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Vecchio 10-07-2005, 02:09   #1
keronea
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Un bell'articolo sulle barriere coralline

La Barriera Corallina, è il più antico ecosistema, oggi esistente ed anche il più complesso, senza volere esagerare, direi, che essa non ha imitazioni sulla terra emersa, con l’eccezione forse, della foresta pluviale tropicale.


Le Barriere Coralline, di solito, si trovano all'interno della fascia climatica tropicale, esattamente tra 23°30' Nord e 23°30' Sud di latitudine, in pratica in quella parte di globo compresa fra Tropico del Cancro a Nord e Tropico del Capricorno a Sud, con rare eccezioni, infatti, laddove alcune correnti calde raggiungono latitudini maggiori possono essere presenti dei reef corallini, a patto che, nella zona si trovino delle aree poco profonde, in cui le madrepore possano proliferare.


Ad esempio, la parte Nord del Mar dei Caraibi, malgrado si trovi sopra la zona tropicale, è interessata dalla presenza di Barriere Coralline, lungo le coste delle isole Bahamas e della Florida, poiché, la Corrente del Golfo, mitiga le condizioni climatiche e mantiene più calde le acque costiere.


Alcune delle isole a Sud dell'arcipelago Giapponese, sono lambite da una corrente calda il CUROSCIVO, grazie a questo fattore, esse ospitano delle comunità coralline.


Altro esempio, il Mar Rosso, che si estende ben al disopra del 23° parallelo Nord, ma trattandosi di un mare chiuso, le sue acque si mantengono più calde.


Da questo, possiamo evincere, che la temperatura, è un parametro fondamentale all'esistenza delle barriere coralline, infatti, la maggior parte dei coralli, riesce a vivere solo se, l'acqua si mantiene ad una temperatura compresa tra 23 e 29°C.


Altro fattore importante è la salinità, che deve mantenersi entro certi livelli, infatti, a parte il caso limite del Mar Rosso, con una salinità di 40 g/l, la salinità di tutti gli altri mari che ospitano le barriere coralline, oscilla intorno a 30 e 35 g/l, come possiamo vedere dalla tabella 1.


TABELLA 1

BACINO IDROGEOGRAFICO
SALINITA’
PESO SPECIFICO
TEMP. °C

g/l
MAX
MIN

Mar Rosso
40
1028÷1030
30
20

Oceano Indiano

Maldive - Sri-Lanka
33÷34
1023÷1024
29
25

Mozambico - Mauritius - Madagascar

Comore - Seychelles - Kenia
32÷35
1022÷1024
28
22

Area Indonesiana

Singapore
30÷32
1021÷1022
28
22

Filippine
31÷33
1021÷1023
28
22

Giava
32
1022
28
22

Oceano Pacifico

Barriera corallina Australiana
33÷34
1022÷1023
28
22

Mar di Tasmania, Nuova Zelanda
32÷35
1023÷1024
26
21

Polinesia, Hawaii, Micronesia
35
1022
26
22

Mare di Cortez, Golfo di Panama
32
1022
26
22

Oceano Atalantico

Mar dei carabi
32÷34
1022÷1024
28
20


LE CORRENTI


Ciò che a prima vista può apparire una stranezza, è che, le barriere coralline, tranne casi eccezionali, esistono solo sul lato orientale dei vari continenti, questa particolarità è causata dalle correnti, che sono influenzate dal senso di rotazione terrestre, esse, infatti, ruotano in senso orario nell’emisfero Nord e in senso antiorario nell'emisfero Sud, regolate da quella che è conosciuta come "Forza di Coriolis" (dal nome dell'Ingegnere Francese che la descrisse per primo), tale forza, agisce sul moto d’ogni corpo in movimento, in senso destrorso nell'emisfero Boreale ed in senso sinistrorso in quello Australe, quando incontrano le masse continentali, le correnti si ripiegano su se stesse, secondo uno schema regolare e lineare, costante nel tempo, con la sola eccezione dell'Oceano Indiano, dove la presenza dei monsoni, da luogo a delle correnti periodiche opposte, che fluiscono, per sei mesi in una direzione e per sei mesi in quella opposta.


Per fare in modo che, l'acqua, si mantenga ad una temperatura di circa 23-29°C è necessario, che la zona sia traversata da correnti temperate di tipo tropicale e non troppo fredde o peggio torride, tipo quelle che si formano sull'equatore, per effetto della somma di due correnti tropicali opposte, prendendo il nome di controcorrenti equatoriali, se ad esempio studiamo la carta delle correnti, notiamo che la costa occidentale delle Americhe è percorsa da varie correnti fredde, Corrente della California lungo le coste di California e Messico, Corrente di Humboldt lungo le coste di Perù e Cile, nel frattempo l'America Centrale è lambita da una calda controcorrente equatoriale, che consente, uniche eccezioni su questo versante, due sacche interne, ospitanti delle barriere coralline, il Mare di Cortez ed il Golfo di Panama.


Lo stesso fenomeno avviene sulla parte occidentale dell'Africa a Nord dell'equatore, le coste dal Marocco al Senegal, sono lambite dalla fredda Corrente delle Canarie, dalla Guinea al Gabon invece troviamo la torrida Corrente Equatoriale di Guinea, che riesce a far sopravvivere una piccola colonia corallina, vera eccezione trovandoci in zona equatoriale, scendendo verso Sud, troviamo la gelida Corrente di Benguela, proveniente dal Mare Glaciale Antartico, che continua fino al Sudafrica.


