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Rischio estinzione squali
-05 Ciao a tutti ragazzi....
vi egnalo il ink relativo all'articolo compardo oggi sulla stampa..... Certo che è proprio deprimente.... http://www.lastampa.it/lazampa/girata.asp 21/5/2009 - LA STORIA Gli sterminatori di squali Nel Mediterraneo pescicani verso l'estinzione: battaglia in Europa per salvarli FABIO POZZO ROMA Altro che pangasio, il pesce insapore vietnamita che ha invaso le nostre mense. L’Italia è uno tra i Paesi che consuma più carne di squalo (e affini) del mondo. Magari inconsapevolmente: sui banchi dei mercati ittici si chiamano spinarolo, palombo, smeriglio, gattuccio, verdesca e chi li acquista non pensa che siano parenti del «mostro» di Spielberg. E ci piacciono così tanto che nel Mediterraneo li abbiamo praticamente sterminati. Così dobbiamo importarne a tonnellate, conquistando il primato in Europa. Il rovescio della medaglia è che su oltre una settantina di specie di squali e razze («cugine» dei primi) presenti nel Mare Nostrum, il 40% risulta in pericolo di estinzione, secondo l’Unione internazionale per la conservazione della natura. Solo nel 2008, gli scienziati hanno rilevato un declino nella popolazione di alcune «famiglie» che sfiora il 99%. Colpa della pesca intensiva e sregolata, diretta e indiretta (il peggior nemico delle razze è la rete a strascico; il mako è decimato per errore dalle maglie destinate ai tonni e agli spada) e naturalmente anche dell’ambiente degradato, dell’inquinamento. «L’Adriatico era luogo di riproduzione per verdesche e squali volpe. Oggi non ce ne sono più» dice Eleonora de Sabata, giornalista e fotografa di mare, «pasionaria» di Shark Alliance, coalizione che riunisce settanta associazioni protezionistiche, scientifiche e subacquee. Il problema è di difficile risoluzione. La pesca e la commercializzazione degli squali e razze non è vietata, nel mondo intero, salvo nel caso dello squalo bianco, elefante e della manta. «Sono specie protette dalla Convenzione internazionale di Barcellona. Certo, poi bisognerebbe anche controllarne l’effettiva applicazione» spiega de Sabata. Esistono anche quote di pesca, ma terrebbero conto solo della realtà dei pescatori, e non della situazione biologica. Bruxelles, però, nonostante tutto, sugli squali ha compiuto di recente un passo avanti. Sotto le pressioni degli «amici degli squali» ha approvato un «piano d’azione», una legge quadro che va in direzione della loro salvaguardia (sulla scia di una analoga decisione della Fao datata 1999). In direzione, appunto. Se, infatti, per gli ambientalisti una legge che vieti del tutto la pesca agli squali resta ancora un sogno (utopia?), vi sono però attività che potrebbero essere fermate definitivamente. Ad esempio, il «finning», vale a dire la pesca degli squali non per la loro carne, ma per le loro pinne, che in Oriente sono considerate una prelibatezza: ci fanno la zuppa. Proprio su questo fronte, ieri a Roma, nell’ambito della Giornata europea del Mare, è stato lanciato l’ennesimo grido d’allarme. «L’Ue deve vietare questa pratica barbara» è l’appello che Shark Alliance ha rivolto al commissario Ue per la pesca Joe Borg. Una pratica barbara, anche perché, solitamente, tolte le pinne, i pescatori gettano la carcassa mutilata del pesce in mare. Non è un’attività da poco. L’Europa è il maggior fornitore del commercio mondiale di pinne di squalo. In verità, il «finning» sarebbe già proibito nel vecchio Continente, ma c’è una scappatoia: sono concessi permessi speciali in alcuni Paesi. Quali sono? Portogallo e Spagna, in primis, e poi Inghilterra e Lituania. Nella lista rientrava fino a poco tempo fa anche la Germania, ma il governo della cancelliera Angela Merkel proprio di recente si è impegnato a non concederli più. Shark Alliance chiede all’Ue di cancellare questa scappatoia. Non soltanto nelle acque atlantiche che bagnano le coste europee, dove il «finning» è praticato, ma anche in quelle porzioni di oceano - Indiano, Pacifico - in cui si spingono le barche da pesca con la bandiera di una nazione europea a poppa. L’invito vale anche per l’Italia, affinché appoggi la battaglia. Anche se, di fatto, nonostante la nostra fame di squali, il «finning» non lo pratichiamo (salvo eccezioni). «E come potremmo - commenta Eleonora de Sabata -. Nel Mediterraneo gli squali sono quasi scomparsi. La questione dei permessi per noi non si pone». Che palle la pspeculazione gratuita.... -04 |
