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Vecchio 15-06-2011, 16:24   #91
condormannaro
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Buongiorno a tutti.

Come promesso intervengo nella discussione nell’intento di chiarire almeno alcuni dei molti dubbi, spesso più che legittimi, che sono emersi nei post precedenti.

La materia Cites è estremamente complessa e negli anni, studiandola per varie ragioni, mi sono reso conto che anche per gli addetti ai lavori non è agevole districarsi fra le varie norme e le conseguenti applicazioni, spesso non perfettamente sincronizzate con le regole a monte.

Le ragioni sono molte.

In parte dipende dal fatto che le fonti delle norme in questione sono molte, e vanno coordinate. Si inizia da una Convenzione internazionale per passare attraverso regolamenti comunitari, direttive, decisioni, fino a giungere a leggi dello Stato italiano, a decreti ministeriali, interministeriali e via dicendo, fino a giungere alle non sempre impeccabili circolari amministrative (che a volte tentano di imporre regole che per loro natura non possono imporre – vecchio vizio dell’Amministrazione di livello dirigenziale).

In parte dipende dal fatto che esigenze di conservazione faunistica si intersecano con esigenze di natura fiscale e doganale.

In parte dipende dal fatto che le norme si sono stratificate nel tempo e che per di più sono state scritte, soprattutto ai livelli inferiori, da soggetti di cui traspare la non perfetta conoscenza della materia.

In parte dipende dal fatto che le norme nascono per difendere specie fra loro molto diverse, sia per fisiologia che per diffusione e modalità di allevamento o trasporto, passando dagli uccelli, che ad esempio possono essere inanellati, per arrivare ai coralli, laddove non solo non si può anellare nulla ma, considerando la riproduzione per via asessuata, addirittura perde senso l’applicazione di norme che non hanno minimamente tenuto in conto che un corallo se lo spezzo in due diventa…due coralli.

In parte, infine, dipende da ataviche sofferenze della nostra Amministrazione, che patisce i mali storici di questo Paese: difesa del posto di lavoro, svolgimento di mansioni al di fuori della propria portata pratica e professionale, insufficienza dell’organico, difficoltosi rapporti con un’utenza a volte tecnicamente molto più preparata ed a volte (direi spesso), al contrario, ignorante e pressante.

Risolvere questi problemi vorrebbe dire risolvere alcuni dei principali problemi che affliggono il nostro Paese, il che è assolutamente fuori dalla portata e dalle intenzioni di chi si occupa di Cites.

Quello che possiamo tentare di fare è di mettere qualche paletto, ancorandoci sempre all’unico punto fermo che ancor oggi, nonostante i tanti strappi di cui leggiamo quotidianamente, continua a rappresentare la stella polare di chi vuole rispettare le regole ed essere una persona perbene: le norme.

Iniziamo quindi da cose note, che però è importante avere ben presenti.

In campo acquariofilo molte specie di coralli sono inserite nella Convenzione Cites, e più precisamente nelle sue Appendici.

Quello però che a noi riguarda da vicino non è la Convenzione, sottoscritta da vari Paesi, ma il Regolamento CE 338/97 che, successivamente integrato e modificato, è oggi l’atto con cui l’Unione Europea dispone l’applicazione della Convenzione in Europa, trasformando le Appendici in Allegati e stabilendo alcune modifiche ed alcune regole che sono anche, in certe parti, più restrittive rispetto a quelle previste dalla Convenzione.

Tale Regolamento, cui si accompagna il Regolamento 865/06 che detta le regole per la sua applicazione, prevede in varie sue parti che i singoli Stati membri, fra cui ovviamente l’Italia, possano dettare regole applicative e più stringenti.

E questo è avvenuto, tanto che in Italia è stata approvata dapprima la L. 150/92, che prevede tutta una serie di sanzioni penali, e non, a carico di chi realizza determinati comportamenti in ambito Cites e poi, in applicazione del comma 5 bis, articolo 5, introdotto nel 1998 nell’impianto della legge, è stato istituito con D.M. 3 maggio 2001, poi sostituito dal tuttora vigente D.M. 8 gennaio 2002, il famoso Registro di detenzione.

Successivamente è stata emanata una lunga serie di circolari, soprattutto in tema di avifauna, di cui mi occupo abitualmente ma che qui, per fortuna, non ci interessa granché perché non riguarda il settore acquariofilo.

Premesso tutto questo, iniziamo con i paletti.

