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Vecchio 21-06-2011, 20:58   #1
SamuaL
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Manuale d'uso e produzione di cibo vivo - Artemia

4. ARTEMIA

Gilbert Van Stappen
Laboratory of Aquaculture & Artemia Reference Center
University of Gent, Belgium


4.1. Introduzione, biologia ed ecologia dell’Artemia

4.1.1. Introduzione

Tra tutti i cibi vivi usati in larvi-coltura di pesci e molluschi, i naupli di Artemia costituiscono il tipo più ampiamente usato. Annualmente, oltre 2000 tonnellate di cisti di Artemia sono commercializzate in tutto il mondo allo scopo di allevare i naupli (0,4mm). Infatti, la capacità unica delle Artemie di produrre embrioni dormienti, chiamati cisti, le rende una risorsa eccellente di cibo per le larve in quanto sono convenienti e facilmente reperibili. Le cisti sono disponibili durante tutto l’anno in grandi quantità lungo le rive dei laghi salati, lagune e saline di tutto il mondo.
Dopo la raccolta e la lavorazione, le cisti possono essere conservate in barattoli e utilizzabili al momento del bisogno. Dopo circa 24h di incubazione in acqua salata, le cisti rilasciano naupli che possono essere direttamente dosati per nutrire le larve di svariate specie di organismi marini e d’acqua dolce, e ciò le rende la tipologia di cibo vivo per acquacoltura che richiede meno mano d’opera in assoluto. Anche se l’Artemia è conosciuta dall’uomo da molti secoli, il suo uso applicato all’allevamento di organismi larvali comincia solo negli anni ’30.
Durante gli anni ’40, la maggior parte delle cisti disponibili in commercio provenivano dalle raccolte in laghi salati e saline. Con l’aumento dell’interesse per l’allevamento di pesci (hobby) è cresciuto anche il valore economico dell’Artemia, divenendo un vero e proprio settore industriale.
Risalgono al 1951 i primi pionieri della produzione di cisti d’Artemia negli Stati Uniti presso il Great Salt Lake e le prime raccolte produssero 16 tonnellate di prodotto finito. Verso la meta degli anni ’50 l’attenzione commerciale di questo prodotto si è spostata negli stabilimenti della baia di San Francisco. Qui si è scoperto che l’allevamento dell’Artemia e delle sue cisti poteva essere considerato un sotto-prodotto delle saline. Grazie ai processi di evaporazione per la produzione del sale, si poteva assicurare una grande produzione di cisti e bio-massa. Negli anni ’60, le forniture commerciali provenivano da queste poche fonti e sembravano essere sufficienti. Tuttavia, con l’espansione della produzione di acquacoltura degli anni ’70, la produzione di Artemia è diventato il fattore a collo di bottiglia che limitava l’espansione degli allevamenti di pesci e crostacei marini. In particolare, molti paesi ancora in via di sviluppo, non potevano permettersi l’importazione delle costose cisti.

Alla Conferenza Tecnica della FAO sull’acquacoltura a Kyoto nel 1976 è stato affermato che la carenza di cisti era solo un problema temporaneo e tecnico. Durante gli anni successivi, le ricerche hanno permesso di migliorare la produzione locale di Artemia nei paesi in via di sviluppo.

Ad oggi, l’Artemia viene prodotta e consumata in tutti e 5 i continenti. Nonostante ciò, gran parte del mercato delle cisti è fornito dalle raccolte del Great Salt Lake. Questa situazione rende il mercato estremamente vulnerabile ai cambi climatici e/o ecologici di questo lago.

Già alla fine degli anni ’70 era noto il fatto che il valore nutrizionale dell’Artemia, specialmente per gli organismi marini, non era costante ma variava a seconda delle specie e del “lotto” di produzione delle stesse specie, causando un’instabilità di produzione nelle larvi-colture marine. Negli anni ’80, grazie a studi multi-disciplinari, sono state scoperte le cause della variabilità dei valori nutrizionali e i metodi per migliorare l’Artemia di bassa qualità.
Variazioni genotipiche e fenotipiche (dimensioni delle cisti, i metodi di raccolta, il contenuto di acidi grassi dei naupli) determinano se una particolare produzione di cisti è adatta per allevamento di specifiche specie di pesci o gamberi.

Con la bio-incapsulazione nei meta-naupli di specifiche quantità di particolato o di prodotto emulsionato ricchi di acidi grassi insaturi, è possibile adattare la qualità nutrizionale dell’Artemia ai fabbisogni dei predatori. L’applicazione di questo metodi di bio-incapsulazione, anche chiamato “arricchimento”, ha migliorato notevolmente i risultati della larvi-coltura, non solo in termini di sopravvivenza, crescita e successo della fase di metamorfosi delle larve, ma anche riguardo la qualità (ridotta incidenza di malformazioni, migliore pigmentazione e resistenza allo stress). Lo stesso metodo di bio-incapsulazione, ora è applicato per l’apporto di vitamine, chemo-terapeutici e vaccini.

Inoltre, un più approfondito studio della biologia dell’Artemia ha permesso lo sviluppo di altri prodotti derivati: come le cisti decapsulate e disinfettate, preparati di biomassa, ecc., tuttora utilizzati nei vivai, allevamenti e stabilimenti di riproduzione. Tutti questi sviluppi hanno permesso di ottimizzare la qualità e i costi dell’uso di questo tipo di cibo vivo nella produzione di larve.

4.1.2. Biologia ed ecologia dell’Artemia

4.1.2.1. Morfologia e ciclo vitale

Nel suo ambiente naturale e in determinati periodi dell’anno, l’Artemia produce cisti che fluttuano sulla superficie dell’acqua (fig. 4.1.1.) e che vengono trasportate verso riva dal vento e dalle onde. Queste cisti sono metabolicamente inattive e rimangono tali finché rimarranno asciutte. Immergendole in acqua di mare, le cisti di forma biconcava si idratano, diventano sferiche e all’interno del guscio l’embrione riattiva il suo metabolismo interrotto. Dopo circa 20 ore, la membrana esterna della cisti esplode (si rompe) e l’embrione appare, avvolto dalla sua membrana di cova (fig. 4.1.2.) Mentre l’embrione rimane sotto il guscio vuoto (stadio “ombrello”) lo sviluppo del nauplio si completa ed entro un breve periodo di tempo avviene la rottura della membrana di cova e il nauplio nasce ed è libero di nuotare. (fig. 4.1.3.).


Figura 4.1.1. Raccolta delle cisti da un lago salato.


Figura 4.1.2. Cisti nello stadio di rottura (1)=occhio


Figura 4.1.3. Embrione nello stadio “ombrello” a sinistra e nauplio instar I a destra. (1)= occhio naplio; (2)=antennula; (3)=antenna; (4)=mandibola.


Il primo stadio larvale (instar I; da 400 a 500μm di lunghezza) presenta un colore marrone - arancio, un occhio rosso nella regione della testa e tre paia di appendici: la prime antenne (funzione sensoriale), le seconde antenne (funzioni di locomozione e filtraggio-cibo) e le mandibole (funzione di assimilazione del cibo). La zona ventrale è coperta da un grande labrum o labbro superiore (assimilazione del cibo: trasferisce le particelle di cibo dalle setole filtranti alla bocca). Le larve instar I non assimilano cibo visto che il loro sistema digestivo non è ancora funzionante, infatti si nutrono solo del loro sacco vitellino.

Dopo circa 8 ore, l’animale muta nel secondo stadio larvale (instar II). Piccole particelle di cibo (cellule algali, batteri, detriti) aventi dimensioni che vanno da 1 a 50 μm vengono filtrate dalle seconde antenne e ingerite dal tratto digestivo finalmente funzionante.

La larva continua a crescere e cambia muta circa 15 volte. Appaiono nel tronco delle appendici lobulari chiamate toracopodi Su entrambi i lati del nauplio si sviluppano dei complessi occhi laterali Dallo stadio instar 10 in poi, avvengono importanti cambi morfologici e funzionali: le antenne perdono la loro funzione locomotoria e avvengono le differenziazioni sessuali. Nei maschi sviluppano degli uncini prensili, mentre le antenne delle femmine diventano appendici sensoriali. I toracopodi si differenziano in tre diverse parti chiamate: telopoditi (locomozione), endopoditi (filtraggio-cibo) e membrane esopodite (branchie).