Di contro sui versanti orientali, notiamo l'influenza delle correnti tropicali, il Golfo del Messico, dal Venezuela alla Florida è percorso dalla Corrente del Golfo, che nasce dalla Corrente Equatoriale del Nord, la costa del Brasile, dal delta del Rio delle Amazzoni fino a Rio de Janeiro, è lambita dalla Corrente del Brasile, anch'essa originata dalla Corrente Equatoriale del Nord, le coste orientali Africane sono sfiorate, dalle Correnti dei Monsoni che proseguono a sud con la Corrente di Mozambico consentendo lo sviluppo delle colonie coralline di Mar Rosso, Kenya, Tanzania e Madagascar.


L'Oceano Indiano, è un susseguirsi, di correnti calde e torride, la penisola Arabica, è interessata dal prolungamento delle Correnti dei Monsoni, che vi giungono dopo aver lambito: Indonesia, India, Indocina, Sri-Lanka, Maldive e Laccadive.


Le coste più meridionali, dell'arcipelago Giapponese, sono scaldate dal Curoscivo, una corrente temperata, che, nasce dalla Corrente Equatoriale del Nord, proveniente dalla California che traversato l'Oceano Pacifico passa attraverso Polinesia e Micronesia e giunge presso le Filippine ed il Giappone.


NON TUTTI I MARI TROPICALI SONO UGUALI!


Non è vero che tutti i mari tropicali si equivalgono, non esiste niente di più diverso ad esempio, tra Mar Rosso e Mar dei Coralli, eppure, essi si trovano più o meno alle stesse latitudini anche se in emisferi opposti, ma il primo è un mare chiuso tra due continenti, caratterizzato da salinità e temperature elevate, anche se ugualmente compatibili con la vita del reef, comunicante solo attraverso una piccola apertura a Sud-Est con l'Oceano Indiano e con una piccolissima comunicazione artificiale a Nord con il Mar Mediterraneo, cosa ancora più importante è un mare giovane (geologicamente parlando), formatosi quando le acque dell'Oceano Indiano, hanno invaso il varco lasciato dalla deriva della Penisola Arabica dal continente Africano; di contro, il Mar dei Coralli, altro non è, che parte dell'immensa massa d'acqua, rappresentata dall'Oceano Pacifico, il più vasto del pianeta, di cui occupa il 35,2% della superficie totale, punteggiato qua e là solo da minuscole isole, caratterizzato da onde lunghe e regolari, percorso da correnti lineari, comunicante a Sud dell'Australia con l'Oceano Indiano, con cui si fonde del tutto, dando origine all'immenso bacino dell'IndoPacifico.




COM’E` FATTO UN REEF


Lasciamo perdere per un po’ correnti e idrogeografia e cerchiamo di capire cosa è, com’è fatto e soprattutto come nasce un reef.


Iniziamo dicendo che, le prime formazioni coralline, di cui si ha notizia, si sono formate nel lontano periodo Siluriano, in piena era Paleozoica circa 350.000.000 d'anni fa, i costruttori erano alcune specie di Tetracoralli anch'essi Cnidarii, che non sopravvissero alla successiva era Mesozoica; circa 230.000.000 d'anni fa, nel periodo Triassico, dell'era Mesozoica, apparvero i primi polipi cosiddetti "moderni" Ottocoralli ed Esacoralli che iniziarono ad edificare delle vere e proprie frange intorno alle terre emerse.


LE MADREPORE


Le madrepore costituiscono l'ordine dei Madreporarii, cioè quelle oltre 700 specie, appartenenti a vari Generi e Famiglie, del Tipo Cnidaria, Classe Antozoa.


Questa moltitudine di specie, ha invaso tutti i mari tropicali, costruendo nel corso di millenni vere e proprie muraglie di vita, che offrono ospitalità, protezione e cibo a miliardi di vite perché‚ la barriera corallina è l'habitat d'innumerevoli specie che, si sono adattate ognuna ad una determinata bioarea.


Tra i generi più diffusi, troviamo quelli ramificati, Pocillopora e Acropora, quest'ultimo ricchissimo di specie e sottospecie molto simili tra loro, mentre non sempre ramificate sono le Porites, Favia forma sempre delle strutture massicce, particolari solchi sinuosi, sono la caratteristica dei generi Platigira e Meandrina; non formano delle colonie invece, le madrepore del genere Fungia, ogni polipo crea uno scheletro discoidale od oblungo, percorso da una raggiera di vistose lamelle irradiantisi dal centro, la maggiore particolarità di questa madrepora, sta nel suo particolare sistema di gemmazione, infatti, il polipo principale, dopo avere scelto un adatto substrato su cui aderire, forma un gambo calcareo alto 2-3cm, ad un dato momento, sull'apice di questo gambo, si forma una sorta di cappello, questo è il polipo figlio che cresce sul genitore finché‚ non raggiunge dimensioni adeguate, quand'è abbastanza grande, da riuscire a badare a se stesso, si stacca e cade nelle vicinanze, continuando a crescere fino a raggiungere la dimensione mostruosa per un singolo polipo, di 18cm di diametro, frattanto, il gambo genitore, gemma un cappello dopo l'altro in modo da assicurarsi, una nutrita discendenza, alla prossima riproduzione di massa.


Taluni, pensano che il reef sia una struttura fragile, niente di più falso, lo ha capito a proprie spese, il Capitano Cook, infrangendo, la chiglia della propria nave, ad Endeavour reef presso Capo Tribolazione, sulla Grande Barriera Australiana.


