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Vecchio 05-12-2008, 12:39   #1
SJoplin
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GUIDA allestimento NANOREEF Chimica/Avviamento/Gestione (2)

All’interno di un acquario si verificano costantemente molteplici reazioni chimiche e biologiche. Per una buona conduzione della vasca, non vi è la necessità di conoscerle in maniera approfondita, ma occorre aver chiari alcuni concetti e termini che saranno ricorrenti. In questo capitolo cercherò di esporre in maniera chiara e semplificata quello che è importante sapere, unendo la teoria alla pratica quotidiana.

L’ACQUA E IL PROCEDIMENTO DI OSMOSI INVERSA
La vasca è fondamentalmente composta da acqua e sale ed entrambi devono essere di buona qualità.
Per la preparazione dell’acqua salata, occorre che la stessa, proveniente dall’acquedotto, sia preventivamente depurata. Allo scopo si utilizzano due differenti sistemi: le resine a scambio ionico e gli impianti di osmosi. Le colonne di resine sono tuttavia impianti abbastanza costosi e che necessitano di manutenzioni particolari, per cui, per uso hobbistico si ricorre generalmente all’utilizzo degli impianti di osmosi. Senza entrare troppo nei particolari sul funzionamento, la filtrazione avviene tramite più stadi, per mezzo dei quali è possibile avere un’acqua depurata da ogni sale, metallo o sostanza dannosa che potesse essere presente. Un impianto di osmosi di discreta qualità costa intorno ai 100 euro, e per una vasca di piccole dimensioni, può risultare una spesa sproporzionata. La soluzione più conveniente è quella di acquistarla nei negozi di acquariofilia a un prezzo variabile tra i 10 e i 20 cent/litro. Occorre però essere sicuri della purezza dell’acqua, in quanto, non è infrequente che in tali impianti venga fatta una scarsa manutenzione. Se non avete una fiducia cieca nei confronti del vostro negoziante, occorre acquistare un piccolo apparecchio in formato penna chiamato conduttivimetro. Questo strumento, dal costo di poche decine di euro, permette di misurare il grado di purezza dell’acqua tramite il valore di conducibilità.

La conducibilità è l’attitudine che ha un corpo a trasportare energia elettrica; più alta sarà la conducibilità e meno pura sarà l’acqua. L’unita di misura è normalmente espressa in us/cm e il valore di riferimento per l’utilizzo in acquario è inferiore ai 10 us/cm. In linea teorica si definisce acqua d’osmosi quella che ha un valore inferiore a 40us/cm, ma la conducibilità è una misura quantitativa, non ci indica cioè quali sono i solidi presenti nel liquido, e nel dubbio conviene star bassi. L’acqua d’osmosi può essere conservata in taniche chiuse, pulite e lontane dalla luce per parecchio tempo, per cui è possibile farsene una scorta da utilizzare al bisogno.

E’ importante sottolineare che in un acquario marino va utilizzata solamente acqua d’osmosi prodotta sul momento, scartando a priori la distillata o deionizzata venduta nei supermercati. Tantomeno si potrà utilizzare acqua di rubinetto addizionata a biocondizionatori. Se il negoziante vi propone una soluzione del genere, la cosa migliore che potete fare è cambiare negozio.

IL SALE
Per la preparazione dell’acqua marina esistono diverse marche di sale idonee allo scopo, che si differenziano da quello alimentare per la diversa composizione e raffinazione. La domanda ricorrente, ovvero, “qual è il miglior sale” trova una risposta il più delle volte soggettiva.
Questo perché in linea di massima vi sono diversi parametri di valutazione e differenti necessità di utilizzo. In un nanoreef, dove l’integrazione degli elementi è affidata per la maggior parte ai cambi dell’acqua, si potrebbe azzardare che un buon sale è tendenzialmente “carico” di alcune sostanze, in modo da poter apportare quello che viene regolarmente consumato. L’affermazione è vera al 50%, ma starà a voi, con l’esperienza, stabilire quale sale vi piace di più. Per iniziare io consiglio il Tropic Marine Pro Reef o il Preis, proprio in funzione di quanto appena affermato. E’ importante acquistare confezioni piccole e premurarsi di chiuderle adeguatamente, in quanto il sale ha la caratteristica di assorbire l’umidità dell’aria, e un eccesso potrebbe renderlo inutilizzabile.

SALINITA’ DENSITA’ E PESO SPECIFICO

Il rifrattometro
Un parametro fondamentale nella gestione dell’acquario marino è la misurazione della concentrazione del sale disciolto in acqua. Esistono differenti strumenti e altrettante unità di misura, ma il miglior rapporto precisione/costo lo si ottiene tramite l’utilizzo del rifrattometro.
Il rifrattometro è uno strumento ottico, che tramite il principio della rifrazione, è in grado di misurare la salinità o il peso specifico, definito anche come gravità specifica. L’utilizzo è molto semplice, basta porre una goccia sul prisma, chiudere il vetrino e guardare attraverso il binocolo, dopo aver atteso qualche secondo. Tutti gli apparecchi in commercio, oramai, hanno il dispositivo di correzione automatica della temperatura, che permette di aggiustare la lettura secondo la temperatura del campione di liquido prelevato. E’ però importante tararlo periodicamente utilizzando acqua bidistillata alla temperatura di 20° evitando l’utilizzo di acqua di rubinetto, d’osmosi, distillata o altre. L’acqua bidistillata è reperibile in farmacia (di solito è chiamata soluzione sterile iniettabile) al costo di circa 15cent/fiala. La taratura dello strumento va effettuata con una certa frequenza, in particolar modo nei cambi di stagione, quando la temperatura ambiente subisce cambi repentini. E’ importante non dimenticarsene, perché spesso le differenze sono nell’ordine dei 2/3 punti. Il costo di questo strumento, a livello hobbistico varia dai 25/30 euro (ebay) ai 50/60 nei negozi tradizionali. Sconsiglio nella maniera più assoluta l’acquisto di densimetri a lancetta o galleggiante, in quanto, seppur più economici, sono parecchio imprecisi.

