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Vecchio 15-06-2006, 10:11   #1
marcogancio
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Manuale di Tutte le Malattie note e relative cure

Non e' opera del mio intelletto, lo premetto per evitare problemi ed evenutali inesattrezze. Ho raccolto da moltissime fonti cartacee e sul web tutto cio' che riguarda le malattie piu' o meno comuni dei nostri pescetti. Il tutto con le possibili cure.

L'ho messo in formato word e PDF ma i files sono troppo grandi per essere allegati in questa discussione, quindi ho fatto un semplice copia ed incolla che non rendera' di facilissima lettura il documento.

Spero possa essere utile.

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MALATTIE

Anche se potrà sembrare strano uno dei principali fattori che possono portare all’insorgere di una malattia è lo stress.
Le situazioni stressanti infatti indeboliscono il pesce e quindi si ammalerà più facilmente.

PREVENZIONE DELLE MALATTIE

La prevenzione delle malattie dei pesci viene fatta semplicemente rispettando le regole della buona manutenzione. Per questo rimandiamo alla pagina delle guide sull’allestimento e sulla manutenzione dell’acquario, mentre qui ci limitiamo ad affrontare l’argomento dei parametri chimici dell’acqua da cui possono dipendere le malattie dei pesci.
Ricordiamo prima di tutto che la vasca è un ambiente chiuso e quindi innaturale; poiché il pesce non è libero, come succede in natura, non può né spostarsi, per andare a cercare situazioni ambientali migliori, né scappare da eventuali predatori o da pesci più aggressivi.
Batteri, funghi e altri parassiti sono sempre presenti nell’acquario. Il sistema immunitario del pesce risponde normalmente all’attacco di questi parassiti, mettendo in atto difese che lo tengono lontano dalle malattie. Perché ciò possa avvenire è importante che la popolazione ittica della nostra vasca sia sempre ben equilibrata e che i valori chimici dell’acqua siano idonei ai tipi di pesci che stiamo allevando. Non bisogna mai mettere troppi pesci in acquario: ciò può portare ai conflitti da cui dipendono situazioni di stress. E’ necessario inoltre monitorare costantemente, anche se saltuariamente, i valori chimici dell’acqua: questo ci aiuta a capire se il nostro acquario è adatto a ospitare una comunità sana.

PARAMETRI CHIMICI IMPORTANTI

AMMONIACA, NITRITI E NITRATI

L’ammoniaca è il prodotto finale della mineralizzazione (processo per cui le sostanze organiche vengono trasformate in sostanze inorganiche più semplici) delle proteine contenute nei mangimi, nelle feci e nelle urine dei pesci. Può essere presente sia nella sua forma non ionizzata (NH3), altamente tossica, sia nella forma ionizzata (NH4+) non tossica. La quantità delle due forme presenti dipende dal pH dell’acqua presente nell’acquario. Acquari molto alcalini contengono maggiori quantità di ammoniaca tossica (NH3).
In acquari in cui funziona un buon filtro le molecole di ammoniaca vengono velocemente trasformate in nitriti (NO2-) dai batteri appartenenti al genere Nitrosomonas; successivamente i nitriti a loro volta vengono trasformati in nitrati (NO3-) da altri batteri appartenenti al genere Nitrobacter.
Generalmente, quindi, l’ammoniaca e i nitriti non costituiscono un problema, a patto che le vasche non siano sovraffollate e che non vi sia eccesso di cibo.
I nitrati sono il prodotto finale del filtraggio biologico e diventano tossici solo ad elevate concentrazioni. Vengono parzialmente rimossi in modo naturale, con l’assorbimento da parte delle piante e delle alghe, oppure col nostro intervento, durante i cambi dell’acqua.
Alcuni batteri (Costia, Chilodonella e Trichodina) proliferano quando i cambi dell’acqua sono insufficienti o il filtro non funziona bene e pertanto le condizioni dell’acqua diventano inquinanti.

pH

Nonostante i più comuni pesci che abitano i nostri acquari tollerino bene condizioni di pH diversi da quelle che si trovano in natura, sbalzi repentini di acidità o valori troppo diversi dalle loro condizioni naturali possono causare stress dovuto proprio all’acidità. In questo caso i pesci incominciano a nuotare in modo irregolare, respirano a fatica (respirazione accelerata), si isolano e stazionano vicino alla superficie dell’acqua. I pesci sono quindi più esposti alle infezioni batteriche.
L’acqua del nostro acquario deve essere quindi controllata periodicamente. Se dovesse risultare troppo acida (pH inferiori a 7) andranno fatti dei cambi d’acqua, aggiungendo all’acqua demineralizzata del bicarbonato di sodio in ragione di 5 - 15 gr. ogni 100 litri di acqua, controllando dopo ogni cambio che il valore dell’acidità aumenti gradualmente fino a raggiungere il valore del pH desiderato.
Se invece l’acqua dovesse essere troppo alcalina (pH superiori a 7) bisognerà innanzitutto individuare la causa del valore così elevato di alcalinità. In molti casi la stessa acqua di rubinetto ha già un valore elevato di durezza carbonatica, (il pH dell’acqua di rubinetto è spesso tra 7,2 e 8,2); in altri casi però possono essere presenti nell’acquario stesso oggetti che rilasciano ioni carbonato: conchiglie e sassi calcarei, introdotti inconsapevolmente, oppure ghiaie da fondo (come ad esempio la ghiaia chiamata “policromo”) che presentano impurità calcaree. Bisognerà quindi procedere all’eliminazione di tali impurità e, una volta eliminate queste, se il pH fosse ancora troppo alto, si potrà aggiungere nel filtro della torba e procedere a cambi con acqua deionizzata.