L’Artemia adulta (± 1 cm di lunghezza) ha un corpo allungato con due complessi occhi a stelo, un tratto digestivo lineare, antenne sensoriali e 11 paia di toracopodi (fig. 4.1.10. e 4.1.11.). Il maschio (fig. 4.1.10.) ha un paio di peni nella zona posteriore della regione del tronco. La femmina può essere facilmente riconosciuta dalla sacca di cova o utero situato proprio dietro l’undicesimo paio di toracopodi. Le uova si sviluppano in due ovaie tubolari nel addome. Una volta maturate diventano sferiche e migrano attraverso degli ovidotti nell’utero.

Le uova fertilizzate solitamente si sviluppano in naupli (riproduzione ovovipara) rilasciati dalla madre. In condizioni estreme (alta salinità, bassi livelli di ossigeno) gli embrioni si sviluppano solo fino allo stadio di gastrula. A quel punto sono avvolti da un sottile guscio ed entrano in uno stato di blocco metabolico o dormiente (diapausa) e vengono rilasciati dalla femmina (riproduzione ovipara). Di norma, sia la riproduzione ovipara che ovovipara vengono usate da tutte le specie di Artemia, e le femmine possono passare da un modo di riproduzione all’altro. Le cisti una volta espulse, galleggiano nelle acque altamente saline e vengono portate a riva dove si accumulano e si asciugano. Come risultato di questo processo di disidratazione il meccanismo di diapausa viene attivato; le cisti si trovano a quel punto in uno stato inerte e possono riattivare il loro sviluppo embrionale quando saranno re-idratate e troveranno le loro condizioni ottimali.

In condizioni ottimali, le artemie possono vivere per vari mesi, crescendo da naupli e raggiungendo lo stadio adulto in solo 8 giorni e si riproducono ad una media di 300 naupli o cisti ogni 4 giorni.


Figura 4.1.10. Adulto maschio


Figura 4.1.11. Adulto femmina

4.1.2.2. Ecologia e distribuzione naturale

Popolazioni di Artemia sono state trovate in circa 500 laghi salati naturali e saline artificiali sparsi in tutte le zone climatiche, sia sulle coste che nell’entroterra. La lista rimane provvisoria visto che un lavoro di indagine più ampio dovrebbe portare alla scoperta di tanti altri biotopi di Artemia in diverse parti del mondo. La distribuzione dell’Artemia è discontinua: non tutti i biotopi con salinità elevate sono popolati da Artemia. Anche se questi gamberetti prosperano in acqua marina, non possono migrare da un biotopo salino ad un altro attraversando i mari poiché dipendono dal loro adattamento fisiologico all’alta salinità per evitare la predazione e la competizione con altri animali filtratori. Il loro adattamento alle alte salinità è molto efficace come difesa ecologica contro la predazione. Difatti le Artemie possiedono:
- Un’efficiente sistema osmo-regolatore;
- La capacita di sintetizzare degli efficientissimi pigmenti respiratori al fine di resistere ai bassi livelli di ossigeno ad alte salinità:
- La capacità di produrre cisti dormienti quando le condizioni ambientali potrebbero mettere in pericolo la sopravvivenza della specie.


L’artemia inoltre, è stata trovata solamente a salinità in cui i predatori non possono sopravvivere (> 70g/l). le artemie muoiono solo dopo estremi stress fisiologici e ad altissimi livelli di tossicità dell’acqua; muoiono a salinità vicine alla saturazione del NaCl (oltre 250g/l ).

Varie specie geograficamente diverse si sono adattate ai cambiamenti delle condizioni del loro habitat: temperatura, salinità e composizione ionica del biotipo. Le acque thalassine sono acque di mare concentrate che hanno il NaCl come sale predominante e costituiscono la maggior parte (se non tutti) degli habitat costieri in cui l’Artemia si sviluppa dall’evaporazione dell’acqua nelle saline. Altri habitat thalassini si trovano nell’entroterra, come nel Great Salt Lake, USA.
I biotopi athalassini si trova nell’entroterra e possiedono una composizione ionica molto diversa dall’acqua di mare: ci sono acque sulfuree, acque carbonate ed altre ricche di potassio.

L’Artemia è un organismo filtratore non-selettivo di detrito organico, alghe microscopiche e batteri. I biotopi di Artemia possiedono una semplice struttura trofica e una bassa diversità di specie; l’assenza di predatori e competitori del cibo permette alle artemie di svilupparsi in monocolture. L’alta salinità è la caratteristica comune di tutti gli habitat mentre l’effetto degli altri parametri (temperatura, produzione di cibo, ecc.) ne determina l’abbondanza della popolazione o l’eventuale assenza temporanea della specie.

Dato che l’Artemia non può diffondersi attivamente nello spazio, sfrutta il vento e le correnti d’acqua; inoltre le cisti che galleggiano sull’acqua aderiscono alle piume e alle zampe degli uccelli e, se ingerite, rimangono intatte per qualche giorno nel tratto digestivo degli uccelli. Di conseguenza, l’assenza di uccelli migratori è probabilmente la ragione per cui non vi sono popolazioni naturali di Artemia in certe zone che sarebbero invece ideali per il loro sviluppo.

L’altro significativo metodo di diffusione della specie è costituito dalle azioni dell’uomo. Dagli anni ’70, l’uomo ha introdotto varie popolazioni di Artemia in Sud America e Australia sia per scopi di acquacoltura sia per la produzione di sale.

4.1.2.3. Tassonomia

Il genere Artemia è un complesso di specie sorelle e superspecie, caratterizzate dall’isolamento riproduttivo. I primi tassonomisti assegnarono i nomi a specie di popolazioni aventi diverse morfologie e raccolte a differenti temperature e salinità. Più avanti, la profusione dei nomi venne cessata e tutti i tipi di Artemia si riferiscono all’Artemia salina. Tuttavia, esistono diversi nomi per determinati gruppi di popolazioni : Artemia salina, A. tunisiana, A. parthenogenetica, A. urmiana, A. sinica, A. persimilis, A. franciscana superspecies, Artemia sp.

É possibile la co-esistenza di due specie nello stesso habitat. Inoltre diverse imprese di acquacoltura commerciali hanno seminato saline con cisti importate. Visto che vengono caratterizzate costantemente nuove popolazione, gli scienziati devono usare la denominazione Artemia finché non riconoscono sufficienti differenze biochimiche, citogenetiche o morfologiche, utili all’identificazione della specie.


4.1.2.4. Caratteristiche delle varie specie


INTRODUZIONE

A differenza dei valori nutrizionali che possono essere manipolati, altre qualità favorevoli all’acquacoltura possono essere ottenute attraverso la selezione di specie e/o incroci. Tuttavia più del 90% delle cisti commercializzate provengono dal Great Salt Lake e vengono distribuite alle varie produzioni di America, Asia, Australia ed Europa. La conoscenza delle caratteristiche (genotipiche e fenotipiche) di un particolare tipo di cisti, può aumentare sensibilmente l’efficacia del loro uso nell’allevamento di pesci e gamberi.

DIMENSIONI E CONTENUTI ENERGETICI

L’efficacia nutrizionale di questi organismi è determinata soprattutto dalla loro ingeribilità e di conseguenza dalla loro forma e dimensione.

Molte specie possono essere differenziate in base alle loro caratteristiche biometriche. Nonostante piccole variazioni tra “lotti” della stessa specie, causate possibilmente da fattori ambientali e/o di lavorazione, generalmente il diametro dei diversi lotti di cisti appartenenti alla stessa specie, rimane piuttosto costante. Altre caratteristiche biometriche come il volume, il peso a secco, la lunghezza del nauplio instar-I, il peso e volume del nauplio, il contenuto energetico, ecc. sono in diretta correlazione con il diametro delle cisti. Per questo motivo i parametri biometrici (in particolare il diametro delle cisti) sono un ottimo metodo per distinguere le specie di Artemia e permettere di definire l’origine e la natura delle cisti.

QUALITA’ DI ALLEVAMENTO

Studi comparativi tra gli allevamenti di cisti di differenti specie, hanno dimostrato variazioni considerevoli nella percentuale di successo ed efficienza. Tuttavia, nessuno di questi parametri è specifico per una determinata specie in quanto sono influenzati da una vasta gamma di fattori quali la raccolta, condizioni di lavorazione, conservazione e tecniche di cova. Per un uso ottimale di Artemia in acquacoltura, le caratteristiche di allevamento di ogni lotto di cisti in uso deve essere noto. Maggiori informazioni riguardo questo argomento sono esposte nel capitolo 4.2.5.2.