Paletto numero 1 – Quali sono i coralli in Cites

Non esistono attualmente coralli in Allegato A.

Sono invece inseriti in Allegato B diversi generi, fra cui le Scleractinia, i Tubiporidae, Helioporidae, Milleporidae e qualcun altro. In sostanza i coralli duri.

Paletto numero 2 – Quali documenti bisogna avere

Il fatto che i coralli sono in Allegato B vuol dire che la rigida disciplina dell’art. 8, comma 1, del Reg. 338/97, che si applica alle specie in Allegato A, e che comporta il divieto sostanzialmente di ogni e qualunque attività di natura commerciale che le riguardi, è mitigata dal più morbido comma 5, che prevede la possibilità di svolgere tali attività (vendita, permuta, detenzione per la vendita ecc.) purché “all’autorità competente dello Stato Membro interessato sia prodotta una prova sufficiente della loro acquisizione e, ove abbiano origine al di fuori della Comunità, della loro introduzione in conformità della legislazione vigente…”.

Che vuol dire?

Vuol dire, semplificando, che si possono vendere e detenere i coralli duri purché si sia in grado di dimostrare da dove vengono (chi ce li ha dati) e, se sono stati importati, si possa dimostrare che l’importazione è stata regolare.

Come si fa?

Per le specie in Allegato B, che sono quelle di cui stiamo parlando, non esiste il cosiddetto “Certificato Cites”.

Quello che infatti viene volgarmente chiamato così, è il Certificato di cui all’art. 8, comma 3, che è previsto solo per le specie in Allegato A. E’ quel Certificato che, rilasciato dall’Amministrazione, riguarda un singolo animale o pianta e per quel singolo esemplare consente le operazioni di natura commerciale.

Se non esiste questo certificato, visto che siamo in Allegato B, come faccio, in caso di controllo, a fornire “prova sufficiente della loro acquisizione” e, se viene dall’estero, a dimostrare che è stato importato “in conformità della legislazione vigente”?

Prima di rispondere, una precisazione.

Gli esemplari di specie in Allegato B devono anche soddisfare un altro requisito, descritto nella tutta italiana L. 150/92. All’art. 2 infatti viene stabilito che commette reato, ripeto reato (seppur contravvenzionale, cioè di minor gravità – mi perdonino i giuristi per la grossolana semplificazione), chi anche solamente “detiene” un esemplare “senza la prescritta documentazione” (comma 1, lettera f.).

La prescritta documentazione si può ritenere essere quella prevista dalle norme quindi quella che soddisfa il requisito comunitario della “prova sufficiente” di cui sopra, più gli eventuali altri documenti, laddove imposti dalle norme (cogenti).

Morale: sempre lì si torna, cioè occorre poter dimostrare, quando previsto dalle norme anche con documenti, da dove abbiamo preso l’animale.

Il concetto di “prova sufficiente” non è ovviamente particolarmente preciso, ma può bastare per orientarsi in modo appropriato.

La valutazione finale, tuttavia, la farà l’Amministrazione, e se per caso questa non dovesse ritenere “sufficiente” la prova che produrremo, impugneremo la sanzione di fronte all’Autorità giudiziaria e sarà il Giudice a dire se aveva ragione l’Amministrazione a sanzionarci oppure no.

Così funziona, in tutti i settori.

Ma vediamo di dare qualche indicazione per cercare di avere dei riferimenti.

E’ evidente che se io in vasca ho una bella acropora e vengo controllato dovrò avere almeno uno scontrino del negoziante che me l’ha venduta da cui si possa arguire, perché magari stampato su tale documento, che il prezzo indicato era per un’acropora. Oppure, in alternativa, sarà con ogni probabilità sufficiente una “dichiarazione di cessione”, redata in carta libera dal negoziante o dal privato che ci ha venduto il pezzo, in cui siano riportati gli estremi dell’operazione.

Ed il Cites?

Come ho detto, non esiste un Certificato Cites.

Ad essere pignoli se il pezzo che acquistiamo è di importazione sulla dichiarazione di cessione sarebbe opportuno fosse indicato il numero della licenza di importazione, che volgarmente viene chiamato numero Cites. Questo perché l’ultima parte di quel comma 5 tratta in modo diverso ( dice infatti la norma: “…se viene dall’estero…”) il caso di soggetti provenienti dall’estero da quello in cui invece sono di derivazione nostrana.