DENSITÀ POPOLAZIONE

La quantità di pesci introdotti nell’acquario è un fattore molto importante che può determinare l’insorgere e il diffondersi delle malattie. Quanto maggiore è il numero di pesci presenti, tanto più veloce sarà il consumo dell’ossigeno e maggiore la quantità di rifiuti organici prodotti. Conseguenza di tutto ciò sarà un aumento delle quantità di ammoniaca e di nitriti nell’acqua della vasca.
Bisogna altresì fare attenzione anche alle specie di pesci introdotte nell’acquario. Alcuni pesci possono, in presenza di altri più aggressivi, essere sottoposti a stress, nonché subire attacchi ed essere feriti. Le ferite, ovviamente, rendono il pesce più sensibile agli attacchi batterici.

TEMPERATURA

La temperatura ha un notevole effetto sullo sviluppo delle malattie nei pesci. Alcuni batteri si sviluppano bene alla temperatura alla quale vengono normalmente mantenuti i pesci tropicali (Flexibacter columnaris si sviluppa fra i 25°C e i 30°C). Altri batteri, come la Chilodonella o la Costia, invece, si sviluppano meglio a basse temperature (18°C).
I pesci vanno allevati alla loro temperatura ottimale, qualche grado di differenza in più o in meno è poco importante, mentre ciò che ha un effetto molto negativo sulla salute del pesce sono gli sbalzi di temperatura: l’adattamento del pesce alla temperatura deve avvenire lentamente.

NUTRIZIONE

Pesci non nutriti adeguatamente dimagriscono rapidamente e si indeboliscono diventando più sensibili alle malattie. Le cause di malnutrizione sono da ricondursi essenzialmente alla quantità e alla qualità del cibo. In generale, più è varia la dieta dei nostri pesci, meglio verrà soddisfatto il fabbisogno nutrizionale in termini di proteine, grassi, carboidrati, vitamine e minerali. E’ bene inoltre alternare diverse varietà di cibo secco, integrando eventualmente con del mangime congelato, precedentemente preparato e ben pulito.
Bisogna ricordare inoltre che l’eccessiva quantità di cibo può risultare dannosa quanto la sua mancanza. Molto frequentemente si tende ad esagerare con le razioni, contribuendo a “caricare” troppo il filtro, oltre che ad intossicare i pesci. I residui di cibo non consumato dispersi nell’acquario o depositati nel filtro, possono essere essi stessi fonte di parassiti e batteri.

QUARANTENA

La vasca di quarantena ha la funzione di evitare che vengano immesse nell’acquario, insieme ai nuovi pesci, anche eventuali malattie. Al fine di evitare brutte sorprese sarebbe quindi opportuno preparare una vasca riempita con la stessa acqua del nostro acquario.Qui i nuovi ospiti dovranno restare per un periodo di tempo di almeno di una settimana così da verificare lo sviluppo o meno dei sintomi di eventuali malattie.
Durante il periodo di quarantena si potranno fare dei trattamenti preventivi allo scopo di evitare lo sviluppo di alcune malattie causate per lo più da stress, come Ictyo, Costia, Chilodonella, vermi delle branchie e della pelle e infezioni batteriche. Per il trattamento dei pesci da quarantenare si usa solitamente un “cocktail” di medicine. La formula va calcolata per ogni 10 litri di acqua e il trattamento va portato avanti per i due giorni successivi all’arrivo dei pesci: 1,5-2 mg Nifurpirinolo, 2 o 3 gocce di FMC, 40 mg Metronidazolo. Alla fine del trattamento, se non compaiono segni di malattie, i pesci possono essere introdotti nell’acquario.
E’sempre bene, comunque, cercare di sincerarsi delle condizioni di salute dei pesci al momento dell’acquisto. Difficilmente chi possiede l’acquario in casa ha lo spazio per tenere un’altra vasca per la quarantena: una cautela di questo tipo dovrebbe prima di tutto prenderla il negoziante, ed è buona regola informarsene.