Le unità di misura
La proporzione dei sali contenuti nell’acqua marina è espressa in permille ‰ (ppt), vale a dire che 1000 gr. di soluzione salina al 35‰ sono composti da 965 gr. di acqua e 35 gr. di sale. Questo valore indica la salinità che è l’unità di misura più corretta per riferirsi a questo parametro. Tuttavia vengono spesso utilizzati altri due valori, a volte in maniera del tutto errata e vale la pena di precisarli. La densità rappresenta la massa del volume occupato da un fluido rappresentata tramite un rapporto tra peso e volume a una determinata temperatura; è un valore superiore a 1000 che si ricava dalla lettura tramite il densimetro a galleggiante. A una salinità del 35‰ alla temperatura di 25° corrisponde una densità di 1023,5.
Il peso specifico esprime invece un rapporto tra la densità del campione e quello dell’acqua pura, sempre alla stessa temperatura, ed è il valore indicato dal densimetro a lancetta o dal rifrattometro.
Il valore corrispondente a una salinità del 35‰ è uno virgola zeroventisei che ho indicato in lettere proprio per evidenziare l’errore che spesso accade. Spesso si confonde l’indicazione della densità con il peso specifico, omettendo la virgola e creando confusione. Il sistema più sicuro è riferirsi sempre alla corretta unità di misura della salinità, cioè 33-34-35-36 ‰, ma nel dubbio, indico la conversione tra le principali unità di misura. Altra unità di misura, poco utilizzata a causa del costo della strumentazione è la conducibilità. Di questa se n’è già parlato nel paragrafo relativo all’acqua d’osmosi. Da tenere presente, però, che per la misurazione dell’acqua salata occorre uno strumento con lettura in millisiemens ms/cm, che è solitamente differente da quello utilizzato per l’acqua d’osmosi, il cui valore è espresso in microsiemens us/cm. La conversione con una salinità al 35‰ corrisponde a una conducibilità di 53ms/cm, sempre riferito a una temperatura di 25°.



Conducibilità Densità Salinità
ms/cm g/l Ppt - ‰ Peso specifico
51,0 1022,2 33,5 1,0248
51,5 1022,5 33,8 1,0250
52,0 1022,8 34,2 1,0253
52,5 1023,0 34,6 1,0256
53,0 1023,3 34,9 1,0259
53,5 1023,6 35,3 1,0262
54,0 1023,9 35,7 1,0264

LA PREPARAZIONE DELL’ACQUA SALATA

E’ un’operazione semplice che va eseguita seguendo solo qualche semplice regola:

- Si riempe un contenitore pulito d’acqua d’osmosi.
- Supponendo che si voglia salare l’acqua al 35‰, che è il valore standard utilizzato negli acquari di barriera, con una bilancia di precisione si pesa la quantità necessaria di sale nella proporzione di 36-37gr per litro. Per la proprietà igroscopica del sale non è possibile stabilire una quantità costante da utilizzare tutte le volte; occorre pertanto partire da un minimo e aggiustare secondo la lettura del rifrattometro.
- Si versa il sale lentamente, mescolando contemporaneamente con un attrezzo non metallico fino a che non sarà completamente scomparsa la polvere dal fondo.
- A questo punto si misura la salinità ed eventualmente si corregge.
- L’acqua deve rimanere in movimento per 24 ore con l’ausilio di una pompa o di un aereatore a porosa.
- Prima di essere messa in vasca va misurata nuovamente la salinità e portata alla stessa temperatura della vasca utilizzando un riscaldatore.

E’ importante porre una particolare attenzione nella miscelazione del sale con l’acqua, perché a volte può capitare che alcuni elementi non si sciolgano bene creando problemi negli equilibri chimici all’interno della vasca. L’acqua salata deve essere mantenuta in movimento e conservata per non più di 3/4 giorni.

COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’ACQUA MARINA


pH
Il pH è la scala di misura dell'acidità con un intervallo solitamente compreso tra 0 (fortemente acido) e 14 (fortemente basico o alcalino), con un valore intermedio di 7 che corrisponde alla condizione di neutralità tipica dell'acqua pura a 25°. Per i valori superiori a 7 si parla di soluzioni alcaline ed è il caso dell'acqua marina che in natura ha un valore medio prossimo a 8,2. Il pH è fortemente influenzato dai gas presenti in acqua e dal contenuto di sostanze alcaline quali carbonati e borati che provvedono a una funzione di “tampone” per compensarne le oscillazioni. La misurazione del valore di pH marino tramite i comuni test colorimetrici è poco attendibile e allo scopo si preferisce l'utilizzo di sonde elettriche montate in maniera stabile nella vasca, anche perché sarebbe necessario valutare l’andamento. Il valore ideale da mantenere, che può variare a seconda che le lampade siano accese o meno, è compreso nell'intervallo tra 8,0 e 8,4.
Nei nanoreef, sia per l’onerosità di tali strumenti che per l’impossibilità di intervenire su tale valore, ci si occupa principalmente di mantenere le condizioni necessarie affinché il pH resti stabile all’interno di tale intervallo, vale a dire:
- buon movimento dell’acqua e sufficiente scambio gassoso con la superficie
- carico organico scarso (pesci) e vasca pulita
- giusto livello degli elementi tampone (KH)


KH – Durezza carbonatica e Alcalinità
L'insieme di borati, carbonati e altri elementi costituiscono l'alcalinità totale che viene misurata abitualmente sulla scala della durezza carbonatica (KH). Una corretta proporzione di questo valore è fondamentale per il funzionamento della vasca, sia per la funzione di tampone che esercita sul pH, che per il ruolo basilare nei processi di calcificazione di molti organismi, quali alghe calcaree, alcuni molluschi e soprattutto i coralli duri di cui insieme al calcio ne è costituito lo scheletro.
In natura il valore si attesta intorno ai 7°, mentre negli acquari si tende a mantenerlo a valori superiori, anche prossimi a 10°.