E’ mia ferma convinzione, supportata per fortuna dai principi generali del nostro ordinamento, che il privato, se acquista in un negozio, non sia tenuto ad avere una particolare documentazione, addirittura indicante estremi di documenti fuori dal suo controllo e dalla sua visione e che riguardano operazioni di terzi (negoziante ed esportatore), perché il negoziante opera nell’ambito di autorizzazioni (licenze) che implicano controlli dell’Autorità e quindi sollevano il privato dal verificare la legittima provenienza dell’esemplare acquistato, per evidenti ragioni di tutela dell’affidamento.

Voglio dire che se un privato va in negozio, può legittimamente aspettarsi di acquistare beni di legittima provenienza, seppur protetti dalla Cites, perché si può altrettanto legittimamente aspettare che il negoziante, a monte, sia soggetto ai dovuti ed opportuni controlli.

Questo significa che il privato è a posto e tranquillo se va in negozio, compra, paga, e si fa rilasciare lo scontrino con riportata almeno la specie del soggetto acquistato o, meglio ancora, una semplice “dichiarazione di cessione” del negoziante, senza bisogno di numeretti strani o altro.

Ma il negoziante è obbligato a rilasciare tale documento?

In realtà non esiste alcuna norma che imponga al venditore di rilasciare un particolare documento o dichiarazione, fatta salva, per i negozianti, lo scontrino o la ricevuta fiscale (ma per ragioni appunto fiscali).

Posso pretendere un altro documento?

Ad essere pignoli l’unico modo per pretenderlo è… non acquistare l’animale perché, come appena detto, non è attualmente vigente uno specifico obbligo di fornire al privato acquirente una documentazione particolare, anche se banale come una “dichiarazione di cessione” in carta semplice.

Fra privati, per fare le cose bene, il venditore o comunque il cedente dovrebbe rilasciare una “dichiarazione di cessione”, in modo che il compratore, se sottoposto a controllo, possa permettere all’Autorità di risalire al cedente, ed eventualmente ancor più a monte, rispettando quindi quell’obbligo di fornire la “prova sufficiente” della legittima acquisizione che è imposta in prima battuta dal Regolamento comunitario ed in seconda, in misura leggermente diversa, dalla legge italiana.

Quello che non siamo tenuti ad avere, e lo scrissi anche all’epoca, è un documento Cites o altro, perché non esistono particolari Certificati per specie in Allegato B e perché una volta che abbiamo la prova di aver acquistato da un certo negozio, o da un certo privato, sarà poi compito loro eventualmente fornire alle Autorità, in caso di controllo, i prescritti documenti.

Paletto numero 3 – Il Registro di detenzione

Il Registro lo devono avere (ed usare) solo ed esclusivamente coloro che cedono coralli a titolo oneroso, sia vendendoli che anche semplicemente scambiandoli.

Chi regala non lo deve avere.

I Registri sono in realtà due, perché uno (EB) riguarda gli animali “interi” in Allegato B (per esempio le Tridacne), l’altro (PAB) le parti di animali, quindi di fatto le talee di coralli duri.

Non rientrano nella tutela della Cites, e quindi nemmeno nella disciplina del Registro, i frammenti di corallo inferiori ai 3 cm e la sabbia corallina (vedi nota 7 del Reg. 709/10).

Rientrano eccome in Cites, e nella disciplina del Registro, le cosiddette “pietre vive” proprio perché come noto non sono vive, ma “parti di corallo morto”, e quindi a pieno titolo tutelate dalla normativa (tranne i limiti di misura appena indicati).

Questa è la ragione per cui ad un utente intervenuto in questa discussione era stato fornito un documento (apparentemente) per alcuni corallimorfari. Non era per i coralli molli, ma per la roccia su cui erano attaccati…



Bene.

Spero di aver contribuito a fissare qualche punto. Il discorso è stato lungo e sarebbe ancor più lungo se piantassi qualche altro paletto, che pure andrebbe piantato, ma per ora mi fermo qui e resto a disposizione per ogni chiarimento o richiesta.

Buona giornata.