RATEO DI CRESCITA DEI NAUPLI

I test svolti su colture standard di Artemia proveniente da diverse origini geografiche, dimostrano importanti differenze nel rateo di crescita anche tra le stesse specie sorelle, ma non tra i diversi lotti della stessa specie. Pertanto una selezione di specie aventi un alto potenziale di rateo di crescita avrà un impatto positivo sui risultati della produzione di massa.

TOLLERANZA ALLA TEMPERATURA E SALINITA’

La salinità e soprattutto la temperatura, determinano la sopravvivenza e la crescita dell’Artemia. Le specie provenienti da biotopi thalassini preferiscono una temperatura di 20#25°C in cui hanno una mortalità minore del 10%. L’interazione tra temperatura e salinità è limitata; differenze sostanziali nella tolleranza sono state registrate a basse salinità (5g/l) e ad alte temperature (30-34°C). Ad elevate temperature la sopravvivenza delle specie provenienti dal Great Salt Lake è decisamente più elevata rispetto alle altre specie.

CICLO VITALE E CAPACITA’ RIPRODUTTIVA.

Il ciclo vitale e le caratteristiche della riproduzione delle specie di Artemia sono dei fattori importantissimi quando si deve introdurre un tipo di Artemia in un nuovo habitat, soprattutto quando si prevede la presenza di competitori “locali”. La competitività è legata a fattori come la lunghezza del periodo riproduttivo, il periodo pre- e post-riproduttivo, la durata della vita, il numero di prole per ogni covata, il numero di covate per ogni femmina, la durata della covata, ecc. Generalmente la specie New World (bisessuale) ha un numero molto elevato di piccoli per nidiata, un gran numero di prole / giorno / femmina e un tempo di sviluppo rapido alla maturità sessuale, che favorisce questo tipo rispetto alla partenogenetica Artemia.

L’età della prima riproduzione è un fattore chiave determinante il rateo di crescita della popolazione, e il rateo di colonizzazione di nuovi habitat. Di conseguenza, se le preferenze ambientali o i fattori nutrizionali non interferiscono, la specie New World generalmente prevarrà sulle specie partenogenetiche. Gli esperimenti di inoculo in habitat naturali richiedono quindi uno studio preventivo delle specie candidate e uno studio delle condizioni ambientali prevalenti. Un’introduzione incontrollata di artemia potrebbe portare ad una diminuzione della naturale bio-diversità. Pertanto, prima di inoculare una nuova specie di Artemia in un habitat in cui già esistono altre specie, si dovrebbe raccogliere e conservare una sufficiente quantità di cisti per salvaguardare la specie già esistente.

VALORI NUTRIZIONALI


Alla fine degli anni ’70, quando nacquero molti allevamenti commerciali di pesci e gamberi, il cambio repentino tra una specie di Artemia e un’altra, hanno provocato problemi inaspettati. Si riscontrarono differenze sostanziali nelle rese di produzione tra distinti ceppi di Artemia proveniente dalle stesse zone geografiche. Specialmente la quantità dei lipidi totali, la composizione degli acidi grassi e la loro stessa metabolizzazione degli acidi grassi, differiva da specie a specie, ed anche tra lotti e lotti della stessa specie, come conseguenza delle variazioni della composizione biochimica del cibo disponibile alle popolazioni adulte. Le cisti prodotte in entroterra sono più costanti nella composizione ma hanno valori nutrizionali scarsi. Pertanto sono state sviluppate delle tecniche specifiche per migliorare il profilo lipidico dell’artemia, sfruttando il loro indiscriminato comportamento di filtratori.

Con questi semplici metodi, i composti lipofili potevano essere facilmente assimilati dall’Artemia appena prima di essere utilizzata come cibo vivo. Altri composti venivano usati per integrare determinate specie: aminoacidi, pigmenti, vitamina C, minerali ed elementi traccia.
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Vecchio 21-06-2011, 20:59   #2
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4.2. Uso delle citi

4.2.1. Biologia delle cisti


4.2.1.1. Morfologia delle cisti


Il guscio delle cisti è composto da tre livelli;
- Livello alveolare: un duro strato costituito da lipo-protenine impregnate con chitina ed ematina; la concentrazione di ematina determina il colore del guscio, da marrone chiaro a scuro. La sua funzione primaria è quella di provvedere alla protezione dell’embrione dalla rottura meccanica e dalle radiazioni UV. Questo strato può essere rimosso (disciolto) attraverso trattamenti di ossidazione con ipoclorito di sodio (decapsulazione, vedi 4.2.3)
- Membrana esterna cuticolare: protegge l’embrione dalla penetrazione dalle molecole più grandi della molecola di CO2
- Cuticola embrionale: uno strato trasparente ed altamente elastico separa l’embrione dalla membrana cuticolare interna.

L’embrione è un gastrula indifferenziato il quale è a-metabolico a livelli d’acqua inferiori al 10% e possono essere conservati per lunghi periodi senza perdere la loro vitalità. La vitalità viene influenzata quando le cisti vengono conservate a livelli d’acqua maggiori del 10% (determina l’attivazione metabolica) e quando vengono esposte all’ossigeno.


4.2.1.2. FISIOLOGIA E PROCESSO DI ALLEVAMENTO


Lo sviluppo delle cisti di Artemia dall’incubazione nel media di allevamento fino al rilascio dei naupli.

Le cisti biconcave, quando incubate in acqua marina, dopo 1 o 2 ore si gonfiano e diventano sferiche . Entro le 20 ore successive di idratazione, il guscio delle cisti (incluso la membrana esterna cuticolare) esplode e l’embrione, avvolto dalla membrana di cova, diventa visibile.
L’embrione quando abbandona completamente il suo guscio, rimane aggrappato al guscio vuoto (la membrana di cova rimane attaccata al guscio. Attraverso la trasparente membrana di cova, si può seguire la metamorfosi dal pre-nauplio a nauplio instar I che comincia a muovere le appendici. Poco dopo la membrana di cova si rompe e la larva è nata e libera di nuotare.

Le cisti a secco sono molto igroscopiche e assorbono l’acqua molto velocemente e il metabolismo si attiva quando l’idratazione raggiunge il 60% e le condizioni ambientali sono favorevoli.

Il metabolismo aerobico dell’embrione contenuto nella cisti permette la conversione del trealosio (carboidrati di riserva) in glicogeno (fonte di energia), e glicerina.

I maggiori livelli di quest’ultimo composto igroscopico comporta un maggiore assorbimento dell’acqua. Di conseguenza, la pressione osmotica all’interno della membrana cuticolare esterna continua ad aumentare continuamente fino a quando raggiunge un livello critico che comporta la rottura del rivestimento della cisti; a quel punto la glicerina prodotta viene rilasciata nel media di coltura. In altre parole il metabolismo della cisti di Artemia (prima della rottura) costituisce un sistema di regolazione iper-osmotico di trealosoio-glicerina

Ciò significa che aumentando il livello di salinità nel media di incubazione, aumenta il fabbisogno di glicerina al fine di compensare la differenza di pressione osmotica che comporta la rottura del guscio; per questo motivo diminuiscono le riserve di energia dei naupli.

Dopo la rottura, l’embrione è a contatto diretto con il media esterno, difeso solamente dalla membrana di cova. Ora beneficia di un’efficiente sistema osmo-regolatore che gli permette di far fronte alla salinità del liquido. Un enzima secreto nella regione della testa, indebolisce la membrana di cova e permette al nauplio di liberarsi e di nuotare nell’acqua.

4.2.1.3. Effetti delle condizioni ambientali sul metabolismo delle cisti

Le cisti a secco (contengono acqua al 2-5%) sono molto resistenti alle temperature estreme: la loro vitalità non viene affetta e resistono ad un range di temperatura che va dai – 273°C ad oltre 60°C, e tollera anche brevi esposizioni ad ambienti con temperature fino ai 90°C.