Il reef, è strutturato, secondo uno schema proprio, in superficie e lungo i bordi esterni delle barriere (quelli cioè più esposti al mare aperto ed alla violenza delle onde oceaniche), dominano, i coralli più robusti e massicci, quelli che possono sopportare il violento impatto delle onde e si sono evoluti sviluppandosi bassi e compatti, madrepore che in occasione di basse maree eccezionali, possono resistere per ore al calore del sole, esse hanno sviluppato la possibilità di secernere un particolare muco, che blocca i raggi ultravioletti e nel frattempo protegge la madrepora dalla disidratazione, l'alta marea lava via questo muco, che viene rapidamente decomposto, tornando a far parte dei nutrienti sciolti nell'acqua, basta immergersi poco al disotto della linea di minima marea, per vedere le ramificazioni più delicate e belle, le strutture più esili ed eleganti, le più stravaganti forme che madre natura abbia saputo immaginare, ancora più in basso si trovano i coralli non costruttori di scheletro calcareo, i cosiddetti "Soft-Corals" e ancora più giù, Alcionarie e Gorgonie dai colori vivissimi, fin dove può giungere la luce è un carosello continuo di specie, forme e colori diverse.


Quel che lascia perplessi, è che i costruttori di queste colossali cattedrali, siano degli esserini lunghi soltanto pochi millimetri, infatti, il nostro polipo corallino, altri non Š che un involucro a sacco (per l'esattezza, un unico apparato digerente), con una corona di tentacoli a contorno dell'apertura orale (armi dotate di cellule paralizzanti di cui si servono per catturare il microplancton con cui si nutrono), con una lunghezza massima, che va da 1 a 30mm, a questo punto ci si chiederà: com'è possibile, che organismi così minuscoli, riescano a colonizzare tanto spazio?


La risposta a questo enigma, è la doppia riproduzione, sessuata ed asessuata, di cui sono capaci questi esseri, essendo i coralli, degli organismi statici, non possono recarsi alla ricerca d'un partner, per espletare, il più importante compito affidatogli da madre natura, la riproduzione, per ovviare all'immobilità, si servono di un intermediario, le correnti.


TUTTO COMINCIA CON UN'ORGIA!


Già proprio così per poche notti l'anno (ad esempio sulla G.B.A., avviene, qualche giorno dopo del plenilunio di Novembre), le acque sono teatro di un gran fermento, ad un dato momento, tutti gli organismi della barriera, sincronizzati da segnali chimici, liberano i prodotti sessuali nell'acqua, racchiusi in involucri gelatinosi, (chi è stato testimone di questo evento, giura che l'acqua diventi addirittura lattiginosa e sembra quasi che nevichi), raggiunta la superficie, detti involucri si aprono, lasciando le spermatofore, libere di andarsi a cercare, un uovo della propria specie (in ciò aiutati da una traccia di segnali chimici), dall'unione dei due gameti si forma una larva detta Planula, che dopo aver fatto un po’ di vita pelagica, va a fissarsi su un substrato, col suo piede adesivo.


A questo punto, avviene la metamorfosi, la Planula, diventa un polipo, inizia a secernere il suo fortino calcareo e siccome... ...chi fa da se fa per 3... ...milioni, qui ha inizio la seconda fase riproduttiva delle madrepore, la gemmazione, ogni polipo, ha la possibilità d’autoclonarsi, cioè di dar vita ad un individuo identico, con tutte le caratteristiche del genitore, che a sua volta, può gemmarne un altro identico e così via per un numero di volte infinito.


Capirete senz'altro, come esseri con queste capacità riproduttive, siano riusciti a sopravvivere, per centinaia di milioni d’anni (basti pensare che, quando apparvero i primi dinosauri, esistevano già le barriere coralline), la riproduzione di massa, consente una maggiore ed uniforme, diffusione nello spazio, visto che, agendo simultaneamente si ha la certezza che la maggior parte dei gameti interagisca dando vita a delle larve, le correnti, fanno il resto del lavoro, trasportando le Planule e diffondendole quanto più è possibile, a questo punto, il sistema più veloce per colonizzare la maggiore quantità possibile di spazio, è la gemmazione.








IL PARADOSSO DELLE BARRIERE


Sembrerà strano, ma i mari tropicali, possono considerarsi veri e propri deserti biologici, le loro acque, così limpide, riflettono, al 100% l'azzurro del cielo, al contrario di altri mari, in cui l’acqua, appare più verde, per la presenza, di un maggior numero di alghe unicellulari, che danno vita al fenomeno della cosiddetta "fioritura dell'acqua", ciò è in parte dovuto, alla minor quantità di sali (fosfati e nitrati), che si trovano, disciolti in queste acque, rispetto ad altre più ricche, la quantità minore di questi sali, ritarda, l'innescarsi, della catena planctonica, che inizia coi batteri, che decompongono detti sali; per fortuna nei pressi delle coste la quantità di plancton, (rispetto al mare aperto) è maggiore, riuscendo a soddisfare, il fabbisogno dei reef, quindi, possiamo dire che, le barriere coralline, sono vere e proprie oasi nel deserto, le quali offrono rifugio a una gran varietà di specie animali e vegetali.


Ciò che per decenni, ha lasciato perplessi, parte degli studiosi del pianeta, è il quesito: "com'è possibile, che proprio nei mari tropicali, considerati, tra i più poveri di nutrimento del pianeta, possono vivere queste ciclopiche formazioni subacquee?"


