, lasciando libera l’altra metà di dedicarsi ad altro, ad esempio alla ricerca di cibo. Recentemente (Dadda & Bisazza, 2006a) è stato osservato un comportamento molto simile nel pesce pecilide Girardinus falcatus. Esemplari fortemente lateralizzati erano più bravi dei rispettivi compagni poco lateralizzati nel catturare delle piccole prede vive mentre davanti a loro era presente un vero predatore. Quel che succedeva era che i pesci lateralizzati dividevano la loro attenzione tra i due compiti; una metà del cervello si occupava di catturare le prede mentre l’altra metà si preoccupava del predatore. I pesci poco lateralizzati invece passavano da un compito all’altro dato che nessuna delle due metà del loro cervello era specializzata per uno dei due compiti.

Ma allora essere lateralizzati è sempre un vantaggio? Non sembrerebbe, anche perché nella popolazione naturale di Girardinus falcatus si osservano numerosi individui che sono solo poco lateralizzati. Una recente ricerca condotta presso il nostro laboratorio ed in fase di stampa presso la celebre rivista internazionale “Laterality” ha dimostrato come la latenza di fuga in presenza di una possibile minaccia predatoria non differisca tra soggetti lateralizzati e non. I soggetti - un totale di 56 esemplari – venivano inseriti in un corridoio ad anello dove improvvisamente entravano in contatto visivo con una sagoma di predatore. In due occasioni la sagoma di questo predatore è caduta sul campo visivo di sinistra, mentre nelle altre due è avvenuto l’opposto. I risultati della ricerca documentano come i tempi nella reazione di fuga di soggetti lateralizzati e non siano pressoché identici. Questa mancanza di differenze nell’efficacia di una reazione fondamentale in termini adattativi, come quella anti-predatoria, potrebbe essere alla base della coesistenza in natura di individui lateralizzati e non.
Per maggiori informazioni sull'articolo e foto:
http://www.acquariofiliaitalia.it/ne...bre/index.html
__________________
Tommaso www.AcquariofiliaItalia.it
Tommaso66 non è in linea   Rispondi quotando


Vecchio 28-03-2009, 23:07   #2
Tommaso66
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saluti Tommaso di AcquariofiliaItalia.it
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Marco Dadda & Christian Agrillo scienziati dell’università di Padova

Quasi ognuno di noi ha una spiccata preferenza per una o l’altra mano e questa preferenza è talmente marcata (basti pensare alla mano che usiamo per scrivere, per aprire una porta o per usare le forbici) da permettere spesso una rapida classificazione degli individui in “destrimani” o “mancini”. Questo fenomeno è noto nelle neuroscienze con il nome di “lateralizzazione cerebrale”, in quanto fa riferimento alla specializzazione degli emisferi cerebrali in diversi compiti. È ormai una conoscenza scientifica consolidata come il nostro cervello si suddivida in due porzioni pressoché identiche (chiamate emisferi) che svolgono però funzioni differenti: alcune aree ad esempio dell’emisfero sinistro sono alla base del linguaggio umano, mentre altre regioni dell’emisfero destro sono cruciali per la risoluzioni di compiti visuo-spaziali.