Le cisti idratate hanno ben diverse tolleranze e muoiono a temperature minori di #18°C e superiori di 40°C; entrano in uno stato di blocco reversibile del metabolismo tra i #18°C e i 4°C e tra i 33°C e i 40°C. Il metabolismo della cisti si attiva a temperature comprese dai 4°C ai 33°C. La percentuale di successo è piuttosto costante, ma è maggiore ad alte temperature.

Risultati ottimali si ottengono con un pH di 8 – 8,5, pertanto l’aggiunta di NaHC3 , fino a 2g/l, sia in acqua di mare artificiale che naturale, comporta un aumento della produzione di naupli. Ciò dovrebbe essere correlato al range di pH favorevole all’attività dell’enzima di cova.

Migliori risultati sono stati rilevati in presenza di livelli di ossigeno che vanno da 0,6 a 2 ppm. Per evitare gradienti di ossigeno durante la cattura, è necessaria un’omogenea miscelazione delle cisti nel media di incubazione.

Come detto sopra, l’allevamento in acque aventi salinità elevate, comporta un maggiore consumo di energia dell’embrione. Oltre una determinata soglia (che varia da specie a specie, ma attorno ai 90g/l) avverrà un’insufficiente assorbimento di acqua per supportare il metabolismo dell’embrione. Il range ottimale della salinità è generalmente compreso tra i 15 e i 70 g/l.

Sebbene il ruolo fisiologico della luce durante il processo di allevamento non sia stato scoperto in modo esaustivo, le cisti di Artemia, quando idratate e immesse in condizioni aerobiche, necessitano di una minima esposizione alla luce per attivare il processo.

Nel rispetto delle caratteristiche metaboliche delle cisti idratate, si possono elencare delle raccomandazioni per il loro uso. Quando le cisti vengono conservate a lungo (sia decapsulate che non), bisogna prendere delle precauzioni al fine di mantenere i massimi contenuti energetici. La qualità delle cisti è determinata dalle condizioni e tecniche utilizzate per la raccolta, pulizia, asciugatura e conservazione delle cisti stesse. Soprattutto dai processi utilizzati per la disidratazione o disidratazione / idratazione combinata. Per le cisti in diapausa, questi fattori possono interferire con il processo di induzione o terminazione della diapausa, mentre per le cisti dormienti, un’incontrollata disidratazione e idratazione comporta una significante diminuzione della vitalità degli embrioni.

La qualità delle cisti conservate diminuisce se le cisti contengono livelli d’acqua che vanno dal 10 al 35%. Il processo può essere ritardato se vengono conservate a temperature sotto-zero.
L’esatto livello d’acqua interno non è conosciuto (attorno al 5%), sebbene siano stati segnalati cali di vitalità se sottoposte a potente disidratazione (sotto al 1 – 2 %).

Livelli d’acqua dal 30 al 65% attivano le funzioni metaboliche, e potrebbero ridurre i contenuti energetici raggiungendo livelli insufficienti. La perdita di riserve energetiche avviene anche quando le cisti subiscono ripetuti cicli di idratazione/disidratazione. Una lunga conservazione di questo materiale potrebbe comportare un calo della produzione: le cisti esposte per troppo tempo a livelli d’acqua superiori al 65% completano il loro sviluppo embrionale; la successiva disidratazione di queste cisti causerà la morte degli embrioni già sviluppati.

Le cisti correttamente disidratate manterranno la loro vitalità se conservate sotto vuoto o in azoto; la presenza di ossigeno comporta la perdita della cova a causa della formazione dei radicali liberi fortemente negativi. Le cisti, anche se confezionate correttamente, vanno preferibilmente tenute a basse temperature. Tuttavia, se congelate, dovranno essere acclimatate per una settimana a temperatura ambiente prima di essere utilizzate per l’allevamento.

4.2.1.4. Diapausa

Dato che l’Artemia è un’abitante di biotopi caratterizzati da condizioni ambientali instabili, il loro periodo di sopravvivenza a condizioni estreme (essicazione, temperature estreme, alte salinità) è assicurato dalla produzione di embrioni dormienti. Le Artemia femmine possono cambiare facilmente il loro metodo di riproduzione passando dalla produzione di naupli viventi (ovovipari) alla formazione di cisti (ovipari) a seconda delle circostanze. Sebbene il meccanismo su cui si basa questo “cambio” non è completamente stato scoperto, sembra che le improvvise fluttuazioni delle condizioni ambientali portino all’oviparità. Il meccanismo di innesco dello stato di diapausa non è stato ancora scoperto. Di norma, gli embrioni di Artemia rilasciati come cisti sono già in stato di diapausa e non ri-attivano il loro sviluppo se non vengono sottoposti ad alcuni processi ambientali utili alla terminazione della diapausa; a questo stadio, il metabolismo (bloccato) è regolato da un meccanismo interno e non è possibile distinguerlo da un embrione morto. Con l’interruzione della diapausa, le cisti entrano in uno stato di dormienza e le attività metaboliche possono riattivarsi appena ritrovano le condizioni ottimali di cova. Pertanto questa cova sincronizzata produce un attivazione rapida del metabolismo ed un velocissimo sviluppo della popolazione permettendo un’efficace colonizzazione del biotopo.

Gli addetti al settore hanno a disposizione diverse tecniche che possono essere utilizzate per terminare la diapausa, ma va tenuto conto che queste tecniche sono specifiche per ogni specie e/o ceppo di ogni specie, quindi è molto difficile prevedere i risultati della raccolta. Quando si lavora con una nuova specie o relativamente sconosciuta, i relativi metodi vanno testati e trovati empiricamente.

In molti casi la rimozione dell’acqua dalle cisti è un modo efficace per terminare lo stato di diapausa. Ciò può essere effettuato essiccando le cisti a temperature non superiori di 35°C o ponendole in sospensione in una soluzione satura di NaCl a 300g/l (salamoia). La terminazione della diapausa non richiede altre particolari manipolazioni. Tuttavia, con alcune specie di cisti di Artemia la comune tecnica non genera una sufficiente produzione di raccolta, pertanto è indicato utilizzare dei metodi di disattivazione della diapausa più specifici.

Le seguenti procedure sono state migliorate per essere efficaci con certe specifiche specie di cisti d’Artemia:
- congelamento: imita il naturale periodo di ibernazione delle cisti provenienti dai biotopi continentali caratterizzati da inverni con basse temperature (Great Salt Lake, Asia continentale)
- incubazione in soluzione di perossido di idrogeno (H2O2). In molti casi, la sensibilità della specie (o ceppo) a questo prodotto è difficile da prevedere, perciò è necessario effettuare dei test preliminari per ottenere le informazioni necessarie alla formulazione della dose, durata del trattamento e risultato ottenuto. Un sovradosaggio provoca una raccolta minore o anche mortalità totale a causa della tossicità della soluzione. D’altra parte, in alcuni casi non si osservano effetti.

In generale le altre tecniche di terminazione della diapausa danno risultati piuttosto irregolari e non sono “user-friendly”. Tuttavia si deve tenere in considerazione che l’aumento della percentuale di cova dopo ogni procedura potrebbe (anche parzialmente) essere il risultato di un cambio di rateo di schiusa.

4.2.2. PROCEDURE DI STERILIZZAZIONE

Uno dei maggiori problemi incorsi nei primi allevamenti di pesci marini e gamberi era la suscettibilità delle larve alle infezioni microbiche. Si credeva che il cibo vivo fosse un’importante fonte di batteri patogeni che venivano trasferiti attraverso la catena alimentare alle larve predatrici. Il Vibrio sp. costituisce la principale flora batterica presente nelle soluzioni di cova delle cisti di Artemia. Molti Vibrio sono batteri opportunisti che possono causare malattie, mortalità e focolai negli allevamenti larvali, specialmente quando i pesci sono stressati o non mantenuti in condizioni ottimali. Come mostrato nella figura 4.2.5. i gusci delle cisti di Artemia possono essere attaccati da batteri, funghi e impurità organiche contaminate: la contaminazione batterica nel liquido di allevamento può raggiungere numeri superiori a 10^7CFU/ml (CFU=unità presenti nella colonia). Con alte densità di cisti mantenute ad alte temperatura durante la cova, lo sviluppo batterico può essere considerevole tanto da rendere torbido il media di coltura, causando un calo di redditività dell’allevamento. Pertanto, se non si usano cisti disinfettate acquistate sul mercato, si raccomanda di effettuare procedure di sterilizzazione utilizzando ipoclorito. Questo trattamento, tuttavia, potrebbe non uccidere tutti i germi presenti sugli strati alveolari e corticali del guscio esterno. La completa sterilizzazione può essere effettuata attraverso la decapsulazione delle cisti, descritta nel capitolo seguente.