La risposta, è più semplice di quanto possiamo immaginare, il motorino d'avviamento di tutta la barriera è un'alga microscopica, anzi una moltitudine di minuscole alghe, che costituiscono, l'asso nella manica, dei già citati polipi di corallo.


IMPORTANZA DELLE ALGHE


Il sistema biologico, della barriera corallina, è stato un mistero per molto tempo, finché‚ non è stato scoperto che i polipi, sono avvantaggiati, da un fattore interno-esterno, che accelera tutto l’accrescimento della colonia, un esercito di microscopici aiutanti.


I tessuti, d'ogni singolo polipo, ospitano al loro interno, milioni di alghe unicellulari, le zooxantelle, sono queste minuscole forme di vita vegetale (che in taluni casi, costituiscono il 50% della massa totale del polipo), che per ricambiare il polipo, della sua ospitalità, gli offrono dei grandi servigi, eliminandone i prodotti di rifiuto e rifornendolo di ossigeno ed energia, sfruttandone l’anidride carbonica originata dalla respirazione, con la funzione clorofilliana sintetizzano glucosio.


Inoltre, le zooxantelle, usano l'ammoniaca di rifiuto del polipo, combinandola con una parte dell'ossigeno prodotto, per ottenerne nitrati, sostanza di cui avranno bisogno in seguito (unitamente a solfati e fosfati, altri prodotti di scarico del polipo), quando dovranno sintetizzare amminoacidi e proteine, sostanze utili tanto alle alghe quanto al polipo ospite.


Come possiamo ben capire, con l'aiuto, delle zooxantelle, che si occupano, di smaltire i prodotti di rifiuto, al polipo, non resta altra occupazione, che quella di nutrirsi e può quindi sfruttare tutte le sue energie, per riprodursi e rinforzare il suo sostegno calcareo.


C'è da dire, che il polipo, potrebbe vivere anche senza le proprie zooxantelle, sono stati condotti degli esperimenti positivi in tal senso, ma in queste condizioni, l'accrescimento della colonia rallenta di circa 10 volte e una crescita così lenta, impedirebbe ai coralli di acquisire, quelle caratteristiche forme coloniali, che gli consentono di far fronte alle proprie necessità, cercare cibo e superare le insidie dell'ambiente circostante.


L'unico neo, di questa convivenza perfetta, consiste nel fatto che per mantenere vitali le loro zooxantelle, le madrepore ospiti, sono costrette a colonizzare, solo quelle parti di fondale più luminose dal momento che le alghe, per svolgere la funzione clorofilliana, hanno bisogno di luce solare, per questo motivo, è più difficile, trovare dei coralli a profondità maggiori di -60 metri, infatti, a tali profondità, la maggior parte, delle radiazioni dello spettro luminoso, è stata assorbita dagli strati superiori dell'acqua e la parte rimasta, è poco adatta, a permettere lo svolgersi della funzione clorofilliana.


Quanto appena detto, non potrebbe spiegarci, l'esistenza, di certe colonie coralline, ad esempio, la piattaforma continentale, su cui poggia la G.B.A., si trova, ad una profondità media, di 0 m, a questa profondità, è impossibile che le madrepore, siano riuscite, in totale mancanza di luce solare, ad edificare quelle ciclopiche strutture, eppure la base della G.B.A., è formata, da carbonato di calcio, ovvero da scheletri di madrepore cementate insieme, vecchi milioni di anni, troviamo la spiegazione a ciò, studiando le ere glaciali, infatti, a quell'epoca, fu sottratta al mare, un’enorme massa acquea, a causa dell'espansione delle calotte polari, dove oggi esistono immensi deserti (Sahara, Arabia, Messico, Arizona, Sertao e Scrub), fiorivano foreste pluviali, che inglobavano vari miliardi di metri cubi d'acqua, quindi, facendo opportuni calcoli, non ci è difficile, supporre che durante le ere glaciali, i mari fossero profondi, alcune centinaia di metri in meno, pertanto era stato possibile l'insediamento delle barriere coralline, che col progressivo innalzarsi delle acque, hanno edificato, in verticale, fino a creare, le vere e proprie muraglie, presenti oggi.


Il ciclopico esempio della G.B.A., le Maldive, che s'innalzano, dalle profondità dell'Oceano Indiano e gran parte degli atolli, isole e isolette, di Polinesia e Micronesia, anch'essi generati dai coralli, sono solo, alcuni esempi, di questa magnifica fonte di studio.


TIPI DI REEF


Attualmente, distinguiamo, quattro tipi di barriere coralline:



Le barriere propriamente dette;


Le barriere a frangia o areali;


Gli atolli (di vari tipi);


I cosiddetti Patch Reefs;


Al primo tipo, appartengono, le formazioni coralline più maestose, conducenti vita a se stante, costituite da un dedalo di isolette, banchi sabbiosi e lagune, occupano, tutto lo spazio loro offerto, dalla piattaforma continentale, l'esempio più colossale, la Grande Barriera Australiana, ma ne esistono simili nel Mar dei Caraibi, esattamente, a Cuba, alle Bahamas, in Belize e nelle Antille.


Le barriere a frangia, comprendono gran parte delle barriere minori, più piccole di quelle appena descritte, si sviluppano poco distanti dalla costa, seguendone fedelmente i contorni, formano lagune interne, con bassi fondali, sul lato interno e precipitano nel blu profondo oltre il limite della piattaforma continentale.