L’uomo non è il solo a manifestare questo tipo di preferenze. Numerose ricerche hanno documentato come anche diverse specie animali (siano esse Vertebrati o Invertebrati) presentino asimmetrie nell’uso delle due metà del cervello in svariati compiti. Negli ultimi anni, il professor Angelo Bisazza ed il dottor Marco Dadda - entrambi dell’Università di Padova - hanno intrapreso uno studio sistematico sulla lateralizzazione cerebrale anche nei pesci, in particolare nel pecilide Girardinus falcatus. Il tutto ha avuto inizio con la semplice osservazione della reazione di fuga di esemplari di Girardinus falcatus quando all’uscita da un corridoio si trovavano di fronte ad una sagoma di un predatore (un test chiamato tradizionalmente detour, letteralmente “test di aggiramento”). Il soggetto poteva aggirare la potenziale fonte di minaccia svoltando a destra o a sinistra allontanandosi dal predatore. Per le peculiari caratteristiche del sistema visivo della maggior parte dei Teleostei ed in generale di tutte quelle specie in cui gli occhi sono posti lateralmente, ciò che viene visto dall’occhio destro viene poi elaborato in maniera quasi esclusiva dalla porzione sinistra del cervello; al contrario, quello che viene visto con l’occhio sinistro verrà analizzato dalla metà destra del cervello.
Attraverso questo semplice test è stato possibile osservare come diversi pesci (che possiamo definire come “lateralizzati”) mostrino una chiara preferenza di svolta di fronte al potenziale predatore. In altre parole tendono ad osservare preferibilmente la possibile minaccia affidandosi ad uno o all’altro occhio, suggerendo come l’elaborazione di una informazione classificabile come “pericolosa” possa avvenire prevalentemente in una metà del cervello. Curiosamente, è stato dimostrato in seguito che se un pesce tende ad osservare un predatore con un occhio (ad esempio, il destro) utilizzerà poi l’altro occhio (e quindi l’altra cerebrale metà del cervello) per osservare dei conspecifici o degli stimoli ”neutri”.
Questi pesci (ma anche diverse specie di uccelli e anfibi) sembrano, quindi, avere un occhio “preferito” in relazione a ciò che si trovano a dover osservare allo stesso modo gli scimpanzé mostrano di preferire una mano (solitamente la destra) all’altra. Il fatto che la lateralizzazione sia così diffusa ed evidente in molti comportamenti ha fatto supporre che essere lateralizzati, ovvero mostrare una chiara preferenza per un occhio o per una mano, sia vantaggioso.
Al riguardo, una celebre ricercatrice australiana (Lesly Rogers) ha ipotizzato che un cervello “lateralizzato” sia in grado di svolgere più compiti parallelamente. In altre parole una metà del cervello si occuperebbe di elaborare un determinato stimolo, come ad esempio la presenza di un predatore, lasciando libera l’altra metà di dedicarsi ad altro, ad esempio alla ricerca di cibo. Recentemente (Dadda & Bisazza, 2006a) è stato osservato un comportamento molto simile nel pesce pecilide Girardinus falcatus. Esemplari fortemente lateralizzati erano più bravi dei rispettivi compagni poco lateralizzati nel catturare delle piccole prede vive mentre davanti a loro era presente un vero predatore. Quel che succedeva era che i pesci lateralizzati dividevano la loro attenzione tra i due compiti; una metà del cervello si occupava di catturare le prede mentre l’altra metà si preoccupava del predatore. I pesci poco lateralizzati invece passavano da un compito all’altro dato che nessuna delle due metà del loro cervello era specializzata per uno dei due compiti.

Ma allora essere lateralizzati è sempre un vantaggio? Non sembrerebbe, anche perché nella popolazione naturale di Girardinus falcatus si osservano numerosi individui che sono solo poco lateralizzati. Una recente ricerca condotta presso il nostro laboratorio ed in fase di stampa presso la celebre rivista internazionale “Laterality” ha dimostrato come la latenza di fuga in presenza di una possibile minaccia predatoria non differisca tra soggetti lateralizzati e non. I soggetti - un totale di 56 esemplari – venivano inseriti in un corridoio ad anello dove improvvisamente entravano in contatto visivo con una sagoma di predatore. In due occasioni la sagoma di questo predatore è caduta sul campo visivo di sinistra, mentre nelle altre due è avvenuto l’opposto. I risultati della ricerca documentano come i tempi nella reazione di fuga di soggetti lateralizzati e non siano pressoché identici. Questa mancanza di differenze nell’efficacia di una reazione fondamentale in termini adattativi, come quella anti-predatoria, potrebbe essere alla base della coesistenza in natura di individui lateralizzati e non.
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