Ca – Calcio
Anche il calcio, per i motivi sopra esposti, riveste una funzione fondamentale nella crescita degli organismi presenti in vasca. Il suo consumo è strettamente collegato a quello del KH e deve essere presente in concentrazioni equilibrate per evitare la precipitazione di uno o dell'altro elemento.
In natura il valore si attesta intorno ai 400mg/L, mentre in una vasca si può mantenere uno scarto del 10% per eccesso o per difetto, fermo restando la proporzione con il valore di KH come segue:

Alcalinità ° KH Calcio Alcalinità ° KH Calcio
7.00 410.82 13.30 455.91
7.70 415.83 14.00 460.92
8.40 420.84 14.70 465.93
9.10 425.85 15.40 470.94
9.80 430.86 16.10 475.95
10.50 435.87 16.80 480.96
11.20 440.88 17.50 485.97
11.90 445.89 18.20 490.98
12.60 450.90 18.90 495.99

Se per concentrazioni superiori ai 450mg/L non sono stati dimostrati risultati apprezzabili, con valori sotto ai 360mg/L vi è un forte rallentamento della crescita corallina.

Mg - Magnesio
Altro elemento collegato al KH e al calcio è il magnesio, che tra le sue funzioni, ha anche quella di mantenere stabili i valori di quegli elementi. Il suo valore, in natura, è variabile tra i 1300 e 1500, a seconda della salinità. Nelle vasche si usa tenere un rapporto di 3-3,5 parti a 1, con il calcio.


NELLA PRATICA

La stabilità
Nella pratica, tutto quello che ho riportato nel paragrafo precedente ha uno scopo principalmente informativo. Non c’è necessità di sapere nel dettaglio cosa comporta un tale valore o l’altro, ma in caso di dubbi o problemi è consigliabile ritornarci sopra. La gestione di un marino, grande o piccolo che sia, deve essere orientata alla stabilità degli elementi che ho indicato sopra. In poche parole si tratta di mantenere equilibrati i valori di KH, Calcio e Magnesio, per esempio 8-420#1350.
Questo si realizza verificando periodicamente i valori della triade e reintegrando gli elementi mancanti di conseguenza. La frequenza dei test non ha uno standard, ma è collegata all’andamento della vasca. Nella fase iniziale di avviamento è consigliabile controllarli almeno una volta alla settimana, se non più di frequente, mentre a vasca stabile e avviata, se non ci sono stati particolari modifiche rilevanti (per esempio inserimento di nuovi animali che potrebbero averne aumentato il consumo), e una volta stabilita la curva dei consumi, potranno essere controllati anche mensilmente.
E’ importante però non trovarsi nelle condizioni di dover recuperare grossi scarti, in quanto, oltre alle conseguenze caratteristiche del singolo elemento, si creando situazioni di squilibrio che costringono gli animali ad adattarsi piuttosto che crescere.
Il problema è particolarmente sentito da parte dei coralli duri che fanno uso di grandi quantità di questi elementi la cui carenza porta a problemi abbastanza gravi, non sempre risolvibili.

NELLA PRATICA


I test
I test sono uno strumento indispensabile per la gestione della vostra vasca, che non deve essere affidato al negoziante. I motivi sono vari, e molti anche più che ovvi, ma in ogni modo quella mezz’oretta scarsa per le verifiche vale la pena di trovarla. Altrimenti è molto probabile che al posto dei valori, vi troverete delle risposte del tipo: “tutto bene” o “nella norma”, con le quali non potrete farci assolutamente nulla se non prenderne atto. Nel caso di KH, Calcio e Magnesio c’è da mantenere un rapporto specifico, che in alcune circostanze diventa pure instabile, per cui, non c’è verso, spendete quei 50 euro per comprarli, che saranno il vostro migliore investimento. Ricordatevi che i test vanno conservati a temperature inferiori a 25° e lontani dalla luce diretta, nonché sostituiti mediamente dopo sei mesi dall’apertura della confezione. Ci sono diverse marche di test, ma quelle che sono attendibili per gli acquari marini sono ben poche. Senza andare su test professionali o strumenti elettronici che hanno cifre da capogiro, i test che hanno il miglior rapporto qualità/prezzo sono, a mio avviso, i Salifert e i Tropic Marine, in particolar modo gli ultimi sono i più indicati per la misurazione degli inquinanti (nitriti, nitrati e fosfati).

I buffer e gli squilibri ionici
Vengono chiamati così gli integratori di KH, Calcio e Magnesio. Secondo la mia esperienza, a prescindere dalla marca, sono da preferire quelli in polvere, sia in termini di efficacia che di efficienza. Fate attenzione a non esagerare con le singole integrazioni e versateli in vasca, dopo averli diluiti in acqua d’osmosi, in una zona di forte movimento. Alcuni di questi, se entrano a contatto diretto con un corallo possono provocargli ustioni. C’è da dire anche che i singoli buffer vanno utilizzati quando c’è un elemento sbilanciato rispetto agli altri. Gli organismi presenti in vasca dovrebbero infatti consumare tutti e tre gli elementi in maniera bilanciata secondo il rapporto che ho indicato nella tabella precedente. A tale scopo esistono dei buffer bilanciati (A+B della Kent, per esempio) che permettono di reintegrare tutti i tre elementi, e anche altri minori, senza sbilanciare ionicamente la vasca. Lo squilibrio ionico deriva dal fatto che i preparati chimici per reintegrare i singoli elementi, contengono anche ioni di altri elementi che non vengono consumati.
Per fare un esempio, reintegrando il calcio o il magnesio si vanno a introdurre anche ioni di cloro che col tempo, non essendo consumati, si troveranno in eccesso. Al problema si risolve con dei cambi d’acqua regolari, ma nel possibile sarebbe meglio evitare.

