Cara Miranda,
condivido in pieno quanto hai scritto, ed in particolare il tuo giudizio sul futurismo e le osservazioni sul rapporto tra filosofi e regimi.
L'unico punto sul quale dissento è il giudizio diacronico sulla città di Roma.
Oggi infatti Roma è una città decisamente migliore che in passato, sotto molti punti di vista.
Ci sono problemi che probabilmente non verranno mai risolti, ma certamente alcuni sono stati affrontati in modo egregio.
Nell'esprimere un giudizio non si può infatti prescindere dal tener conto del radicale mutamento nella società:
nella via in cui giocavo a pallone da piccolo, passava una macchina ogni quarto d'ora. Ora è un'autostrada.
Vicino casa dei miei genitori mi avventuravo nel bosco alla scoperta del mistero. Oggi quel bosco è un quartiere, peraltro piuttosto centrale.
La prima volta che ho sentito una persona di colore parlare con un'intonazione romanesca, avevo più di vent'anni.
Le pizze le facevano i romani o, nei posti più all'avanguardia, i napoletani. Oggi sono in larga parte egiziani.
Non esistevano drugstore, nè metropolitana.
Il centro storico era aperto a tutti e solo successivamente sono stati poste poche (e mal controllate) limitazioni. Oggi c'è Iride.
I parcheggi per i motorini sono stati inventati non più di dodici-tredici anni fa.
Alla luce di quanto sopra, e di molto altro, questa città ha dovuto fare i conti con una internazionalizzazione ed uno sviluppo che storicamente sono sempre difficili da gestire. Mi sembra che ci abbia provato, ed in parte che ci sia riuscita. Le resistenze da superare sono molte, anche culturali. Ed è proprio su questo fronte che mi sembra di leggere una maggiore sensibilità, in generale, da parte della gente.
Ci stiamo aprendo mentalmente, ed in un Paese civilmente arretrato e culturalmente sottosviluppato come il nostro, non è impresa facile.
Abbiamo in Comune anche un assessore alla sicurezza di colore, cosa impensabile fino a l'altro ieri (per la verità è un po' scadente).
Che poi ci sia molto da fare, è palese.
A presto