SINTOMI

Le malattie sono solitamente accompagnate da sintomi, ovvero la reazione dell’ospite all’agente patogeno. Possiamo distinguere, per comodità, due tipologie di sintomi: le alterazioni fisiche e i disturbi comportamentali.

ALTERAZIONI FISICHE

Le alterazioni fisiche sono modificazioni nell'aspetto o nella funzionalità degli organi del pesce provocati dalla malattia. Gli organi colpiti possono essere sia interni, sia esterni, in ogni caso i sintomi si manifestano su varie parti del corpo, a volte modificando anche l'aspetto del pesce. Di conseguenza si osserveranno alterazioni della mucosa, delle pinne, degli occhi o delle branchie; cambiamenti di colore o feci insolite.

DISTURBI COMPORTAMENTALI

Con disturbi comportamentali intendiamo il comportamento anomalo che i pesci ammalati manifestano rispetto a quelli sani. Le cause possono essere virali, batteriche, parassitiche ma anche dovute a errati valori chimico-fisici dell’acqua.
Anche in questo caso distinguiamo disturbi del comportamento e disturbi motori.
Alcune malattie possono essere diagnosticate correttamente anche solo con l’esame dell’aspetto del pesce o con l’osservazione del comportamento. In altri casi però bisognerà ricorrere all’esame al microscopio per determinare con precisione la malattia.
I pesci ammalati possono venire anestetizzati in modo da poterne prelevare le parti da osservare.
Per procedere all’anestesia occorre trasportare il pesce in una vasca sufficientemente grande e aggiungere all’acqua del metilsulfonato di tricaina (Ms 222). Dopo aver anestetizzato il pesce, bisogna prelevare degli strisci di muco o tagliare le parti della pinna attaccate dal parassita; per facilitare queste operazioni si può sistemare il pesce su un panno di cotone umido.
Durante le operazioni in cui si viene a contatto con il pesce malato è bene, per precauzione, indossare dei guanti in lattice. Alcune malattie infatti, come la tubercolosi, sebbene in casi molto sporadici, possono essere trasmesse all’uomo.


Fattori Che Provocano Stress:

fattori collegati alla qualità dell’acqua: durezza, inquinamento, ossigenazione, pH, temperatura.
fattori alimentari: eccessi alimentari, regime dietetico troppo poco vario, dieta qualitativamente poco adeguata.
fattori comportamentali: competitività territoriale, incompatibilità di specie, sovrappopolazione.
fattori ambientali: habitat nuovo o inadatto, trasferimenti.
fattori gestionali: filtraggio insufficiente, illuminazione inadeguata, vegetazione scarsa.

Malattie Alimentari

provocate appunto da un’alimentazione non corretta.

STEATOSI EPATICA

si verifica quando la dieta è troppo ricca di carboidrati e grassi

ENTERITI E OCCLUSIONI INTESTINALI

sono invece provocate da carenze alimentari.

COSTIPAZIONE

è un funzionamento irregolare o insufficiente dell'intestino: i pesci colpiti da questo disturbo non mangiano, producono poche feci, restano sul fondo e nei casi più gravi possono avere la pancia gonfia e tesa. La causa può essere la sovralimentazione o una dieta scorretta. Si cura introducendo nell'acquario, dopo aver isolato il pesce malato, circa mezzo cucchiaino di solfato di magnesio ogni 4, 5 litri di acqua; se è possibile, è meglio però rivolersi ad un veterinario.

EDEMA (o gonfiore ) DEL MALAWI

Sintomi in fase iniziale: Rigurgito del mangime; il pesce tenta di alimentarsi ma, dopo aver brevemente trattenuto il cibo, lo sputa; respirazione accelerata, opacizzazione o sbiadimento della livrea, nuoto a dondolio, inappetenza, isolamento, feci sottili che sporgono dall'orifizio anale.
Sintomi in fase avanzata: Rigonfiamento del ventre( Bloat), si può notare, nella fase iniziale, come i sintomi siano concomitanti con una infestazione di vermi delle branchie ma, a differenza della parassitosi, nella "Bloat" non vi è presenza di protrusione della bocca(colpi di tosse continui), tanto meno di ipersecrezione mucosa a livello branchiale.
Cause
A tutt'oggi non è noto ancora quale sia l'agente eziologico responsabile della patologia, sembra dipenda da più microrganismi(batteri-virus- protozoi) solitamente commensali dell'intestino e che, in situazioni a loro favorevoli, si presentano in tutta la loro virulenza.
Variazioni repentine di temperatura, sbalzi di valori, aggressioni di altri pesci, provocano un indebolimento delle difese immunitarie(stress generici), favorendo la comparsa della patologia.
Una errata alimentazione è di solito la causa scatenante, in particolar modo in specie erbivore(Mbuna).
Alimenti poveri di fibre (chironomus, cuore di bue, ecc.), in seguito ad un eccessivo rallentamento del lungo percorso intestinale, provocano pericolose occlusioni e conseguente proliferazione dei germi patogeni.
Terapia
La malattia è di difficile cura in uno stadio avanzato ma, se diagnosticata nella fase iniziale, ci sono buone probabilità di salvare il pesce.
Un farmaco ritenuto efficace è il Metrodinazolo il cui principio attivo è presente nel Flagyl, farmaco da uso umano alle dosi di 250 mg per ogni 50 litri d’acqua.
Come farmaco ad uso acquariologico, Octozin (Waterlife) seguendo le dosi indicate nel bugiardino.