LO SMALTIMENTO DEGLI ORGANICI (ciclo dell’azoto e del fosforo)
Ogni organismo presente in vasca, a partire dai pesci per finire con la fauna bentonica (vermi, piccoli crostacei e altro che vivono all’interno delle rocce), si nutre di qualcosa e conseguentemente sporca. Nell’acquario vi è quindi una complessa catena alimentare che comporta una trasformazione continua delle scorie sino ad arrivare a un residuo a base di azoto e di fosforo.
I composti azotati vengono mineralizzati dai batteri secondo una catena di trasformazioni che parte dall’ammonio/ammoniaca (NH3/NH4), ai nitriti (NO2), nitrati (NO3) per terminare in azoto gassoso, che viene liberato in superficie (e questo è uno dei motivi per i quali la vasca marina deve essere aperta).
Anche per i residui a base fosforo, esiste una trasformazione da organico a inorganico, ma a differenza dell’azoto, non esiste una fase gassosa e di conseguenza è più facile trovare la presenza di fosfati inorganici (PO4) in vasca,

Ammoniaca e nitriti sono pericolosi, anche a basse concentrazioni, mentre i nitrati sono meglio tollerati. La quantità tollerata è diversa a seconda che si tratti di pesci, coralli molli o coralli duri. Se entro certi limiti, i pesci non ne risentono affatto, i coralli duri, già a 5PPM (mg/lt) tendono scurire.

Discorso simile per i fosfati, dove concentrazioni minime sono ben tollerate da pesci e molli, a differenza dei duri che oltre a uno scuri mento accusano problemi nella calcificazione.

NELLA PRATICA

E’ difficile dare delle indicazioni standard, senza avere una situazione esatta della vasca, per cui, questi sono solo suggerimenti di carattere generale da applicare con cautela, possibilmente dopo essersi consultati con una persona esperta e aver controllato che i test siano validi e correttamente conservati. Valgono per vasche già avviate e non in fase di maturazione, dove alcuni valori potrebbero essere irregolari pur non rappresentando un problema concreto.

Valori alti di ammoniaca e nitriti indicano che i batteri nitrificanti non riescono a svolgere pienamente il loro lavoro. Questo potrebbe dipendere anche dalla morte di un organismo particolarmente tossico, come per esempio l’anemone. In questo caso un cambio d’acqua e carbone sono indicati, ma per le quantità occorre valutare lo stato della vasca.

Valori alti di nitrati invece dipendono principalmente da errori di gestione o allestimento. Non esistono prodotti chimici per il marino che rimuovano i nitrati. Questi possono essere temporaneamente abbassati tramite cambi d’acqua con eventuale aggiunta di batteri freschi. E’ comunque un rimedio temporaneo poiché se non si risolve la causa il problema si ripresenterà dopo poco.

Valori alti di fosfati possono invece essere abbattuti tramite le resine. Anche in questo caso occorre intervenire a monte per identificare e risolvere il problema.

Carbone
Il carbone ha proprietà di filtrazione sia meccaniche che chimiche. E’ infatti in grado di adsorbire alcune impurità dell’acqua, rendendola più cristallina, nonché alcuni metalli pesanti, medicinali, terpeni, ecc. ecc. Va inserito in una calza, dopo averlo risciacquato abbondantemente con acqua calda e posto in una zona di movimento (filtro a zainetto). Può essere utilizzato a cicli di 4/5 gg al mese, o in via continuativa, avendo cura, in questo caso, di smuoverlo ogni 3/4 giorni. Il dosaggio standard è di 1ml/litro, anche se alcuni produttori forniscono indicazioni diverse, per cui è il caso di verificare sulla confezione. Si consiglia pure di acquistare del carbone di qualità (Korallen-Zucht, per esempio) per evitare possibili rilasci di fosfati.

Resine per fosfati
Possono essere a base ferro o alluminio e sono un valido rimedio per abbassare velocemente il valore dei fosfati. Hanno alcuni effetti collaterali, tra i quali l’abbassamento del KH. Per questo e per altri motivi sarebbe il caso di non utilizzarle in via continuativa.

Batteri
Sono miscele di batteri nitrificanti ed eterotrofi che possono aiutare in caso di particolari situazioni legate alla gestione della vasca. Non aspettatevi grandi miracoli, però. La marca più utilizzata è il Prodibio Biodigest.


LA GESTIONE[/b]

La prima cosa che credo interessi, sia quanto tempo occorre dedicare a un nanoreef. Penso che quantificare in un’ora alla settimana, le varie operazioni, sia dire molto. Quotidianamente, 5 minuti sono più che sufficienti, per somministrare eventuali integratori o cibo, mentre settimanalmente (o se preferite ogni 15 gg) il cambio d’acqua con la sifonatura non vi porterà via più di mezz’ora. I test si fanno con cadenze via-via sempre più distanziate, nel corso della vita dell’acquario, per cui, non dovrebbero essere un grosso impegno.

E’ comunque da tener presente, che come ogni animale domestico, non potrete dimenticarvene per giorni, e durante i periodi di ferie, nonostante la vasca sia concettualmente autonoma, converrà trovare un amico che ogni tanto passi a dare un’occhiata.

Diversi dalla gestione sono i metodi di gestione veri e propri, che nella sostanza definiscono il sistema di filtraggio della vostra vasca. Ora non starò ad annoiarvi con una noiosa trattazione dei vari metodi con i quali si può gestire un nanoreef (assai pochi a dir la verità, in particolar modo per una piccola vasca), mi limiterò a parlare di quello che conosco e che reputo, insieme a molti altri appassionati, il miglior sistema per la gestione di un reef, piccolo o grande che sia.

Prima di entrare nel merito, debbo comunque fare un accenno a un sistema che con molte probabilità vi verrà proposto dal negozio, sia per motivi di economicità, che di arretratezza culturale. Mi sto riferendo al classico filtro biologico, composto da un filtro che contiene spugne, cannolicchi, oppure gusci d’ostrica, bioballs, o chissà quale altra diavoleria. Questo sistema è utilizzato con successo nel dolce, ma assolutamente non idoneo per un acquario marino di coralli. Il motivo è molto semplice: quel sistema non chiude il ciclo dell’azoto con la fase gassosa (vedi paragrafo “lo smaltimento degli organici”), di conseguenza, nel tempo, assisterete a un aumento dei valori inquinanti dell’acqua. Allo stesso modo non deve essere affiancato al filtraggio con le rocce, di cui parlerò a breve, perché le colonie batteriche insediate sui due differenti supporti (cannolicchi/spugne – rocce) entrerebbero in competizione tra di loro, inficiando parte del lavoro effettuato dai batteri presenti sulle rocce. Su questa posizione dovete rimanere fermi, qualsiasi cosa diversa vi dica un negoziante o chiunque altro, è stata smentita da numerose esperienze avute da centinaia di acquariofili, che si son trovati a dover stravolgere la tecnica della vasca per rimediare a impostazioni iniziali sbagliate.