Roberto

Ultima modifica di condormannaro; 15-06-2011 alle ore 18:31.
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Vecchio 15-06-2011, 16:35   #92
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Grazie molte per la messa in chiaro di moltissime cose..
Una cosa che non mi are tu abbia detto è il discorso di una farm: io per esempio apro una farm dove taleo e vendo talee di coralli da colonie madri per le quali ho la fattura (prova sufficiente giusto?) del negoziante dal quale le ho acquistate. Tali colonie sono regolarmente scritte sul registro di detenzione (EB o PAB??) ma per le talee che autoproduco e che vendo come mi devo comportare??
Grazie
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Vecchio 15-06-2011, 17:34   #93
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Roberto, io proporrei MA SICURAMENTE E CON VIGORE ai moderatori di inserire questo post in evidenza per permettere a tutti di accedere alla tua magnifica spegazione.

grazie
Max
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Vecchio 15-06-2011, 17:34   #94
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Grazie molte per la messa in chiaro di moltissime cose..
I ringraziamenti anche da parte mia. Anche se cio' che ha messo in chiaro e' che come al solito la legge italiana mette tutti in grado di essere perseguibili.

Dice che il privato deve avere un documento comprovante l'acquisto, ma non dice che il venditore e' tenuto a rilasciare il documento, ne' cosa e' considerata una prova amministrativamente accettabile.... viene chiarito solo facendo una causa, che a quel punto probabilmente, vincendo o perdendo, costerebbe piu' di pagare la multa.
Sullo scontrino al massimo e' riportata l'iva diversa, o la dicitura 'vivo' invece di accessori... ma non certo 'acropora'.

Insomma si torna li..... ha chiarito che le cose non sono chiare !

Secondo me esigendo il numero (Che scopro ora non essere il numero del certificato CItes ma solo un codice di autorizzazione all'importazione) e annotandolo sullo scontrino che poi conserviamo, dovremmo ottemperare sia alla legge:
--> con questo scontrino ho acquistato il corallo con questo codice di importazione. Potete verificare dal negoziante.

Sia alla coscenza:
--> negoziante se non hai ilregistro e non sei in regola, non puoi darmi il codice di importazione, ed io non ti compro nulla.

Esiste la possibilita' che il negoziante ti dia un numero a caso, ma a questo punto non mi pare ci sia rimedio.
__________________
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egabriele non è in linea   Rispondi quotando
Vecchio 15-06-2011, 19:17   #95
condormannaro
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Cari amici,

come ho detto le questioni da precisare ed appronfodire sarebbero ancora molte, se non moltissime.

Il fatto è che il mio intervento è già lunghissimo per un post in un Forum di appassionati di acquari, e non di appassionati di diritto, quindi il rischio è sempre quello di rendere poco fruibile o comunque leggibile l'intervento.

Provo quindi a dare risposte più mirate alle domande od osservazioni che sono seguite.

Per quanto riguarda qbacce:

avere una "farm", per usare il tuo termine, dal punto di vista della normativa Cites ti impone il Registro EB, visto che cedi a titolo oneroso, e per i tuoi acquirenti, per metterli in condizione di essere in regola, dovresti rilasciare per ogni talea una dichiarazione di cessione (ma chi lo fa?).

Due precisazioni:

1. Non ho scritto che devi avere anche il Registro PAB, che avevo menzionato nel messaggio iniziale, perchè ad essere pignoli sulla Circolare esplicativa del Decreto 8 gennaio 2002 è specificato, fra le note, che "gli esemplari di coralli devono essere iscritti nel Registro di tipo EB". Sembrerebbe, quindi, che i Direttori Generali che hanno sottoscritto il documento abbiano voluto "limitare" i registri per i coralli, escludendo quello relativo alle parti di animali, anche se a rigore quel Registro PAB sembrerebbe pensato proprio per loro (non mi risulta siano molti gli animali che possono essere...spezzati).
E' un po' che non mi occupo di acquariofilia quindi non so come attualmente si regoli il Servizio Cites sul punto. Mi riservo tuttavia di verificare, visto che per motivi ornitologici ho spesso rapporti con il Servizio Centrale di Roma.

2. A parte gli adempimenti in tema Cites (Registro e dichiarazioni) fai attenzione perchè avere una "farm" ti impone ulteriori obblighi, ben più delicati. Mi riferisco agli obblighi fiscali, in quanto possedere un impianto di riproduzione di coralli esclude la vendita "occasionale", obbligandoti al pagamento delle imposte sul reddito prodotto. Di fatto sei un più o meno piccolo commerciante, come sicuramente riterrebbe l'Amministrazione verificando la sistematicità delle vendite, il giro di denaro, i costi di gestione (luce ecc.), e tanti altri fattori (presenza di "taleari" ecc.).