Personalmente, distinguo due tipi di Atolli, infatti, con lo stesso nome vengono indicati, sia le barriere a ciambella, che gruppi di isole, racchiuse da una cintura corallina (ad esempio le Maldive, costituite da una ventina di atolli, racchiudenti ciascuno, molte isole più o meno estese), in questo contesto, parlerò degli atolli a ciambella, cioè di quelle costruzioni quasi circolari di origine vulcanica, (come il famosissimo Bikini, che, paradossalmente, dopo l'esperimento nucleare, eseguitovi negli anni '50, continua a prosperare sotto il livello del mare), tali atolli sono spesso d'origine vulcanica, nel senso che, sono stati edificati dai coralli, sfruttando come base d'appoggio i bordi di vecchi vulcani spenti, i quali, per erosione, per sprofondamento della zolla continentale su cui sorgono o per l'innalzamento, del livello del mare, si sono inabissati, lasciando i coralli (che intanto, proseguivano, la loro infaticabile opera di costruzione), padroni del campo; l'azione distruttiva delle onde, la furia dei venti e non ultime, le "attenzioni" di alcuni pesci (Scaridi soprattutto), nel corso di millenni accumulano grandi quantità di detriti sabbiosi, che confluiti, all’interno della barriera, formano, la laguna sabbiosa, nel caso, la barriera sia ininterrotta, difficilmente al suo interno, potrà esistere la vita, ma se al contrario, esiste anche una piccola via di comunicazione, con il reef esterno, la laguna, si popola di vita, e nelle sue acque tranquille troviamo di tutto, intere legioni di Pomacentridi, annidate tra scheletri di madrepora, Tridacne, piccoli Balistidi, Cantigasteridi, nonché, piccoli squali di reef.


I Patch Reefs, infine, sono, piccole aree madreporiche isolate, su fondali sabbiosi, formatesi casualmente, da larve trasportate dalle correnti, che, trovato un fondale basso ed ospitale, costituiscono un nuovo insediamento corallino, che, però, non diventerà mai una grossa barriera, a causa dello spazio vitale esiguo.


COME NASCONO LE ISOLE CORALLINE


ISOLE VULCANICHE


ISOLE SABBIOSE


In alcuni punti, al largo della costa, si scontrano le onde lunghe provenienti dal mare aperto e le onde, riflesse dalla costa, quelle per intenderci, che, di riflusso dalla battigia o dalla scogliera, tornano indietro, portandosi appresso, il loro carico di detriti, sabbia e vari sedimenti in sospensione, lo scontro tra le due onde, permette che tali sospensioni si depositino sul fondo, scontro dopo scontro, si forma una piccola "incertezza" (così vengono chiamati quei banchi di sabbia di natura effimera, che possono venire dispersi o spostati, dalla furia d'un tornado).


Se, il tempo si mantiene clemente, la quantità di sabbia aumenta e quella degli strati più profondi, inizia a compattarsi, formando un conglomerato molto simile all'arenaria, che dà una certa stabilità alla nostra neonata isola, a questo punto, l'aiuto della pioggia e dei venti, è determinante, la prima, porta acqua dolce che serve a formare una falda sotterranea, indispensabile alla vita che sta per instaurarsi, i venti invece, portano dei semi, i quali produrranno delle piante, che con le loro radici, consolideranno ulteriormente il suolo, difendendolo dalle tempeste.


Le onde intanto, continuano a portare altra sabbia e detriti, che accumulandosi ulteriormente, amplieranno la spiaggia sabbiosa, in modo che, l'entroterra sia più protetto dall'erosione, a un dato momento, l'isola verrà scoperta dagli uccelli marini, che non tarderanno a dare il loro contributo, alla nascita della nuova terra, ne useranno la riva, per riposarsi dai lunghi voli sull'oceano, per cibarvisi dei pesci catturati, o per nidificare, apportando benefici all'isola, sotto forma di fertilizzante, grazie ai resti di cibo e agli escrementi, spesso poi tra questi ultimi, evacuano dei semi ingeriti altrove, che germogliano, portando ulteriore vita alla nuova terra sorta dal mare.


PERICOLI PER LE BARRIERE CORALLINE


LA STELLA ASSASSINA


Acanthaster planci, detta anche stella corona di spine, è un pericolo per le barriere coralline, si tratta d'un Echinoderma molto vorace e prolifico, che al contrario degli altri congeneri (che di solito sono muniti di cinque braccia), possiede da 9 a 23 braccia, la specie più diffusa (quella della G.B.A.) ne ha 16, con un diametro medio di 45cm (la più grossa di cui s'abbia notizia misurava 70cm), quest'organismo, si ciba esclusivamente di polipi di corallo, con un sistema molto efficace (comune anche ad altri Asteroidei), postasi su una colonia di madrepore, estroflette lo stomaco, attraverso l’apertura orale e con esso avviluppa il corallo, digerendone i tessuti vivi fino all'ultima cellula, esaurita una colonia, si trasferisce a quella subito vicina, lasciando a testimonianza dell'accaduto lo scheletro sbiancato.