Il metodo Berlinese

E’ il sistema più collaudato e di maggior successo utilizzato nella gestione dei reef di barriera. Il suo funzionamento è basati su tre punti chiave rimasti invariati da quasi vent’anni:

- ROCCE Rocce vive nella proporzione di 1kg. ogni 4/5 litri d’acqua della vasca
- MOVIMENTO Forte movimento dell’acqua (maggiore di 20 volte il litraggio complessivo)
- LUCE Una forte illuminazione che favorisca l’attività ossidante
- SKIMMER Uno schiumatoio performante

Con la nascita dei nanoreef, questo metodo ha assunto una variante senza skimmer, chiamata Metodo naturale, I principi sono gli stessi del Berlinese, fatta eccezione che per la mancanza dello schiumatoio.
Per capirlo, occorre uscire un attimo dalla logica che ci debba essere un qualcosa di meccanico che trattiene la sporcizia prodotta dagli organismi in vasca. Come avevo già accennato riferendomi al ciclo dell’azoto, i prodotti organici subiscono una trasformazione alimentare, anche grazie alla numerosa fauna bentonica presente all’interno delle rocce. I composti residui vengono poi smaltiti dalle colonie batteriche presenti all’esterno e all’interno delle rocce. Quello che rimane, sotto forma di particolato, si depositerà sul fondo della vasca e verrà sifonato durante le operazioni di cambio d’acqua.

Le rocce vive

Sono il cuore del sistema filtrante e devono essere scelte con cura, per evitare di avere problemi notevoli nell’avviamento della vasca. Sono composte principalmente da scheletri di coralli morti (in alcuni casi anche vivi) che negli anni si sono agglomerati trasformandosi in vere e proprie rocce. Provengono dai luoghi d’origine dei coralli e portano con loro sia i ceppi batterici idonei a ricreare l’ambiente giusto per il reef di barriera, che numerosi animaletti, alcuni dei quali, a volte, non particolarmente graditi.
Non lasciatevi tentare dall’idea di risparmiare qualche decina di euro, andando a razziare le rocce del nostro mare, perché non vanno bene né come struttura, né come fauna, né tanto meno a livello di ceppi batterici.


La scelta delle rocce vive

Sarebbe molto più semplice far vedere dal vivo, come devono essere delle buone rocce vive. Proverò a descriverle con qualche aggettivo, magari unendo qualche foto, ma ritengo che il modo più sicuro sia acquistarle da una persona di fiducia, sia essa un amico o un negoziante. Innanzitutto devono essere porose, e conseguentemente leggere; c’è pure chi le annusa, anche se non potrei descrivere l’odore, se non come quello di mare fresco. Sopra di esse, spesso, vi sono segni di vita come alghe o coralli sopravvissuti al trasporto. Una colorazione violacea, tipica delle alghe coralline, è sicuramente un buon segno, anche se non la ritengo indispensabile, in quanto queste alghe si formeranno velocemente, dopo l’avvio del fotoperiodo.

A mio avviso, in un nanoreef senza schiumatoio, è preferibile inserire rocce già spurgate. Le rocce vive arrivano dai paesi tropicali dentro box di polistirolo umidi; ne consegue, che buona parte della fauna che ospitano, muore e va in decomposizione. I negozianti e gli importatori stessi tengono queste rocce in vasche di stabulazione, per un periodo di tempo variabile. Durante questo periodo, buona parte dei cadaveri e dei residui derivanti dall’attività batterica, vengono espulsi, e da qui l’aggettivo “spurgato”. E’ molto probabile, che inserendo rocce già spurgate, il livello di nitrati e fosfati si mantenga ragionevolmente basso, in maniera tale da non creare troppe complicazioni durante la manutenzione. Tuttavia fare delle previsioni su quello che potrà accadere durante la maturazione, è sempre un grosso azzardo, per cui, non date per scontato che delle rocce ben spurgate vi metteranno al riparo da ogni guaio.

Personalmente preferisco non acquistare rocce già utilizzate in altre vasche, sia per il rischio di ereditare sgradite sorprese (c’è chi smonta la rocciata e la cambia perché ha subito un’invasione di organismi sgraditi: alghe inespugnabili, aiptasie, cicale, e via dicendo) che per la maggiore biodiversità che possono portare delle rocce fresche. Tuttavia è solo un’opinione personale, mentre è convinzione comune che sarebbe più opportuno acquistare lotti di rocce provenienti da luoghi diversi, per aumentare la biodiversità. Discorso differente nel caso che acquistiate, da persona di fiducia, rocce e acqua (almeno in parte) della stessa vasca. In molti casi si è dimostrata una combinazione vantaggiosa, che ha facilitato l’avviamento.

Anche la forma delle rocce ha una sua importanza. Innanzitutto in un nano devono essere piccole, avendo cura di sceglierne alcune piatte, per poter formare terrazze utili a ospitare degli animali. Presto vi renderete conto che montare la rocciata è la parte più impegnativa dell’allestimento, e se riuscite a scegliere delle rocce idonee, magari facendo delle prove prima di acquistarle, il compito sarà sicuramente facilitato.

Un’ultima nota sulla quantità di rocce da acquistare. A livello teorico sarebbe necessario inserire 1 kg di rocce ogni 4/5 litri d’acqua. Dal punto di vista pratico non sempre questo è possibile. Le rocce hanno porosità diverse e conseguentemente densità e peso differenti. Il rapporto classico potrebbe essere scarso come pure abbondante. E’ certo che se ne mettete di più sarà solo un bene, ma dal punto di vista dello spazio, già scarso, sarà senza dubbio un errore. Un buon sistema può essere di considerare 1/3 del volume vasca.