4.2.3. Decapsulazione

Il duro guscio che protegge l’embrione dormiente di Artemia può essere completamente rimosso effettuando un breve bagno in una soluzione di ipoclorito. Questa procedura è chiamata decapsulazione.
Le cisti decapsulate offrono numerosi vantaggi rispetto a quelle non decapsulate:
- I gusci delle cisti non vengono introdotti nelle vasche di coltura. Quando si raccolgono le cisti normalmente, la completa separazione dei naupli dal loro guscio non è sempre possibile. Le cisti non schiuse e i gusci vuoti potrebbero causare effetti deleteri se introdotti nelle vasche larvali ed ingeriti dai predatori: non possono essere digeriti e possono ostruire le budella.
- I naupli allevati da cisti decapsulate hanno un maggior contenuto energetico e peso individuale (30-55%) rispetto ai normali naupli instar I perché non hanno consumato energie per rompere il guscio. In alcuni casi in cui le cisti hanno un basso contenuto energetico, la raccolta può essere migliorata effettuando la decapsulazione.
- La decapsulazione effettua la sterilizzazione delle cisti.
- Le cisti decapsulate possono essere usate come una diretta fonte di energia per pesci e gamberi.
- Per le cisti decapsulate, occorre una minore quantità di illuminazione.

La procedura di decapsulazione si effettua con: l’idratazione delle cisti (la rimozione completa del guscio può essere effettuata solo quando lo cisti sono sferiche), la rimozione del guscio marrone con la soluzione di ipoclorito e lavando via il rimanente ipoclorito. Queste cisti decapsulate si posso utilizzare per produrre direttamente naupli o per essere disidratate in salamoia e quindi conservate o utilizzate direttamente come cibo. Possono essere conservate per qualche giorno in frigorifero (0-4°C) senza intaccarne la qualità. Se si necessità la conservazione per periodi prolungati (settimane o alcuni mesi), le cisti decapsulate vanno trasferite in una soluzione salamoia satura. Durante una notte di disidratazione (con aeratore per mantenere una sospensione omogenea) le cisti rilasciano oltre l’80% della loro acqua cellulare e dopo l’interruzione dell’aerazione, si ottengono delle cisti decapsulate a forma di chicco di caffè. Dopo averle raccolte con un filtro a maglia vanno conservate e raffreddate in salamoia fresca. Inoltre visto che la loro schiusa può essere persa se esposte a luce UV, si consiglia di proteggerla dalla luce solare diretta.

4.2.4. Uso diretto delle cisti decapsulate

L’uso diretto in larvi-coltura delle cisti d’Artemia in forma decapsulata è molto limitato rispetto all’uso dei naupli. Tuttavia, le cisti decapsulate ed essiccate sono un ottimo cibo per gli allevamenti larvali di varie specie di pesci d’acqua dolce e gamberi marini. L’uso di cisti decapsulate negli allevamenti larvali presenta alcuni distinti vantaggi, sia da un punto di vista pratico che nutrizionale.

La produzione quotidiana di naupli richiede una mano d’opera intensiva ed operazioni aggiuntive. Inoltre le cisti di artemia di alta qualità sono spesso molto costose, quindi la decapsulazione di cisti non allevate significa valorizzare un prodotto altrimenti inferiore. Le cisti hanno l’apparenza e vantaggi pratici di un cibo secco e, a differenza dei naupli d’Artemia (470-550 μm), le loro piccole dimensioni (200 - 250 μm) le rendono più adatte ad alimentare i piccoli predatori. Se sono state essiccate prima del loro utilizzo, hanno una forte galleggiabilità ed affondano lentamente nelle vasche di coltura. La perdita di componenti nutrizionali non avviene perché la membrana cuticolare esterna serve proprio come barriera molecolare.

D’altra parte, il possibile svantaggio delle cisti decapsulate consiste nella loro immobilità, e conseguentemente nella scarsa attrattività visuale verso il predatore. Inoltre, le cisti disidratate in salamoia affondano rapidamente sul fondo, riducendo la possibilità di essere predate dalle larve nella colonna d’acqua. Un’extra aerazione o essicazione è pertanto necessaria per mantenerle meglio in sospensione. Tuttavia, al contrario, le larve penidi più anziane sono principalmente dei mangiatori di fondo e grazie a loro non si riscontrano problemi.

Dal punto di vista nutrizionale, la principale composizione chimica delle cisti decapsulate è comparabile ai naupli appena raccolti. Inoltre il loro peso a secco e contenuto energetico è superiore del 30-40% rispetto ai naupli instar I.

Esistono delle differenze in specifici nutrienti/componenti che possono determinare la loro qualità nutrizionale
- acidi grassi: lo spettro di acidi grassi delle cisti e dei naupli è pressoché identico, nonostante si possano trovare differenze nei livelli dei lipidi, dei FAME, della composizione di acidi grassi e contenuti energetici di diverse specie.
- Amminoacidi liberi: il rapporto degli amminoacidi liberi (FAA) con i contenuti proteici è generalmente alto per i naupli instar I rispetto alle cisti, sebbene possano esistere variazioni da specie a specie. Questo può comportare delle conseguenze dietetiche visto che le larve dei pesci marini necessitano di un alto contenuto di amminoacidi liberi come fonte di energia durante i primi giorni dopo la schiusa.
- vitamina C (acido ascorbico): è considerata un nutriente essenziale per la larvi-coltura. è stato trovato acido ascorbico 2-fosfato (AAS) nelle cisti di Artemia in una forma molto stabile ma con una bassa bio-disponibilità. Durante il processo di cova l’AAS viene idrolizzato in acido ascorbico libero, in una forma meno stabile, ma direttamente disponibile nei naupli dai predatori. La decapsulazione delle cisti non porta all’idrolisi dell’acido ascorbico. Il riassorbimento e l’attività biologica del AAS nei tessuti dei predatori è ancora soggetto di ricerche, e sebbene molti pesci d’acqua dolce siano cresciuti con successo utilizzando cisti decapsulate nella fase larvale, qualcuno può sostenere che nutrendo per un tempo prolungato le larve dei pesci con cisti decapsulate si possa arrivare ad una deficienza di vitamina C, se i predatori perdono l’enzima sulfatase necessario a rompere l’AAS.
- Carotenoidi: i carotenoidi, e più specificamente i livelli di cantaxantina, mostrano differenze qualitative tra cisti e naupli. Nelle cisti si trovano in una configurazione inusuale, mentre nello sviluppo in naupli viene convertita in una forma più stabile di trans-cantaxantina.

4.2.5. Allevamento
4.2.5.1. Condizioni di allevamento e tecnica necessaria

Sebbene l’allevamento di piccole quantità di Artemia sia molto semplice, vanno comunque considerati diversi parametri per raggiungere risultati soddisfacenti:

- aerazione
- temperatura
- salinità
- pH
- densità di cisti
- illuminazione

Per le operazioni di routine, è consigliato lavorare in condizioni standardizzate (riscaldatori con termostati o stanze climatizzate per assicurare temperature costanti, densità di cisti fisse) per permettere la massima produzione di naupli instar I, seguita da un tempo di incubazione fisso.

I migliori risultati sono stati ottenuti utilizzando contenitori aventi fondi conici, aerati dal fondo. Le vasche con fondo quadrato o cilindrico hanno del punti morti in cui le cisti e i naupli si possono accumulare e soffrire di deplezione di ossigeno. I contenitori trasparenti o traslucidi facilitano l’ispezione della materia in sospensione, soprattutto durante la raccolta.

A causa di specifiche caratteristiche, l’interazione dei vari parametri di allevamento potrebbero dare risultati differenti da specie a specie. L’intensità dell’aerazione deve essere sufficiente per mantenere livelli di ossigeno superiori ai 2mg/l, preferibilmente 5 mg/l. Il rapporto ottimale di aerazione dipende dalle dimensioni della vasca e dalla densità di cisti in incubazione. Un’eccessiva formazione di schiuma può essere evitata effettuando la sterilizzazione delle cisti prima di essere incubate in aggiunta al dosaggio di qualche goccia di agente anti-schiuma atossico (a base siliconica).