In tal modo, questo organismo, riesce a divorare di volta in volta, i polipi d'una colonia, con una superficie pari alla metà circa, di quella coperta dalle proprie braccia, è stato calcolato, che una stella adulta divora in un mese, 3.000 cmq di superficie corallina quel ch'è più grave, è, che dette stelle, non si muovono a piccoli gruppi, ma, attratte dalla scia chimica sviluppatasi dal processo digestivo, si ammassano le una alle altre, costituendo un flagello per i banchi corallini (un'invasione di A. planci, è paragonabile, ad un'orda di cavallette in una zona agricola); come non bastasse, questo flagello, si riproduce molto celermente, la sua stagione di riproduzione va da dicembre a gennaio, in questo lasso di tempo, ogni singola femmina produce 12 milioni di uova, non tutte naturalmente diverranno stelle adulte, parte d'esse diverrà cibo, proprio per quei polipi che vivono di plancton, uno dei problemi, è proprio questo, se in una zona diminuisce il numero di polipi, le larve perdono una parte dei loro potenziali nemici, di conseguenza,

maggiore sarà la quantità di stelle che diventerà adulta e che divorerà un numero maggiore di polipi corallini deponendo ancora più uova, in una specie di reazione a catena.


Come se quanto anzidetto non bastasse, questa creatura, è una specie d'Araba Fenice, infatti, possiede la straordinaria capacità, di rigenerare gli arti perduti ed addirittura, se viene fatta a pezzi, da alcuni dei singoli pezzi possono formarsi nuovi individui, lo hanno sperimentato, dei ricercatori Australiani che, negli anni '70 cercarono di ridurre, la popolazione di stelle assassine, smembrandole sul posto, l'unico risultato che ottennero fu di farne aumentare ulteriormente il numero, l'unico modo, noto per impedire la rigenerazione, di questi esseri, consiste nello squarciarle, asportandone gonadi ed apparato digerente.


I motivi di queste invasioni, sono stati ricercati un po’ in tutte le direzioni, è stata data la colpa a pescatori e collezionisti di conchiglie che, avendo ridotto il numero di Charonia tritonis (comunemente detti tritoni), nemici naturali di A.planci, di cui si nutrono, avrebbero facilitato, il proliferare, di questo mostro; a questo proposito, c'è da dire che, i tritoni sono si l'unico organismo che riesce ad ingurgitare un animale così spinoso, ma è anche vero, che non sono forniti di un grande appetito, mangiando al massimo una stella di medie dimensioni in tre giorni.


Alla fine invece, dopo quasi un ventennio di ricerche, si è capito che le invasioni di A. planci, hanno dei periodi ciclici, infatti, nessuno dei reef attaccati in passato, è scomparso, anzi, passato il periodo di pericolo, sono rifioriti come e meglio di prima, ricolonizzati da nuove larve di corallo, che hanno trovato adeguati substrati sugli scheletri dei predecessori;


UN NUOVO PERICOLO!


Appena passato l'allarme per la stella assassina, un'altro pericolo sembra voglia minacciare le barriere coralline, "la morte bianca", così è stato definito, il fenomeno che causa ad alcune barriere coralline, la perdita delle colorazioni naturali, per assumerne una d'un bianco abbagliante, a volte con leggere fluorescenze.


I danni maggiori, finora, li hanno subiti i reef delle isole Galapagos, che tra la fine del 1982 e l'inizio del 1983, hanno perso il 95% del loro splendore; nello stesso periodo un analogo fenomeno, ma di minore gravità, interessò parte della G.B.A., tra il Marzo e il Maggio 1991, in Polinesia Francese il 60% dei coralli (in gran parte quelli situati nella fascia tra 0 e m), sbiancò e morì.


Sulla possibile causa, sono state formulate diverse teorie, s'è data la colpa di tutto, a fenomeni meteorologici ciclici che fanno innalzare la temperatura media delle acque portandola sopra i 30°C (fenomeni simili alla corrente calda detta "El Nino" che di solito interessa le coste del Perù), tale teoria era avvalorata dal fatto che, le zone colpite dallo sbiancamento dei coralli, facevano rilevare temperature costanti dell'acqua di 30°C fino a m di profondità, ciò che fece un po’ pensare fu che lo sbiancamento interessò anche le specie che vivono nei primi 2 m d’acqua, per intenderci, quelle che solitamente, con la bassa marea, tollerano per 6 ore circa anche temperature di vari gradi superiori; doveva trattarsi d'un altro fattore, oltre alla temperatura ad influenzare, la distruzione delle barriere, anche perché‚ da riscontri successivi si scoprì che, nello stesso periodo in cui le isole della Polinesia Francese, avevano subito ingenti danni, le Isole Tuamotu, poco lontane avevano avuto temperature anche più elevate, ma senza risentire d'alcun fenomeno distruttivo nel frattempo, sulla G.B.A., si notò che prima di un fenomeno di sbiancamento, c'era sempre un periodo, in cui le acque erano molto più torbide del solito, da un'analisi di queste acque si scoprì che la torbidità era causata da un'enorme quantità di zooxantelle in sospensione, per quale oscuro motivo i coralli, rompevano la simbiosi da cui dipendeva la loro stessa esistenza?


Ulteriori studi, dimostrarono che, le zooxantelle, tollerano solo determinate quantità di raggi ultravioletti, nella fattispecie si erano verificati dei sovraccarichi di raggi UV-A ed UV-B, nonostante i coralli, siano capaci di proteggersi (sintetizzando filtri solari a base d’amminoacidi) dall'esposizione diretta ai raggi del sole, un anomalo prolungamento dell'irraggiamento, provoca l'espulsione delle zooxantelle (la funzione clorofilliana di queste produce ossigeno, grazie all'energia solare, un aumento anomalo dell’energia, porta ad un incontrollato aumento metabolico delle alghe, che di conseguenza producono quantità maggiori d’ossigeno, detto gas oltre certe concentrazioni è tossico), con diminuzione d'energia vitale del corallo, che già indebolito dall'eccessiva esposizione ai raggi dannosi, perde i suoi colori e muore.