Il problema della sabbia

Si è discusso molte volte, e se ne continuerà a discutere a lungo, sull’opportunità di inserire un fondo sabbioso o meno. L’argomento riguarda l’acquario marino in generale, ma è particolarmente rilevante in un nanoreef, sempre a causa delle limitazioni nel filtraggio e agli scarsi volumi d’acqua gestiti. Nella sostanza, la sabbia, che è solamente un nostro vezzo estetico, causa problemi di igiene e circolazione d’acqua sul fondo, con il risultato di un progressivo innalzamento dei valori inquinanti. Si tratta quindi di trovare un compromesso con l’estetica che non complichi troppo la gestione della vasca. Personalmente preferisco i fondi “nudi”, anche perché in breve tempo vengono coperti dalle alghe coralline rosa che sono esteticamente gradevoli e contrastano la crescita di eventuali alghe infestanti. E’ comodo da pulire anche dai sedimenti che le rocce continueranno a espellere per parecchi mesi. Per chi non ne potesse fare assolutamente a meno, fatte salve le considerazioni di cui sopra, il consiglio che posso dare è di attendere almeno sei mesi dall’avviamento della vasca, e in seguito, limitarsi all’inserimento di uno strato con un’altezza massima di un paio di mm. scegliendo una sabbia a granulometria medio-fine (evitare la sugar size). Non vi è garanzia che non vi saranno problemi, ma nel caso dovessero insorgere, sarà relativamente semplice aspirare il fondo durante le operazioni di sifonatura della vasca.


La maturazione

Un acquario, in generale, ha sempre bisogno di un determinato periodo di tempo, affinchè si creino i giusti equilibri chimici e biologici. Se nell’acquario marino, il metodo berlinese è universalmente riconosciuto tra i migliori, la maturazione ha invece molteplici correnti di pensiero, dettate da convinzioni ed esperienze personali, nonché da differenti allestimenti tecnici della vasca. I sistemi di riproduzione batterica (Zeovit, Xaqua), per esempio, garantiscono un avviamento della vasca in due settimane, ma a parte questi, all’interno del Berlinese classico, vi sono opinioni diverse su come gestire l’avviamento della vasca.

I nanoreef, che utilizzano principalmente il metodo naturale, non fanno eccezione, quanto alle differenti idee sull’avviamento, anche se, l’assenza dello skimmer, i ridotti volumi d’acqua, e l’impossibilità di inserire un adeguato numero di animali alghivori, impongono una metodologia tutto sommato abbastanza condivisa.

L’argomento più discusso è sicuramente il fotoperiodo, cioè il momento in cui iniziare a dar luce. La vera maturazione della vasca inizia da quel momento, e le argomentazioni sull’opportunità di accendere subito, o fare il classico mese di buio, possono essere entrambi convincenti. La preoccupazione principale, oltre alla fretta di avere una vasca da pronta da popolare, è che alcuni organismi ospitati sulle rocce possano morire, e conseguentemente si vada a limitare quella caratteristica di biodiversità tanto ricercata. Il mio parere, che non ha nulla di scientifico, è che la causa del decesso sia principalmente legata alla differente chimica dell’acqua di una vasca nuova, piuttosto che alla mancanza di luce. Penso pure che alla fine non muoia poi chissà cosa, sempre a causa della luce. Ne ho avuto conferma in questi giorni, durante la maturazione della mia vasca dove sono rimasti al buio, per circa tre settimane, alcune piccole colonie di zoanthus e palythoa. Nella vasca non ci sono stati particolari picchi di valori inquinanti, e alla riaccensione, gli animali si stanno lentamente riprendendo. Inutile precisare che se fossero stati coralli più esigenti, a quest’ora sarebbero belli e andati, ma c’è pure da tener conto che gli animali che si possono trovare sulle rocce vive, non son certo acropore, o almeno, non acropore vive…

Ma qual è la conseguenza classica di un’illuminazione affrettata? Sopra determinate concentrazioni di nitrati e fosfati, correte il rischio di stimolare eccessivamente la proliferazione di alghe, senza poter inserire i naturali competitori. Il ciclo algale è un momento normale, nella maturazione della vasca, ma si sono verificati casi di vasche che hanno manifestato il problema ben oltre i tre mesi classici di avviamento. Una posizione intermedia, potrebbe essere quella di iniziare il fotoperiodo dopo qualche giorno, se i valori degli inquinanti rientrano entro limiti accettabili. Tuttavia, vista l’impossibilità di misurare alcuni valori (i fosfati e nitrati misurati rappresentano solo la parte inorganica, resta tutto il discorso degli organici, per i quali, al momento, non esiste alcun tipo di test attendibile), la mia posizione è nettamente favorevole al mese di buio, che magari potranno essere tre settimane invece che quattro, con condizioni dell’acqua accettabili, ma in ogni modo non concordo su accendere le luci dal primo giorno. Pare pure (ma sono esperienze di alcuni acquariofili, per cui, nulla di certo e scientifico) che un prolungarsi della fase di buio, limiti decisamente la proliferazione algale. Ricordatevi comunque che le alghe sono sempre in agguato. Anche in una vasca matura di anni, in caso di errori o situazioni instabili, potrebbero comparire improvvisamente.

Il vero problema, è che in qualsiasi modo farete, nessuno vi potrà garantire che tutto filerà liscio, per il semplice fatto che non è possibile prevedere i complessi fenomeni fisici e biologici che avvengono nell’acquario, e che per alcuni tratti cambiano da vasca a vasca.


Avviamento


La prima cosa a cui pensare, è dove posizionare la vasca. Vanno evitate posizioni troppo esposte alla luce diretta, che potrebbero causare una proliferazione algale difficilmente controllabile, così come posti troppo caldi (termosifoni) o freddi (sotto a una finestra). Gli ambienti frequentati da molte persone devono essere arieggiati frequentemente, scanso problemi di pH che è soggetto a cali dovuti all’anidride carbonica emessa dalla nostra respirazione. Del fumo di sigaretta penso non sia neppure necessario parlarne, è più che ovvio che non aiuta affatto la vasca. Nel locale dove sarà sistemato il nano, occorre evitare l’utilizzo di detergenti per l’ambiente troppo aggressivi, nonché insetticidi di qualsiasi genere, comprese le piastrine anti-zanzare.

