La verità, come sempre, sta nel mezzo.
Occorre prima fare una premessa. La maggior parte delle specie vegetali oggi coltivate negli acquari sono in realtà specie che in natura crescono emerse o semiemerse. E, in acqua (a differenza dell’aria), l’elemento fondamentale che scarseggia sempre è la CO2 (e molte piante, con la semiemersione, riescono a sequestrare molta CO2 proprio con le foglie emerse, per poi distribuire tale elemento a tutti i tessuti). E, guarda caso, la concentrazione di CO2 risulta molto maggiore in acque tenere ed acide piuttosto che in acque dure e alcaline. Ecco perché si consiglia sempre di tenere il pH dell’acqua sotto la neutralità. Per favorire l’assimilazione di carbonio. Ma se utilizziamo per i nostri acquari VERE piante acquatiche, ecco che l’approvvigionamento di CO2 risulta essere efficiente anche in acque alcaline, anche perché molte di queste specie acquatiche utilizzano gli ioni carbonato e bicarbonato per estrarre il carbonio di cui tanto hanno bisogno. Ovviamente c’è poi un discorso di provenienza e originarie condizioni ambientali di crescita. Una felce del genere Microsorum è abituata ad acque correnti e piovane molto tenere ed acide, mentre una Vallisneria stenterà parecchio a crescere nelle medesime condizioni. Quindi un optimum generale non esiste.
Riguardo poi all’assimilazione di micro e macro elementi, c’è da ricordare che se è vero che per la maggior parte di essi l’assorbimento avviene in maniera ottimale in ambiente subacido, è vero anche che la piante (soprattutto quelle “false” acquatiche) preferiscono di gran lunga l’assorbimento radicale a quello fogliare (eccezioni a parte, che riguardano comunque le epifite e le VERE acquatiche) e che nel substrato le condizioni sono quasi sempre subacide (o comunque dovremmo cercare di averle tali).
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