La temperatura dell’acqua va tenuta preferibilmente tra i 25 e i 28°C. Sotto i 25°C le cisti schiudono molto più lentamente, invece sopra i 33°C il metabolismo si stoppa irreversibilmente. Tuttavia gli effetti delle alte temperature cambiano da specie a specie.

Gli effetti della salinità del liquido di incubazione dipendono dai livelli di idratazione delle cisti. Sopra una determinata soglia, viene assorbita una quantità d’acqua insufficiente; questa soglia può variare ma è approssimativamente attorno ai 85-90 ml/l. Inoltre la salinità interferisce con la quantità di glicerolo necessario ad affrontare la pressione osmotica all’interno della membrana cuticolare esterna delle cisti. Pertanto si registrano tempi più veloci di schiusa a livelli di salinità più bassi, poiché ci vorrà meno tempo per raggiungere il punto di rottura. I livelli ottimali di salinità sono in un range di 5-35 g/l. Per ragioni di convenienza pratica, si usa comunemente acqua di mare naturale. Tuttavia, con salinità di 5g/l, i naupli nascono più velocemente, per via del minor glicerolo da formare. Per alcuni ceppi di cisti, l’allevamento in acqua con bassa salinità ha dato risultati di maggiore efficienza e naupli con un più alto contenuto energetico.

Il pH deve rimanere sopra l’8 durante i processi di schiusa, al fine di assicurare le funzioni ottimali degli enzimi di cova. Se necessario, si può aumentare la capacità tampone dell’acqua aggiungendo 1g/l di NaHCO3. L’aumento della forza tampone diventa essenziale per l’allevamento di alte densità di cisti (= alta produzione di CO2).

La densità delle cisti può anche interferire con altri fattori abiotici essenziali all’allevamento come il pH, l’ossigeno e l’illuminazione. La densità può arrivare fino a 5g/l per le vasche piccole (< 20 l) ma va ridotto ad un massimo di 2g/l per quelle più grandi, al fine di minimizzare le lesioni meccaniche tra naupli ed evitare condizioni d’acqua troppo inquinate.

E’ essenziale garantire una forte illuminazione (circa 2000 lux sulla superficie) almeno durante le prime ore successive alla completa idratazione, al fine di stimolare ed attivare lo sviluppo embrionale. Sebbene questo livello di illuminazione sarebbe facilmente ottenibile mantenendo le vasche trasparenti all’aperto, è consigliabile tenere le vasche al chiuso e dotarle di illuminazione artificiale proprio per garantire un fotoperiodo costante e standardizzato per tutto il processo di allevamento.

4.2.5.2. Qualità della schiusa e valutazioni

Una produzione accettabile di cisti deve contenere una minima quantità di impurità, come sabbia, gusci rotti, cristalli di sale, ecc. La sincronizzazione della schiusa deve essere esatta: quando le cisti sono incubate in acqua avente salinità di 33 g/l a 25°C, i primi naupli appaiono dopo 12-16 ore e gli ultimi devono schiudere entro le 8 ore successive. Quando la sincronia non è perfetta e i tempi troppo dilatati, i primi naupli avranno consumato troppe energie nel tempo necessario all’attesa delle ultime schiuse. Inoltre, se l’incubazione dura più di 24 ore, l’allevatore non potrà riallestire le vasche per la schiusa del giorno successivo, gravando sui costi e la redditività dell’impresa. L’efficienza dell’allevamento (il numero di naupli raccolti per grammo di cisti) e la percentuale di schiusa (la percentuale totale di cisti effettivamente schiuse) può variare sensibilmente per ogni lotto di cisti e questo determina le differenze di prezzo.

Per valutare la qualità dell’allevamento si usando i seguenti criteri:

- percentuale di schiusa: numero di naupli che si possono produrre con condizioni standard di allevamento partendo da 100 cisti: questo criterio non tiene conto delle impurità (gusci rotti, sabbia, sale) e si riferisce solo alla capacità di schiusa delle cisti intere, che a sua volta dipende da:
a. grado di terminazione di diapausa; le cisti che sono ancora in diapausa non schiudono, anche se sottoposte a condizioni favorevoli;
b. contenuto energetico delle cisti: potrebbe essere troppo basso per permettere loro di formare livelli sufficienti di glicerolo utili a rompere il guscio e schiudere.
c. quantità di embrioni morti/non-vitali/aborti, causati da procedure errate di allevamento e/o conservazione cisti

- efficienza di allevamento: numero di naupli che si possono produrre da 1 g di cisti a secco: questo criterio riflette:
a. la percentuale di schiusa
b. la presenza di altri componenti oltre alle cisti
c. il peso unitario delle cisti

Poiché questo criterio può fare riferimento ad un prodotto commerciale finito, ha molte implicazioni pratiche, in quanto il prezzo del prodotto può essere direttamente collegato al suo risultato.

- rapporto di schiusa: questo criterio si riferisce al periodo di tempo necessario all’allevamento completo, dall’incubazione al rilascio di naupli e considera gli intervalli di tempo (tempo di incubazione fino alla prima schiusa, tempo di incubazione fino alla schiusa del 10% dei naupli totali, ecc.)

I dati del rapporto di schiusa permettono il calcolo dei tempi di incubazioni ottimali con l’obbiettivo di ottenere naupli con il più alto contenuto energetico possibile. E’ molto importante che la raccolta avvenga entro le 24h per permettere di riallestire quotidianamente le vasche di cova.

- sincronia di schiusa: tempo trascorso per la schiusa della maggior parte dei naupli. Una buona sincronia di schiusa permette numeri massimi di produzione di naupli in un breve periodo di tempo.

- rendimento della schiusa: peso a secco della biomassa di naupli che si può produrre da un 1 grammo di cisti a secco sottoposte a condizioni standard di cova; i migliori risultati ottenuti sono di 600mg di naupli / g di cisti. Il calcolo si effettua: efficienza di allevamento x peso individuale a secco dei naupli instar I

L’efficienza di allevamento tiene conto solo del numero di naupli prodotti ma non la loro taglia; invece il criterio della redditività di schiusa è relativo alla quantità totali di cibo disponibile ai predatori per grammo di cisti prodotte.

4.2.7. Procedure

4.2.1. Procedura per stimare il contenuto d’acqua nelle cisti d’Artemia

- prendi tre piccoli contenitori di alluminio: T1, T2, T3
- riempi ogni contenitore con un campione di cisti di circa 500 mg.
- determina il peso (con precisione di 0,1 mg): G1, G2, G3.
- riponi i contenitori riempiti di cisti aventi temperatura di 24° in un forno a 60°.
- determina il peso a secco (con precisione di 0,1 mg): G1’, G2’, G3’.
- calcola la percentuale di acqua Wi di ogni campione
Wi= (Gi – Gi’) x (Gi – Ti)^-1 x 100

4.2.2. Tecniche di termine-diapausa


- congelamento o conservazione al fresco:
o i migliori risultati si ottengono utilizzando cisti disidratate (incubate in salamoia)
o la durata e la temperatura della conservazione dipende dalla specie e anche dal ceppo; in molti casi il minimo è un’incubazione di 4-6 settimane a -20°C. L’incubazione in frigorifero (+4°C) produce risultati scarsi, anche dopo periodi prolungati (mesi).
o dopo l’ibernazione, le cisti devono essere acclimatate a temperatura ambiente per almeno una settimana prima di essere essiccate o allevate.

- trattamenti con perossido di idrogeno (H2O2)
Precauzioni:
o solitamente l’effetto è molto potente se applicato a cisti completamente idratate. L’esposizione di cisti che sono state incubate già da molto tempo ha effetti tossici.
o il perossido di idrogeno puro si dissocia istantaneamente in ossigeno e acqua, specialmente ad alte temperature se agitato; si può usare solo se raffreddato o stabilizzato.
o solitamente si registrano effetti positivi incubando le cisti idratate in una soluzione al 5% per 5 minuti; se l’effetto è insoddisfacente, la dose va modificata (aumentata o diminuita) alterando la concentrazione e/o il tempo di incubazione; i range solitamente usati sono: soluzioni dal 1 al 10% e incubazioni da 1 a 30 minuti.