La seconda cosa, non meno importante, è la pazienza. L’avviamento della vasca richiede mediamente 3 mesi durante i quali non sarà possibile inserire animali. Gli inserimenti dovranno essere progressivi, per dar tempo al sistema di adattarsi. Approfitto per ricordare che un nanoreef ha un equilibrio precario e delicato e accelerare i tempi è il sistema migliore per mandare tutto a rotoli.

Giorno 1
Materiale necessario:
- rifrattometro
- termometro da acquario
- acqua d’osmosi
- sale
- vasca
- riscaldatore
- pompe di movimento

Do per scontato che l’acqua di osmosi sia stata misurata con un conduttivimetro (valore inferiore a 10us/cm) o perlomeno che abbia valori di nitrati, fosfati e silicati non rilevabili.

Risciacquate la vasca con acqua d’osmosi e posizionatela sopra un foglio di neoprene dello spessore di circa 5/6 mm. Questo servirà sia ad assicurare un isolamento termico con la superficie, che ad attutire eventuali vibrazioni dovute al funzionamento delle pompe. Inoltre vi metterà al riparo da eventuali rotture causate dalla presenza di corpi estranei, tra il fondo della vasca e la superficie d’appoggio. Se posizionerete la vasca in una posizione molto esposta alla luce naturale, sarà opportuno coprire le pareti laterali con un cartoncino nero, lasciando libera invece la parte superiore, per favorire un buon scambio gassoso.

Riempite la vasca per 2/3 (abbondanti) e provate il funzionamento delle pompe e del riscaldatore.
Portate la temperatura a 26°.

Dopo aver pesato il sale, nella proporzione di circa 36gr./litro, iniziate a versarlo *lentamente* dentro la vasca, aiutandovi con una mano, per facilitarne lo scioglimento. E’ importante che il sale utilizzato abbia un valore di KH tendenzialmente alto, per evitare, nel possibile, reintegri durante il mese di buio.
Tropic Marine (non PRO-reef) e Kent, sono ad esempio, sali, che hanno queste caratteristiche.

Controllate che il rifrattometro sia tarato bene (acqua bidistillata a 20° di T ambiente) e aggiustate fino a portare la salinità al 35‰.

Accendete le pompe di movimento e lasciate girare l’acqua, mantenendola sempre a 26° di temperatura, per un paio di giorni.




Giorno 3
- osmoregolatore
- filtro a zainetto
- resine antifosfati
- rocce vive
- batteri biodigest (opzionale)
-

Verificare la salinità con il rifrattometro ed eventualmente aggiustatela al 35‰ iniziale.

Inserire le resine antifosfati (1gr/litro, se non indicato diversamente dal produttore) in una calzetta e sciacquarle abbondantemente sotto acqua bollente. Una volta che avranno cessato di perdere colore (se a base ferro), date un’ultima passata in acqua osmotica. La calza dovrà essere annodata e lasciata “lasca”, per permettere alle resine di muoversi il più possibile. Sciacquate pure il filtro a zainetto, rimuovendo gli eventuali stadi preinstallati (carbone, spugne) e inserite la calzetta al suo interno.

La disposizione della rocciata, è senza dubbio il momento più difficile dell’allestimento. Aldilà del gusto estetico, che è una scelta personale, occorre seguire 4 principi base.
• Distanza dai vetri laterali sufficiente a passare col magnete di pulizia.
• Disporre le rocce in modo che sul fondo sia garantito un buon passaggio d’acqua.
• Creare terrazze e anfratti per posizionare gli animali, avendo cura di non montare una rocciata troppo compatta. L’acqua deve riuscire a circolare liberamente, al suo interno.
• Verificare la stabilità della rocciata, fissandole eventualmente con colla bi componente (milliput)

E’ utile allestire una sagoma di cartone delle misure del fondo della vasca, e provare le varie combinazioni di rocce prima di inserirle in vasca.

Una volta inserita la rocciata, verificare che l’acqua sia a livello e accendere ‘osmoregolatore e il filtro a zainetto. Un paio di volte alla settimana, sarà utile rimuovere i sedimenti dalle rocce, aiutandosi con una pompetta e facendo attenzione a non sollevare troppo il sedimento che si sarà depositato sul fondo, ma nel contempo smuovendolo delicatamente per evitare che possa incrostarsi. E’ importante non inserire le mani nude in acqua, per cui, in questa fase tenete la pompetta per il cavo d’alimentazione, o utilizzate dei guanti lunghi in gomma.

Dopo un paio di settimane misurate il valore del KH, e se inferiore a 8, provvedete a reintegrarlo con il buffer. Sostituite le resine antifosfati e continuate con la pulizia delle rocce.


Arrivati al 30° giorno di buio, effettuate un giro di test completo, verificando che i valori di fosfati non siano superiori a 0,05 e i nitrati non superiori a 25. Se molto più alti, prevedete un’ulteriore settimana di buio. Annotatevi i valori su un’agenda.

Sostituite le resine, sempre nella solita proporzione 1gr./litro

Controllate i valori di KH, Ca, Mg che dovranno essere mantenuti rispettivamente nell’intervallo tra 7/8, 410/420, 1300/1350. Non fissatevi per avere una perfezione matematica: un punto sul KH, 10/20 sul Calcio, e una cinquantina, sul magnesio, sono differenze accettabili.

L’ordine di reintegro di tali elementi è Magnesio, KH, Calcio, avendo cura di far passare almeno mezza giornata tra una correzione e l’altra.



La maturazione vera e propria inizia da questo momento, cioè da quando accenderete le luci. E’ la fase più difficile perché richiede un’attenta osservazione delle reazioni della vasca, o meglio, una valutazione sul grado di proliferazione algale e i conseguenti interventi.

Si parte con 2 ore di luce, incrementando il fotoperiodo nella maniera più progressiva possibile.
L’ideale sarebbe ¼ d’ora ogni 2 giorni, ma si può pure fare una mezz’ora ogni 4.