No comment #07
Poveri squali, i miei animali preferiti. Dovremmo solamente vergognarci, anzi devono vergognarsi coloro che vanno a caccia di squali o che li pescano, volontariamente o non. |
Vietare la pesca allo squalo mi sembra esagerato, soprattutto in europa dove il consumo non è poi così elevato....il problema è più risentito in asia, soprattutto per il finning...questo SI che è da vietare: se proprio devi catturare un pesce, almeno mangiatelo tutto, non sprecarlo così (che tra l'altro è pure ottimo da mangiare)
In europa e soprattutto in italia, i problemi sono altri: lo squalo diciamo che è più "pubblicizzato" e riscuote più consensi anche dal grande pubblico, peccato però che per il pesce spada e il tonno rosso si muovano in molto pochi....sapete qual'è la taglia minima del tonno rosso dell'adriatico? 6 kg, per un animale che poteva superare i 300kg....dico "poteva", perchè oggi se uno pescatore cattura un tonno di 100kg accende un cero alla madonna Sempre poi vengono accusati i pescatori dilettanti ("non hai niente di meglio da fasre che far soffrire un povero animale?", frase tipica.....), che in realtà sono quelli a cui preme di più la vita di questi pesci (niente pesci=niente pesca), e questo non lo sopporto.....mentre il tonno rosso pescato dai professionisti viene venduto ai giapponesi a cifre colossali (in italia mangi il pinnegialle o il bonito, ma il rosso lo vedi col lanternino...per fortuna) Quote:
Stressa cosa per tutti i pesci...mi definisco "pescatore consapevole", che non distrugge gli animali con cui ama confrontarsi e che cerca di non comprometterne l'habitat i veri distruttori di fauna sono i professionisti non consapevoli, che guardano solo al guadagno....perchè anche ai VERI PROFESSIONISTI sta a cuore il loro mare, lo amano e sanno quando un pesce non va pescato o va rilasciato, piuttosto rinunciano a parte del pescato ma preservano il mare che da loro da vivere |
Si, forse ho esagerato a dire che si devono vergognare coloro che li pescano, perchè non ho specificato bene chi. Secondo me si dovrebbero vergognare coloro che pensano solamente ai soldi e non agli squali a rischio di estinzione. Di sicuro te Metal non sei uno di questi, perchè come vedo non ti interessano i soldi, ma sei molto legato al mare. Anche il fatto di andare a caccia di balene, altro animale a rischio, secondo me è da VIETARE. Comunque non posso di certo mettermi contro chi pesca, per lavoro o non, tra l'altro a me la pesca è un hobby che a me piace da morire (anche se non mi piace il pesce da mangiare).
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Quote:
Ci sono popolazioni al circolo polare che cacciano balene e simili, ma loro accoppano UNA balena o UN narvalo e usano ogni singola parte dell'animale e non ne ammazzano un altro finche non hanno finito tutto di quella bestia...per loro non deve essere vietata |
Quella delle popolazioni del circolo polare non lo sapevo. Per loro ovvio che non bisogna vietare la caccia. Ma per i giapponesi #07
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Per quelle popolazioni non è vietata perché per loro la caccia ai cetacei è non solo una fonte di cibo, ma rappresenta la base delle loro vite e coinvolge anche fattori culturali inerenti alla religione...
Comunque in linea generale non sono i piccoli pescatori che svuotano i mari, sono le grandi aziende che fanno una pesca indiscriminata (vedi la pesca a strascico tanto per dirne una...) e che non si preoccupano minimamente di controllare cosa prendono oltre ai pesci che cercavano... Il caso dei tonni nel mediterraneo fa poi veramente schifo, visto che li seguono con i GPS e li raccolgono in massa durante la riproduzione, impedendo quindi anche l'accoppiamento...(probabilmente viene usato lo stesso sistema anche per altre specie di pesci, ma non so esattamente per quali...) |
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Traduzione italiana Team: AcquaPortal
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