Procedura:
o idratare le cisti in acqua del rubinetto o di mare per 1-2 ore a temperatura ambiente (nel cono di schiusa) ed usare l’aeratore;
o preparare la soluzione di perossido (5%) in acqua del rubinetto, utilizzando un prodotto concentrato fresco o stabilizzato ad una concentrazione nota:
o tenere in sospensione le cisti idratate nella soluzione di perossido con una densità massima di 20g di cisti per litro; usare un contenitore cilindro-conico con aerazione dal fondo per assicurare una sospensione omogenea; lasciare le cisti in soluzione per un tempo prefissato di tempo (5 minuti);
o passato il tempo di soluzione, raccogliere le cisti con un filtro a maglia di 125 μm e risciacquarle con acqua del rubinetto per rimuovere le tracce di perossido;
o incubare le cisti per la schiusa; in caso si volesse usare lo stesso contenitore del perossido, risciacquare abbondantemente.

4.2.3. Sterilizzazione delle cisti di Artemia con candeggina

- preparare 200 ppm di soluzione ipoclorito; 20 ml candeggina / 10 litri
- immergere le cisti per 30 min ad una densità di 50g di cisti/litro
- lavare le cisti con acqua del rubinetto su un filtro a maglia da 125 μm;
- le cisti sono pronte per l’incubazione.

4.2.4. Procedure per la decapsulazione delle cisti di Artemia


FASE DI IDRATAZIONE
- idratare le cisti ponendole per 1 ora in acqua (densità di cisti <100g/l), con aerazione, a 25°C.

FASE DI DECAPSULAZIONE
- raccogliere le cisti con un filtro a maglia da 125 μm, sciacquare e trasferirle in una soluzione di ipoclorito.
- la soluzione di ipoclorito può essere preparata (in anticipo) sia con candeggina liquida (fresca, 11#13%) o con candeggina in polvere (70%) nelle seguenti proporzioni;
o 0,5g di prodotto ipoclorito attivo per grammo di cisti;
o un prodotto alcalino per mantenere il pH>10, per ogni grammo di cisti dosare:
* 0,15 g di NaOH se si usa candeggina liquida;
* 0,67 g di NaCO3 o 0,4g di CaO se si usa candeggina in polvere; sciogliere la candeggina in polvere prima di aggiungere il prodotto alcalino.
* acqua di mare per completare la soluzione finale fino a 14 ml per grammo di cisti.

- raffreddare la soluzione a 15-20°C (posizionando il contenitore della decapsulazione in una vasca riempita di acqua ghiacciata). Aggiungere le cisti idratate e mantenerle in sospensione con aerazione per 5-15 minuti. Controllare la temperatura ad intervalli regolari, fino a quando la reazione sarà esotermica; non superare mai i 40° (se necessario aggiungere del ghiaccio alla soluzione di decapsulazione). Controllare l’evoluzione del processo di decapsulazione con il microscopio.

FASE DI LAVAGGIO
- Quando le cisti diventano grigie (con candeggina in polvere) o arancioni (con candeggina liquida) o l’osservazione al microscopio mostra la quasi completa dissoluzione del guscio (dopo 3-15 minuti), le cisti devono essere rimosse dalla soluzione, sciacquate con acqua su un filtro a maglia da 125 μm finché si smette di avvertire l’odore di cloro. E’ importantissimo non lasciare gli embrioni nella soluzione di decapsulazione più del tempo strettamente necessario, poiché potrebbe danneggiarli.

FASE DI DISATTIVAZIONE
- disattivare tutte le tracce di ipoclorito immergendo le cisti (meno di 1 minuto) sia in 0,1 N HCI o in una soluzione di Na2S2O3 allo 0,1%. Poi sciacquare nuovamente con acqua. La presenza di residui di ipoclorito può essere testata buttando alcune cisti decapsulate in un indicatore di amido-iodio. Se il reagente diventa blu, occorre lavare e disattivare un altra volta le cisti.

USO
- incubare le cisti per la schiusa, oppure conservarle in frigorifero (0-4°C) per alcuni giorni prima di allevarle. Per lunghe conservazioni, le cisti devono essere disidratate in salamoia (1 g di cisti per 10ml di salamoia a 300g di NaCl/l). La salamoia va cambiata dopo 24h.



4.2.6. COVA ARTEMIA

- usare contenitori cilindro-conici trasparenti o traslucidi;
- fornire aerazione attraverso un foro alla base del cono sul fondo del contenitore; l’ossigeno va mantenuto oltre i 2g/l; usare una forte aerazione;
- usare acqua di mare naturale (33g/l) pre-riscaldata e filtrata (filtro a sacchetto)
- mantenere un range di temperatura di 25-28°C;
- il pH deve essere di 8-8,5; se necessario dosare bicarbonato di sodio o carbonati (fino a 2g/l);
- fornire un’illuminazione minima di 2000 lux sulla superficie dell’acqua (tubi al neon vicini alla superficie dell’acqua);
- sterilizzare le cisti prima di procedere all’incubazione;
- incubare le cisti ad una densità di 2g/l; per vasche di piccole dimensioni (<20l) si può arrivare fino ad una densità di 5g/l;
- incubare per un determinato lasso di tempo (20 ore);
- raccolta.

4.3. Uso dei naupli e meta-naupli

4.3.1. Raccolta e distribuzione


Dopo la raccolta dei naupli e prima di usarli come cibo vivo, devono essere separati dagli scarti della schiusa (gusci vuoti di cisti, cisti non schiuse, microrganismi e metaboliti di cova). Dopo 5-10 minuti dallo spegnimento dell’aeratore, i gusci di cisti galleggeranno e potranno essere rimossi dalla superficie, mentre i naupli e le cisti non schiuse si depositeranno sul fondo.

Dato che i naupli sono foto-tattici, la loro concentrazione può essere aumentata oscurando la parte superiore della vasca con un coperchio e puntando una fonte luminosa sulla parte conica del fondo. I naupli non potranno rimanere sul fondo per molto tempo visto che rischiano di morire a causa della mancanza di ossigeno (max 5-10 minuti). Prima di tutto le cisti non schiuse e altri depositi che si troveranno sotto i naupli dovranno essere sifonati. Poi si procederà alla raccolta dei naupli utilizzando un filtro a maglia (< 150 μm) che andrà mantenuto in immersione per evitare danni fisici ai naupli. In seguito dovranno essere risciacquati con acqua per eliminare possibili tracce di contaminanti e metaboliti come il glicerolo. L’istallazione di sistemi automatici (fig. 4.3.2.) semplificherà le operazioni diminuendo la mano d’opera.

Dato che il cibo vivo è sospetto di essere una fonte di infezioni batteriche che possono causare malattie negli allevamenti di larve, bisogna controllare le eventuali contaminazioni microbiche. Durante la cova delle cisti, il numero di batteri aumenta da 10^3 a 10^5 rispetto al momento della rottura delle cisti. La popolazione batterica rimane ben stabile e non può essere rimossa dai naupli attraverso i risciacqui con acqua (salata e non): il risciacquo ha solamente un effetto diluente sull’acqua. Pertanto l’allevamento di cisti precedentemente sterilizzate, riduce sensibilmente il numero di batteri.

Visto che i naupli instar I si nutrono delle loro riserve di energia, devono essere raccolti e dati in pasto ai predatori al più presto possibile in quanto avranno un maggior contenuto energetico. Per molto tempo gli allevatori avevano sorvolato il fatto che i naupli nel loro primo stadio di sviluppo non possono assorbire cibo e quindi consumano le loro riserve energetiche. Ad alte temperature di incubazione delle cisti, i naupli appena schiusi mutano al secondo stadio larvale in qualche ora. E’ molto importante dare in pasto ai predatori i naupli in stadio instar I prima che mutino allo stadio instar II di meta-nauplio quando avranno quindi già consumato il 25#30% delle loro riserve (entro 24h dalla schiusa). Inoltre le artemie instar II sono meno visibili in quanto essendo trasparenti, più grandi e più veloci nel nuoto diventano più difficili da catturare, fanno sprecare energia alle larve e anche se ingeriti, contengono meno amminoacidi (rispetto al primo stadio).

4.3.2. Conservazione al fresco

La mutazione dei naupli di artemia al secondo stadio può essere bloccata, portandoli a temperature minori di 10°C in densità di 8 milioni per litro. Può bastare una leggera aerazione utile solamente ad evitare l’accumulo dei naupli sul fondo dove potrebbero soffocare. In questo modo possono essere conservati per oltre 24 ore senza mortalità significanti e con una riduzione di energia minore del 5%.

