Presa sul web, tanto per ristabilire un pò di verità storica se mai ce ne fosse bisogno...buona lettura
Un quarto di finale di Champions' non è una novità, a Roma. Lo giocò la Lazio nel 2000, contro il Valencia, e finì come tutti sappiamo.
Ricordo bene come si arrivò a quella partita. Dopo la sconfitta di Verona, che sembrava aver chiuso il campionato, si giocava subito contro il Chelsea, a Londra, l'ultima spiaggia di quella stagione. La Lazio andò pure sotto, ma poi ribaltà addirittura il risultato, portando a casa una storica vittoria e la qualificazione. Il dispendio di energie, fisiche e mentali, fu notevole. Poi accadde qualche giorno dopo una cosa insperata: la Juventus perse con il Milan, aprendo un piccolo spiraglio per una rimonta che ormai sembrava impossibile. La Lazio, però, doveva vincere il derby, che invece vide la Roma in vantaggio dopo poco più di un minuto. Ancora una volta la squadra tirò fuori il meglio e ribaltà il risultato. Juventus-Lazio diventò così una sfida scudetto, e la Lazio vinse anche quella partita.
Tre imprese che impegnarono fisicamente ed emotivamente allo stremo i nostri calciatori, e anche noi tifosi. Si arrivò così a Valencia-Lazio, appena qualche giorno dopo, in un clima quasi distratto e ancora appagato dalla vittoria di Torino. Non ci fu nemmeno un centesimo dell'aspettativa creata per Roma-Manchester, le partite importanti si susseguivano senza tregua e quella era una delle tante. La Lazio perse 5-2 e pagò qualche assenza, qualche distrazione ma secondo me più di tutto il fatto di essere un po' "scarica". Poi venne la sofferta vittoria col Perugia, poi la finale di Coppa Italia, poi la drammatica partita di Firenze e ancora il ritorno con il Valencia, in cui la Lazio andò a caccia dell'impresa mancata.
La Lazio sbagliò, da Verona in poi, solo la partita di Valencia e sono convinto che fu decisivo l'approccio mentale a quella serata.
Ai trigoriani è accaduto il contrario: non molto motivati dal campionato - il mantenimento del secondo posto è un problema ancora lontano e comunque non certo stimolante come la lotta per il primo - hanno "caricato" tutto sulla Champions': giustissimo, ma lo hanno fatto con la incredibile mancanza di senso delle proporzioni che da sempre li distingue. Hanno trasformato un quarto di finale in un evento storico, mondiale, e intorno a loro hanno suonato, più forti che mai, le solite ignobili fanfare che invece sono il miglior viatico per il disastro. Il risultato è stato quello di arrivare a tremila alla partita di andata, giocata anche molto bene, forse la migliore Roma mai vista in assoluto perché non stimolata da rimonte più o meno improbabili: il 2-1 le è andato stretto, per quello che si è visto: e proprio in forza di questo risultato occorreva una concentrazione, se possibile, ancora maggiore per la partita di ritorno. Ma la vittoria ha scatenato celebrazioni assurde, perché si era ancora a metà strada e con il risultato molto in bilico: e avvenimenti collaterali alla partita hanno dato il via a un circo mediatico - e non solo - di proporzioni vergognose, che ha contribuito e non poco a distrarre l'attenzione dalle questioni calcistiche.
Di fronte a questo solito bailamme, molto romanista, un certo Manchester United: club per il quale un quarto di finale è consuetudine e che nonostante una prestazione deludente era riuscito abbondantemente a limitare i danni. Non credo che il bailamme proveniente da Roma li abbia impressionati più di tanto, e nemmeno il 2-1 dell'andata. Così, la Roma è andata a Manchester specchiandosi nella partita d'andata, durante - e dopo - la quale ha speso, come si è visto in partita, tutto quello che aveva da dare. E' bastato il primo gol, che ribaltava il discorso qualificazione, per annientarli, per distruggere tutto il castello di convinzioni ("ci basta un pareggio") che si erano portati dietro. Non hanno minimamente reagito, perché incapaci di farlo, dopo una settimana in cui avevano parlato di tutto, meno che della partita di ritorno. Si sono sdraiati a terra, al primo pugno, e il resto dell'incontro lo hanno passato a farsi calpestare.
Noi lo sappiamo da sempre: loro sono così, si scavano la fossa con le loro stesse mani, ingigantendo senza ritegno ogni sciocchezza che fanno, stravalutando calciatori che pochi, al difuori del GRA, apprezzano veramente (ditemi voi se si può paragonare il Cretino a uno come Ryan Giggs, che da anni incanta l'Europa); si sbrodolano addosso per una Rabona o una "Finta Aurelio", protestano se i loro megacampioni non vengono convocati nelle rispettive nazionali, segno evidente del colossale complotto che li perseguita. Quello che mi stupisce (ma mi conforta anche) è che a loro non riesce proprio, di capirlo.
Ieri sera, con ogni probabilità, uscivano lo stesso. Ma il 7-1 è tutto figlio della loro stupida prosopopea e della loro caciarona presunzione. Invece di crocifiggere il povero Doni, che hanno indegnamente fatto prendere A PALLONATE, nel vero senso della parola, facciano autocritica: tutti, però, dall'allenatore all'ultimo tifoso. E scarichino tutto quel carrozzone che li accompagna ma che, in realtà, li perseguita da sempre. E trattino i loro calciatori come calciatori normali, ché tali sono.