Per quanto riguarda egabriele:

capisco il tuo pensiero, che è in effetti fondato.

Il discorso sarebbe lungo, ma provo a darti qualche spunto di riflessione.

Se è vero che la normativa è piuttosto vaga ed inappropriata (di certo chi l'ha scritta mentre lo faceva pensava più ad una scimmia o ad un raro pappagallo, piuttosto che ad un corallo), è anche vero che stiamo parlando di una materia delicatissima e che si è sempre prestata, e si presta tuttora, ad abusi e speculazioni di ogni tipo.

Per i coralli la situazione è aggravata dal fatto che non esiste un metodo di marcatura, come invece avviene per gli uccelli (l'anellino inamovibile alla zampa, infilato quando l'uccello ha pochi giorni, non si toglie più e dimostra in modo pressochè inequivocabile che l'animale è nato in cattività). E pensa che anche per gli uccelli, nonostante la straordinaria efficacia probatoria dell'anellino, la legislazione è ancora molto diffidente in quanto, soprattutto in Italia, marcato non equivale necessariamente a nato in cattività (questa è la principale battaglia che vorrebbe vincere chi, come me, si occupa da vicino della materia e opera a livello istituzionale ed associativo).

I coralli, inoltre, hanno pure la veramente poco comune caratteristica di essere taleabili, il che amplifica le preesistenti e descritte difficoltà derivanti dalla loro struttura.

A questo punto, a difesa di un Legislatore spesso indifendibile, soprattutto in tema Cites, sono il primo a chiedermi quale tipo di certezza dovrebbe darti, in punto di documenti richiesti, per poter rendere "preciso" il sistema.

Voglio dire: se la regola la dovessi scrivere tu, come la scriveresti?

Non è facile.

Un uccello inanellato è (checchè ne pensi il Legislatore italiano) unico ed inconfondibile. E' solo lui, e non ti puoi sbagliare.

Con i coralli come facciamo? Sono tutti uguali, crescono rapidamente, non hanno disegni particolari, si possono fare a pezzettini e tutti i pezzettini sono a loro volta colonie...

Per questo mi sento di dire che se c'è attualmente un settore che tutto sommato non si può troppo lamentare è proprio quello degli allevatori di coralli. In fondo avere un Registro (che poi è obbligatorio solo se vendi), anche se tutti sanno che è inutile (ed infatti vorremmo farlo abolire), e scrivere su un pezzo di carta cosa hai ceduto non appare un grande impegno.
Come non mi appare un grande impegno chiedere al negoziante un documento di cessione ed, in caso di obiezioni, non comprare.

Il problema è che anche i negozianti andrebbero "formati", nel senso di istruiti in un contesto di crescita comune del settore e di rispetto delle regole. E questo lo si potrebbe fare solo a livello associativo, creando occasioni di diffusione di pratiche corrette e di informazioni appropriate (convegni, seminari, strumenti informativi ecc.).

Resta comunque il fatto che, stando così oggi le cose, qualche funzionario pignolo potrebbe obiettare che non si dispone dei numeri relativi alle licenze di importazione, ma mi chiedo quante volte ciò sia accaduto.

La mia impressione è che il Servizio Cites sia concentrato su altri e ben più estesi settori e che, purtroppo, non riesce nemmeno a fare i dovuti controlli ai negozianti. Negozianti che, in tema Cites, non mi risulta siano sempre in regola...

In ogni caso non posso che condividere il tuo desiderio di fondo, che mi sembra quello di una normativa più precisa, mirata, e che con poche incombenze possa garantire una reale tutela delle specie minacciate e la possibilità per l'appassionato di operare in regola e quindi in serenità.

Mi chiedo però, a questo punto, cosa dovrebbe portare il nostro Paese ad esprimere una tale capacità in un settore di nicchia, quando su cose ben più importanti, che investono la vita quotidiana di ognuno di noi, agisce come tutti sappiamo.

Ma questa è un'altra storia...