4.3.3. Qualità nutrizionali


L’efficacia nutrizionale di questi organismi è determinata dall’ingeribilità e di conseguenza dalla taglia e dalla forma. La taglia dei naupli può variare a seconda delle origini geografiche ma non è quasi mai critica per le larve di crostacei, che possono predare utilizzando le loro appendici. Mentre le larve dei pesci hanno bocche molto piccole e devono riuscire ad inghiottire la loro preda con un morso, quindi è molto importante che le dimensioni del nauplio siano molto ridotte.

4.3.4. Arricchimento con nutrienti.

Un’importante fattore che determina i valori nutrizionali dell’Artemia per l’utilizzo come cibo vivo per le larve di organismi marini, è il contenuto di acidi grassi essenziali EFA, EPA e DHA. A differenza delle specie di acqua dolce, molti organismi marini non riescono a bio-sintetizzare gli EFA. Pertanto si è trovato che si può migliorare la scarsa quantità di acidi grassi, utilizzando un arricchimento di acidi grassi insaturi (HUFA). E ciò è molto semplice visto che l’Artemia possiede caratteristiche di alimentazione primitive, infatti quando muta nel secondo stadio larvale diventa un filtratore non-selettivo e a quel punto sarà molto semplice incorporare i nutrienti desiderati e manipolare la loro composizione bio-chimica. Questo metodo di bio-incapsulazione viene usato in tutti gli allevamenti di pesci e crostacei di tutto il mondo.

Ricercatori inglesi, giapponesi, francesi e belgi hanno sviluppato altri prodotti di arricchimento: alghe unicellulari, lieviti o preparati emulsionati, composti dietetici, prodotti micro-particolati o concentrati... Indifferentemente dal tipo di arricchitore usato, le tecniche possono variare in relazione alle condizioni di allevamento, il tempo trascorso prima dell’arricchimento, periodo di arricchimento e la temperatura.
Tuttavia i livelli di arricchimento maggiori sono stati raggiunti usando concentrati emulsionati.

Il Selco è un prodotto che contiene oli marini, vitamine e carotenoidi. Diluendolo in acqua, si disperde perfettamente nel media di allevamento, formando dei microglobuli stabili che vengono subito ingeriti dall’artemia.
I naupli appena schiusi, per essere arricchiti, devono essere trasferiti nella vasca di arricchimento ad una densità di 100#300 naupli/ml (e mantenuti per un massimo di 24h); il liquido usato per l’arricchimento consiste in acqua marina disinfettata e mantenuta a 25°. L’emulsione di Selco viene solitamente introdotta in dosi consecutive di 300 mg/l ogni 12 ore. Serve inoltre una potente aerazione per mantenere il livello di ossigeno dissolto oltre i 4 mg/l.
I naupli arricchiti vengono quindi raccolti dopo 24 h (a volte anche dopo 48), filtrati e poi utilizzati come cibo vivo o conservati a temperature < 10°C.
Utilizzando questa tecnica si ottiene un arricchimento molto efficace di EFA raggiungendo livelli superiori rispetto ai valori naturali. Questo arricchimento non è solo il risultato dell’ottima composizione del prodotto, ma dipende anche dal rispetto delle procedure ottimali.

Oltre agli acidi grassi essenziali, si possono incorporare nell’artemia anche altri nutrienti come vitamine e pigmenti. Vitamine solubili (A ed E) vengono incorporate con periodi di arricchimento di sole 9 ore.

4.3.5. Arricchimento per il controllo delle malattie

L’incidenza di malattie microbiche è drammaticamente aumentato con l’intensificarsi della produzione larvale in acquacoltura.
Per trattare le infezioni microbiche delle larve di pesci e gamberi si è spesso dosato delle massicce dosi di antibiotici ad ampio spettro nell’acqua di coltura. Il maggior svantaggio di questo metodo è dato dall’alto costo dei medicinali e dalla relativa dispersione di antibiotici nell’ambiente che può comportare un rischio per la salute degli animali e degli uomini. Pertanto un trattamento diretto dell’alimentazione usando piccole quantità di medicinale è più efficace e sicuro per l’ambiente. Gli antibiotici comunemente utilizzati sono il trimetoprim e sulfamethoxazole.


4.3.8. Procedure

4.3.8.1 Arricchimento Standard

- sterilizzazione dell’acqua
• dosare 1mg/l di NaOCl (candeggina o ipoclorito di sodio)
• incubare 1 ora
• aerare molto durante la notte
• dosare 0,5g/l di bicarbonato di sodio

- sterilizzazione delle cisti
• tubo cilindro-conico
• 4g di cisti per ogni litro di acqua del rubinetto
• incubare 20 minuti con NaOCl ad una densità di 200mg/l
• raccogliere e sciacquare bene

- allevamento
• 2 tubi cilindrici
• aggiungere una parte di cisti e due di acqua salata disinfettata
• 24 ore, 28°C, luce, aerazione
• separazione se necessaria in una vasca riempita di acqua del rubinetto
• creare una sospensione di naupli ad una densità di 300 u/ml circa. contare accuratamente e determinare la fase instar I/II

- arricchimento
• raccogliere un volume contenente 200'000 naupli
• sciacquare i naupli su un colino con acqua salata filtrata
• stoccare in un cono dotato di aerazione dal fondo contenente un litro di acqua e una densità di naupli di 200 u/ml
• contare la densità iniziale
• aggiungere 2 dosi da 0,2 g di emulsione durante le prossime 24 ore (seconda dose dopo 10#12 ore)
• 24 h a 28°C, monitorare il livello di ossigeno regolarmente!

- raccolta
• contare i sopravvissuti
• rimuovere l’aerazione
• concentrare i naupli con una fonte luminosa
• sifonare i naupli
• sciacquarli bene con acqua del rubinetto
• asciugarli su panno di carta
• disporli in ampolle e congelarli.


- tempistiche
• 1° giorno: filtrare – sterilizzazione dell’acqua 1 h – aerazione
• 2° giorno: 9:00 iniziare la sterilizzazione delle cisti
9:30 iniziare l’allevamento
• 3° giorno: 9:30 raccogliere ed iniziare l’arricchimento
18:00 dosare la seconda dose di arricchimento
• 4° giorno: 9:30 raccolta
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Ultima modifica di ALGRANATI; 22-06-2011 alle ore 07:29.
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Vecchio 21-06-2011, 22:25   #3
ALGRANATI
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ti rivoglio bene.......te lo avevo già detto????
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Vecchio 22-06-2011, 00:04   #4
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Vecchio 22-06-2011, 00:50   #5
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ao mo non pomiciate in publico ..... cmq tanti
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Un buon acquariofilo dovrebbe avere 10 occhi e 2 dita invece purtroppo è il contrario e quindi crea 5 volte piu danni mettendo le mani in vasca di quelli che vede .....
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Vecchio 22-06-2011, 07:29   #6
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metto in evidenza a far compagnia agli altri
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Vecchio 22-06-2011, 10:48   #7
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ottimo lavoro
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Vecchio 01-09-2011, 11:56   #8
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Congratulazioni

Davvero complimenti per il lavoro dettagliato.

Sai mi è venuta voglia anche a me di allevare l'artemia nonostante ho un piccolo acquario d'acqua dolce con guppy.
Però appena iniziato ho avuto un problema e volevo parlarne con voi più esperti..

Ho acquistato le cisti della sera Artemia mix; Ho seguito le istruzioni sia vostre che sull'etichetta e dopo 2 giorni si sono schiusi un sacco di naupli . Ero contentissimo!!! dopo ho trasferito solo i naupli senza uova in un contenitore di 20 litri con acqua e sale a 33gr/l e sempre con l'aereatore acceso. Ho dato da mangiare un piccolissimo pezzo di lievito fresco e tutto procedeva bene. Al sesto giorno dalla schiusa sono morti tutti gli animaletti!

Perchè? ora ci sto riprovando ma la procedura non cambia dalla prima volta quindi ..starò sbagliando di nuovo?
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Vecchio 01-09-2011, 13:00   #9
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se non hai avuto prob di Nh3 probabile che siano marti di fame ....
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