Signori, il gran bollito misto piemontese, praticamente un culto culinario della cucina locale esportato anche al di fuori dei confini regionali, ha come patria indiscussa la città di Moncalvo con Carrù.
Per completezza d’informazione l’antica tradizione locale lo vuole composto da ben sette tagli di polpa (tenerone, scaramella, muscolo di coscia, stinco, spalla, fiocco di punta, sottopaletta), sette ornamenti (lingua, testina con musetto, coda di vitello, zampino di maiale, gallina, cotechino, tasca ripiena) e sette classici bagnetti (bagnèt ross, cren, saosa d’avie, mostarda, duj bagnèt vert e la cognà). Inoltre, la secolare tradizione, a metà pasto richiederebbe ancora un piccolo rito, ma non mi dilungo oltre.
Di tutt’altro taglio il Fritto Misto, piatto unico, sontuoso e sostanzioso della tradizione contadina, definito “il più barocco dei piatti piemontesi”. Un piatto dalla preparazione impegnativa, considerato importante, che si preparava per i grandi pranzi, grandi ricorrenze, dove si rimaneva a tavola per delle ore per consumare tutte le portate. Ormai sono molto rare le osterie che lo servono con tutti i crismi dovuti della tradizione.
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