A presto

Roberto
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Vecchio 15-06-2011, 19:26   #96
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grazie Roberto per l'intervento, ma purtroppo mi tocca dar ragione a EGABRIELE , c'è poca chiarezza nella stessa legge .

registro una tua marcia indietro , infatti scrivesti in grassetto che nessun utente avrebbe dovuto preoccuparsi per un eventuale controllo, e che sarebbe stato trovato perfettamente in regola dai controllori sia che avesse avuto in suo possesso la documentazione relativa all'animale, sia che non l'avesse . ora , contrariamente a quanto affermavi, il privato acquariofilo dovrebbe essere in grado di poter dimostrare la provenienza ,magari esibendo uno scontrino . ma qui la cosa si complica perchè , che sappia io non vi è nessun obbligo nel conservare uno scontrino e soprattutto una persona potrebbe andare a comprare 2 pesci e scriversi autonomamente sullo scontrino 10 tridacne , il che metterebbe in serio pericolo il negoziante .

altro punto oscuro, io ho sempre lavorato adottando un unico registro sul quale annotavo carichi e scarichi sia di wild che riprodotti,poichè esisteva l'apposita colonna ove inserire questi dati . c'è anche da dire che ricevendo semplici fatture con un numero di cites, bisognava andare ad occhio , perchè dal numero non si poteva capire se l'animale era frutto di riproduzione o meno . certo ,davanti ad una selvatica o ad una talea il dubbio veniva fugato, ma mai ho trovato esplicitata questa informazione su alcuna fattura di acquisto .
insomma, il grossista che acquista all'estero puo' registrare selvatici e riprodotti sullo stesso registro , ma se decide di riprodurre necessita di un registro supplementare ?
__________________
vasca grande ........e pesci piccoli !!!!!
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Vecchio 15-06-2011, 20:07   #97
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Grandissimo Roberto, ero sicuro ci avresti chiarito molti dubbi.

Spero vivamento che il post sia messo in evidenza.

Quindi sostanzialmente con qualcosa dal negozio devi uscire... o un documento in carta semplice che riporti specie, quantità ed estremi cites, oppure uno scontrino con annotati dietro i vari dati.

Il negoziante di contro è tenuto ad avere il registro e a fornirti documento o scontrino che attesti la legale commercializzazione dell'animale.

Ora:
E' necessario richiedere i dati dell'acquirente? (Nome, cognome, indirizzo....)? Come ben sai sui modelli di Cessione ai fini CITES prestampati della forestale questi campi compaiono...
Oppure si rischia di violare le norme in materia di privacy??

Altro dubbio:
Il privato o anche il negoziante che fa talee dei suoi animali regolarmente caricati sul registro o in possesso comunque di documento, che deve fare?

Denuncia di nascita come facciamo con i pappagalli con specie, quantità, data di nascita, Allegato....???
In teoria sì, almeno arriva il numero di protocollo del CFS ed ogni talea è in regola.
Sbaglio?

Grazie
davy180 non è in linea   Rispondi quotando
Vecchio 15-06-2011, 20:37   #98
condormannaro
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grazie Roberto per l'intervento, ma purtroppo mi tocca dar ragione a EGABRIELE , c'è poca chiarezza nella stessa legge .

registro una tua marcia indietro , infatti scrivesti in grassetto che nessun utente avrebbe dovuto preoccuparsi per un eventuale controllo, e che sarebbe stato trovato perfettamente in regola dai controllori sia che avesse avuto in suo possesso la documentazione relativa all'animale, sia che non l'avesse . ora , contrariamente a quanto affermavi, il privato acquariofilo dovrebbe essere in grado di poter dimostrare la provenienza ,magari esibendo uno scontrino . ma qui la cosa si complica perchè , che sappia io non vi è nessun obbligo nel conservare uno scontrino e soprattutto una persona potrebbe andare a comprare 2 pesci e scriversi autonomamente sullo scontrino 10 tridacne , il che metterebbe in serio pericolo il negoziante .

altro punto oscuro, io ho sempre lavorato adottando un unico registro sul quale annotavo carichi e scarichi sia di wild che riprodotti,poichè esisteva l'apposita colonna ove inserire questi dati . c'è anche da dire che ricevendo semplici fatture con un numero di cites, bisognava andare ad occhio , perchè dal numero non si poteva capire se l'animale era frutto di riproduzione o meno . certo ,davanti ad una selvatica o ad una talea il dubbio veniva fugato, ma mai ho trovato esplicitata questa informazione su alcuna fattura di acquisto .
insomma, il grossista che acquista all'estero puo' registrare selvatici e riprodotti sullo stesso registro , ma se decide di riprodurre necessita di un registro supplementare ?
Ciao awake.

Il mio non è tanto un passo indietro, quanto una precisazione.

Provo a spiegarmi.