E’ molto probabile che qualche alga spunterà, perché rientra nel normale ciclo di maturazione della vasca.
Le diatomee, per esempio, che si presentano sotto forma di una patina marron/dorata che aderisce anche ai vetri, sono solitamente le prime a far capolino. Tuttavia non ci si deve preoccupare, come del resto di un’eventuale presenza di cianobatteri che sono sinonimo di instabilità nella vasca.

Occorre fare parecchia attenzione allo sviluppo delle alghe filamentose; nel caso si veda una progressione troppo rapida occorrerà intervenire sul fotoperiodo, rimanendo fermi sullo stesso tempo di accensione fino a che non si noterà una regressione. Se questo non dovesse avvenire prendere in considerazione pure l’ipotesi di ridurlo.
E’ difficile dire se e quando potrà succedere questo, perché non esiste uno standard. Spesso si è notato che il momento critico arriva intorno alle 6 ore di luce, ma in altri casi non ve n’è stata proprio traccia. Le variabili note sono la qualità dell’acqua e delle rocce. Con valori bassi di nitrati e fosfati, la presenza di alghe dovrebbe essere molto limitata.

Continuate settimanalmente a effettuare i test di kh/ca/mg ed eventualmente reintegrare quegli elementi per i quali fosse necessario, senza esagerare sulla precisione di tali valori (vedi discorso fatto di sopra).

Riguardo alle resine per fosfati, finchè avrete valori superiori allo 0,03, sostituitele ogni 15 giorni, dopodiché, al diminuire dei valori, andrete gradualmente aumentando l’intervallo tra i cambi fino ad arrivare a toglierle completamente.

Tenete sempre pulita la vasca come indicato sopra, facendo pure attenzione a non fare incrostare il sedimento sul fondo della vasca, in quanto diventa difficile rimuoverlo successivamente.

Arrivati alle 9 ore di luce, se non avete problemi di alghe, misurate fosfati e nitrati ed effettuate un primo cambio d’acqua del 25% aspirando anche il sedimento che si sarà depositato sul fondo. In quell’occasione inserite pure una fiala di batteri (opzionale). Dopo un paio di giorni misurate i valori e se avete ancora i nitrati >10 e fosfati >0,03, la settimana successiva effettuate un ulteriore cambio del 15%.

I cambi andranno fatti regolarmente nella misura del 5% settimanale o 10% ogni 14 gg., fino ad arrivare ad avere nitrati < 5 e fosfati < 0,03. Per arrivare a queste condizioni, sono necessari mediamente 3 mesi dall’avvio. Le rocce dovranno essere pulite da alghe verdi e presenteranno, presumibilmente, diverse incrostazioni di alghe coralline.

A questo punto è possibile iniziare il popolamento e la normale gestione della vasca.

la versione stampabile la trovate qua: http://acquaportal.it/_sjoplin/guidanano2010.pdf

Ultima modifica di SJoplin; 19-05-2010 alle ore 19:57.
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Vecchio 05-12-2008, 16:55   #2
Giuansy
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Sandro ma.....sei sicuro di stare bene?????? no perchè mi sta davvero impressionando.......maronna mia leggendo la guida penso che anche un bambino potrebbe intraprendere "l'avventura" con risultati soddisfacenti.....

tanto per fare il puntiglioso (leggi romperti i maroni):
secondo me nel paragrafo "stabilità" sarebbe opportuno mettere cosa
si deve fare per stabilire la "curva dei consumi"...........insomma il "delta"
della vasca.........
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Vecchio 05-12-2008, 18:07   #3
SJoplin
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Giuansy, più che d'accordo
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Vecchio 06-12-2008, 01:31   #4
thflair
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Binocolo del rifrattometro? volevi dire monocolo!

Ottimo lavoro Sandro..

Se avro un figlio...lo chiamerò sjoplin!
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Vecchio 06-12-2008, 01:45   #5
balabam
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meglio oculare, forse?

Forse qualche foto renderebbe più piacevole la lettura... complimenti comunque...
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Vecchio 06-12-2008, 07:54   #6
SJoplin
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thflair, e se io avessi un supermegarifrattometro stereo dove da una parte vedo la salinità, e dall'altra non ti dico cosa? mettetevi d'accordo voi cosa ci devo scrivere altrimenti risolvo con un poco elegante "BUCO"

balabam, sì, è vero indubbiamente che la lettura è un po' pesante, senza immagini, però è stata una cosa improvvisata, avevo voglia di scrivere un po' e mi ci son messo.
questa parte è un bel polpettone, da digerire, e mi piacerebbe capire se mischiare la teoria alla pratica è servito ad alleggerirne la lettura. comunque la versione stampabile è impostata diversamente, e già si legge meglio. quando avrò finito tutto l'ambaradam penserò pure alle immagini.
grazie
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Vecchio 06-12-2008, 08:23   #7
Giuansy
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mmm mica tanto d'accardo sul "polpettone" se lo si legge così tanto per leggere allora è un polpettone ma se lo leggi con interesse per sapere
e capire cosa occore per creare un ecosistema (nano)reef ti assicuro
che non è per niete "polpettone" ....naturalmente IMHO
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Vecchio 06-12-2008, 10:49   #8
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Non è strutturato male, io ho apprezzato il fatto che teoria e pratica siano miscelati in modo che si capisca il come e il perchè.

Per quanto riguarda il BUCO...ha ragione balbam..oculare. Comunque sjoplin, riguardo al rifrattometro stereo, la devi smettere di trovare tutti sti prodotti ultra-innovativi dei cinesi, non si riesce a starti dietro!

Aspettiamo il resto!
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Vecchio 06-12-2008, 10:52   #9
mauridj
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sjoplin, cosa dire bravo
se lo capito io,lo capiscono tutti !!
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Vecchio 06-12-2008, 12:13   #10
bubba21
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sjoplin, hai ragione, non sarebbe male se aggiungessi qualche foto.. Così anche proprio chi non ha la minima idea di cosa si parla potrebbe capire..

Comunque ottimo testo anche questo!
bubba21 non è in linea   Rispondi quotando
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allestimento , guida , nanoreef

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