E` assodato, che, il filtro creato da madre natura, per proteggere dai raggi ultravioletti, tutta la terra (e quindi anche le barriere coralline), è quella parte dell'atmosfera chiamata fascia d'ozono, tutti conosciamo, il danno che è stato fatto, a quest’importante protezione, ma non tutti sapevamo che, questo mettesse in pericolo anche questi organismi che, popolano i nostri mari più belli, da centinaia di milioni d’anni!


LA CATENA ALIMENTARE


La catena alimentare del reef comincia dal microplancton, vale a dire da quella miriade d’organismi unicellulari, vegetali (fitoplancton) ed animali (zooplancton), che potremmo vedere (con l'aiuto di un adeguato microscopio), in ogni singola goccia d'acqua.


Primo anello della catena alimentare, che lega tutti gli organismi marini, il microplancton (dal Greco plankton errabondo-vagante), è, il più antico abitante del mondo, costituito da organismi appartenenti alle specie più disparate, protozoi, alcune varietà d’alghe unicellulari e policellulari, larve d'invertebrati e pesci, che per tutta la vita avranno dimensioni minuscole e condurranno questa vita errante, portati qua e là dalle correnti.


Il microplancton, è il cibo di un'infinità di bocche, a cominciare dal macroplancton, formato, dalle larve pelagiche, di gran parte delle specie animali e da altri organismi, più grossi di quelli che compongono il microplancton; il plancton genericamente detto (fito, zoo, micro e macro), innesca il resto della catena, dagli organismi filtratori (spugne, bivalvi, polipi di madrepore etc.), fino ai giganti del mare, i cetacei (una classe d'essi, i Misticeti, si nutre, esclusivamente, di plancton), i planctofaghi a loro volta, offrono nutrimento, ad animali superiori, i Chetodontini ad esempio, si nutrono di polipi corallini, gli Scaridi usano sbriciolare le costruzioni coralline per mangiarne i tessuti vivi all'interno, alcuni Pomacantini si nutrono di spugne, a loro volta questi animali, costituiscono cibo per alcuni carnivori (serranidi, murenidi, tonni, etc), che a loro volta servono da nutrimento a predatori più grossi (Barracuda, Squali e vari tipi di cetacei Odontoceti), alla fine della catena troviamo di nuovo il plancton, poiché‚ ciò che rimane dalla decomposizione dei prodotti di rifiuto dell'ultimo predatore ed infine (dopo morto), dal suo stesso corpo in decomposizione, diverrà cibo per i batteri e per tutta la moltitudine di microscopici esseri di cui parlavo all'inizio.


Da quanto anzidetto, possiamo evincere, che, la barriera corallina è un ambiente autosufficiente, in cui, tutto il materiale organico viene continuamente riciclato e rimesso in circolazione, così da consentire ai suoi abitanti l'espletamento delle più importanti funzioni vitali.


LE TRE ZONE DEL REEF


Immaginiamo, di sorvolare a bassa quota una zona corallina, vedremo che è suddivisa, in tre zone principali, il mare aperto, il reef vero e proprio e la laguna interna la zona più calma delle tre, poiché, di solito, è protetta, da una cintura di formazioni coralline.


IL MANGROVIETO


Un ambiente a se stante della laguna, è il mangrovieto, in alcune lagune, vive la Mangrovia, quello straordinario albero, che crea un habitat unico, essa è l'unica pianta terrestre, tanto eurialina, da riuscire a vivere, con le radici totalmente immerse in acqua salata, dove il fango è più povero d'ossigeno, per procurarsi questo prezioso gas, la Mangrovia, deve sollevare le sue radici contorte e ramificate fuori del fango, per esporle all'aria durante la bassa marea, sono queste radici a favorire il depositarsi della sabbia e dei detriti, portati dalle maree (o lavati dalle piogge torrenziali che a volte investono la costa), il limo formatosi sotto le mangrovie, ricchissimo d’elementi nutritivi, offre sostentamento e rifugio a varie specie animali, intere colonie di molluschi Gasteropodi ed altri piccoli organismi perennemente alla ricerca di cibo, lo setacciano in continuazione, Balani, Limuli (creature arcaiche, tra gli ospiti più strani del mangrovieto, veri fossili viventi, sono gli ultimi sopravvissuti d'una classe d’Artropodi parenti stretti dei Trilobiti, evolutasi nel periodo Paleozoico), granchi di varie specie, tra cui gli Uca (conosciuti come granchi violinisti, che con la bassa marea filtrano il limo alla ricerca di larve e vermi di cui si nutrono, mentre, con l'alta marea, si rifugiano nel fango, per sfuggire, ai vari predatori che invaderanno il mangrovieto), pesci sedentari tipo Gobidi e Perioftalmi, oltre a forme giovanili di pesci corallini o salmastri (Scatophagus, Monodactilus, varie specie di Chetodontini e Pomacantini) che, vi trovano, un ambiente di certo più sicuro, riparato e tranquillo del reef esterno, le radici sommerse inoltre, fanno da substrato, ad alcune specie di coralli (addirittura certi autori, pensano che le madrepore abbiano iniziato a colonizzare le coste proprio in tal modo.


I PESCI DEI CORALLI


Se le Madrepore, sono state capaci, di colonizzare, ogni centimetro quadro disponibile, i pesci, si sono adattati, ad inserirsi in tutto lo spazio rimasto disponibile tra i vari coralli, specializzandosi secondo la specie, per modo di vita ed abitudini alimentari, tanto, da occupare ognuno la propria nicchia biologica.