Quando anni fa scrivevo che non era necessario che il privato avesse alcuna documentazione in casa mi attenevo ad una interpretazione tutto sommato ancora oggi sostenibile in base alla quale, leggendo la L. 150/92, art. 2, comma 1, lett. f), se mi si richiede la "prescritta documentazione", si fa evidentemente riferimento a qualcosa di "prescritto", cosa che non avviene nel caso di animali in Allegato B, dove non sono previsti particolari "documenti".

Quella cui mi sono attenuto oggi, tuttavia, è un'interpretazione più restrittiva e più prudente, e su questo hai ragione, perchè quella "prova sufficiente" richiesta dal Regolamento comunitario viene normalmente intesa, da chi la regola la deve far rispettare, come il possesso di un "documento".

Quanto scrivo oggi, quindi, è solo più "prudente", frutto di esperienza, perchè esiste il rischio che ad un controllo si venga sanzionati se non si possiede il "pezzo di carta".

Ad essere rigorosi la prova sufficiente ben potrebbe non essere cartacea, come nel caso seguente:

il Servizio Cites viene a casa mia e vede tante belle acropore. Mi chiede i documenti e gli dico che le ho comprate tutte in un negozio a duecento metri da casa. Non sentono ragioni e mi fanno il verbale, perchè non avrei provato in modo "sufficiente" la legittima provenienza.

Impugno il provvedimento (non entro negli aspetti penalistici, pur rilevanti in quanto si tratta di reato) e produco la testimonianza del negoziante che in effetti dichiara di avermi venduto uno per uno i coralli che ho in vasca. Allego anche la testimonianza di un paio di persone e magari un paio di post pubblicati sul forum in cui comunicavo tutto entusiasta alla comunità che mi ero comprato dal negoziante X quel corallo e quell'altro.

E' probabile, anche se non certo, che il giudice consideri raggiunta la "prova sufficiente" della legittima provenienza, ed annulli il provvedimento. E senza avere uno straccio di pezzo di carta.

L'esempio è solo accademico e vuole evidenziare che un conto è la regola, un conto è la prudenza per evitare le seccature di interpretazioni rigorose altrui.

Oggi forse, dopo diversi anni di esperienza in più e tanti casi affrontati, mi sento di consigliare maggiore cautela rispetto al passato.

Inoltre, e non è un dettaglio, se ci fermiamo veramente a pensare a come stanno le cose, è davvero grottesco richiedere documenti per giustificare il possesso di animali irriconoscibili, indistinguibili gli uni dagli altri e per di più taleabili.

Però ho notato una certa tendenza ad associare il concetto di prova a quello di documento, e quindi mi sembra doveroso rappresentarlo.

Per quanto riguarda lo scontrino o la dichiarazione in carta semplice, è evidente che anche qui, non sussistendo specifici vincoli formali, molto è rimesso alla valutazione del controllore ed alla trasparenza del controllato.

Non esiste una via di uscita sicura. Avete ragione quando scrivete che le norme sono imprecise o confuse, eccome se avete ragione, ma è altrettanto vero che è davvero difficile disciplinare in modo preciso ed esauriente un tema così complesso e particolare come quello del controllo di specie animali come i coralli.

Pensa che non ci riescono con gli uccelli, dove sarebbe semplicissimo grazie agli anellini, figuriamoci con esseri che vivono in colonie su substrato calcareo costituito dai residui di chi li ha preceduti e che se spezzati possono tranquillamente dar vita a colonie autonome...

Per quanto riguarda il punto oscuro che evidenzi, ritengo che sia possibile utilizzare un solo registro, anche perchè non mi risultano norme che impongano altrimenti.

A presto

Roberto

Ultima modifica di condormannaro; 15-06-2011 alle ore 20:58.
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Vecchio 15-06-2011, 20:43   #99
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Roberto, è un piacere poterti salutare
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Vecchio 15-06-2011, 21:34   #100
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Grazie ancora delle informazione.
Naturalmente se mai facessi una cosa del genere intraprenderei una piccola attivita in piena regola, partita iva e tutto quanto..
In piu per ogni talea dovrei fornire la dichiarazione di cessione in carta bianca con scritto il numero di riferimento della colonia madre, giusto?
Per quanto riguarda il registro EB dovrei solo aggiungere quando faccio talee la specie e il riferimento della madre, giusto?
qbacce non è in linea   Rispondi quotando
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