In tal modo, notiamo che, i Pomacentridi occupano piccoli anfratti fra i coralli morti, riuscendo a rifugiarvisi in un istante, al minimo accenno di pericolo, gli Amphiprion e certe specie di Dascyllus, hanno evoluto una straordinaria forma di difesa, adattandosi a vivere, tra i letali tentacoli dell'anemone; gli Olocentridi, hanno evoluto i loro occhi per la vita notturna e durante il giorno, trovano rifugio in piccoli anfratti, Serranidi e Murenidi, si stabiliscono entro ogni cunicolo disponibile, i Chetodontini banchettano coi polipi dei coralli, tra cui nuotano, così come Scaridi e Balistidi (che hanno evoluto dentature, adatte a frantumare i coralli), alcuni Pomacantini si cibano di spugne, gli Anthias, fanno vere e proprie, scorpacciate di plancton, Acanturidi e Zanclidi, si trovano a loro agio, tra la vegetazione algale, vere falciatrici del mare, divorano intere praterie d’alghe, di tanto in tanto un grosso predatore pelagico, viene a disturbare la pace del reef per una cattura, nelle acque esterne del reef, trovano il loro spazio vitale piccoli Squaliformi e le Mante, mentre le grosse razze, varie specie di Mullidi e Pleuronettiformi si dividono i fondi sabbiosi.


RIPRODUZIONE


La maggior parte dei pesci affida la sorte della propria prole alle correnti, alcune specie invece attuano delle cure parentali, ad esempio gli Amphiprion formano delle coppie stabili, che vivono tra i tentacoli di un anemone, deponendovi le uova (secondo la specie, circa 400 uova in un'ora di deposizione) dopo la deposizione il maschio si occupa di curare le uova, eliminando quelle non fecondate o ammuffite e proteggendo la residenza, da ogni intruso.


Negli Apogonidi, dopo una danza nuziale, in cui la coppia si muove affiancata, la femmina, emette le uova, sotto forma d'un globo viscoso, il maschio, le feconda e le tiene in bocca, proteggendole da eventuali predatori, ogni tanto, le tira fuori per pochi istanti ossigenandole, per tutto il periodo fino alla schiusa non si nutre; ovviano a tali inconvenienti, le specie appartenenti alla famiglia Singnantidae, esse hanno evoluto, tasche marsupiali, dove i maschi covano le uova (depostevi dalle femmine), fino alla schiusa.


Alcuni Balistidi, costruiscono un nido circolare del diametro di alcuni metri, il maschio, ripulisce dal pietrisco un'ampia zona, al centro di questo cerchio di sabbia, così formato, scava una buca profonda anche 50cm o più, finché‚ non raggiunge, la roccia corallina solida, solo allora, troverà una femmina disposta all'accoppiamento, alle prime luci dell'alba, essa deporrà le uova sul fondo della buca seguita dal maschio, che le feconderà, da questo momento, la femmina rimarrà sul posto a ventilare le uova con le pinne pettorali, mentre il maschio, stazionerà intorno al perimetro del nido, pronto a scacciare gli intrusi, di qualunque stazza essi siano, compresi squali e sub.


ALTRI INVERTEBRATI


A riempire l'ultimo spazio rimasto sul reef, ci pensano, le altre varietà d’invertebrati, infatti, oltre che i coralli, le barriere coralline ospitano, tante altre specie, Gasteropodi, Echinodermi, Cefalopodi, Nudibranchi, Tunicati, Anellidi striscianti e vermi tubicoli sedentari, Bivalvi etc., ognuna di queste specie, è stata posta lì da madre natura, per attendere un preciso compito, le Oloturie ad esempio, sono gli spazzini del banco corallino, passano la vita, strisciandovi sopra, portando alla bocca ogni minuscola particella di cibo trovato, con i viscosi tentacoli orali di cui sono forniti, in tal modo, liberano i coralli, da quei detriti organici, che, una volta imputriditi, rischierebbero, di soffocarne i polipi; i Crinoidi (altri ospiti del banco corallino), sono invece, delle raffinate reti da pesca, spiegano le loro braccia piumate nella corrente, per catturare, un'infinità di microrganismi, che, con l'aiuto, delle stesse braccia convogliano alla bocca, naturalmente un sistema di pesca così efficiente, attira, una quantità di approfittatori, alcuni minuscoli gamberetti vivono esclusivamente su determinate specie di Crinoidi (addirittura hanno evoluto una livrea che li confonde con il loro ospite, rendendoli invisibili a qualsiasi predatore), essi oltre a farsi ospitare si nutrono anche di parte degli organismi planctonici che il loro ospite cattura.
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Vecchio 10-07-2005, 10:24   #2
miticopaolo
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Vecchio 10-07-2005, 11:37   #3
Reefmaniaco
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Re: Un bell'articolo sulle barriere coralline

Tutto esatto , mi ricordano le parole di un libro che lessi tempo fa.
Quale ?
Ciao.
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Vecchio 10-07-2005, 12:16   #4
dranath
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Interessante....

Spero per te che abbia fatto copia-incolla....

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Vecchio 11-07-2005, 14:08   #5
Ricca
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Re: Un bell'articolo sulle barriere coralline

Originariamente inviata da Reefmaniaco
Tutto esatto , mi ricordano le parole di un libro che lessi tempo fa.
Quale ?
Ciao.
Borneman??
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Vecchio 11-07-2005, 14:25   #6
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