Malattie Infettive

infezioni batteriche: corrosione delle pinne, malattia colonnare, tubercolosi.
infezioni micotiche: branchiomicosi, ictiofoniasi, saprolegnosi.
infezioni virali: ascite infettiva, linfocistosi.

CORROSIONE DELLE PINNE

Questa malattia, che è tristemente nota tra tutti gli acquariofili è di origine batterica ed è provocata da vari tipi di batteri quali Aeromonas, Vibrio e Pseudomonas spp. L'insorgenza della malattia è principalmente dovuta a "stress" e ad una non adeguata gestione dell'acquario.
Sintomi
Le estremità delle pinne, soprattutto quelle laterali, mostrano nella fase iniziale un ispessimento ed assumono un aspetto lattiginoso, successivamente si assottigliano e si sfilacciano lasciano un materiale definito "marciume": Spesso è evidente la presenza anche di altri batteri e virus nei tessuti morti.
Cause e terapia.
L'insorgenza di questa malattia è un indicatore dello stato generale dell'acquario, sarà quindi indispensabile controllare se: la qualità e quantità dell'alimentazione somministrata * il corretto funzionamento del filtro * l'eliminazione periodica di detriti e alghe * eventuali sbalzi nei valori chimico fisici dell'acqua * il pesce malato non sia pesce d'acqua salmastra allevato in acqua dolce (ad esempio Black Molly) Dopo aver verificato ed eventualmente riportato nei valori normali tutti i precedenti fattori si potrà intervenire con prodotti come Ektol fluid, esha 2000, Sera Bactowert, Tetra General Tonic o con bagni antibiotati con nitrofurantoina, con clortetraciclina o con cloramfenicolo. Di seguito riportiamo alcuni esempi di terapia che comunque andrebbero concordati con il vostro veterinario di fiducia prima di essere applicati. Aureomicina capsule 250mg bagni di un ora con il contenuto di una capsula in 5 litri d'acqua da ripetersi per 5 o 6 giorni.
Ottimi risultati si sono ottenuti con bagni di Nitrofurantoina(Furedan, Neofuradantin, Furil) reperibili in farmacia in compresse da 50 o 100 mg. bagni di circa 5 minuti con una compressa sciolta in 20 litri d'acqua. Bagno prolungato direttamente in acquario se più pesci mostrano il sintomo: 100 mg di medicinale ogni 40 litri per 15 giorni. Chemicetina Succinato 50-100 mg/litro bagni di 5 o 6 ore da ripetere per 4-5 giorni

FORUNCOLOSI

Sintomatologia:
Si presenta con diverse manifestazioni patologiche che di solito si evidenziano con piccole ulcere simili a bruciature di sigaretta di 2 - 20 mm di diametro o con piccoli foruncoli o bollicine sull’epidermide e sulle pinne del pesce che talvolta si aprono e lasciano fuoriuscire un liquido rosa, contenente grandi quantità di batteri e che diffondono l’infezione.
Agente patogeno e causa:
Provocata dal batteri Aeromonas salmoncida, batteri gram-negativi non mobili, la patologia è favorita dalle condizioni ambientali inadeguate, stress, inquinamento organico dell’acqua temperature basse (vasche da Discus
Trattamenti terapeutici:
Di solito, determinata la causa, basta eliminarla per riscontrare un regressione spontanea della patologia che comunque può ricomparire a breve distanza appena le condizioni igieniche peggiorano.
Nel dubbio ed in una fase iniziale della patologia può essere utile effettuare più cambi d'acqua del 20 % a distanza di due giorni per un'intera settimana. Il metodo è risultato più volte efficace.
Se il sintomo non regredisce è necessario effettuare un trattamento chemioterapico con prodotti specifici(Furanol della jbl, Bactopur direct della sera)o con medicinali ad uso umano quali Cloramfenicolo, Tetraciclina, Furazolidone

MALATTIA COLONNARE

La malattia colonnare e’ una patologia causata da un batterio chiamato flexibatter columnaris.
Patologia particolarmente pericolosa e contagiosa e si sviluppa con frequenze in vasche gestite da neofiti .Di questa patologia ne esistono di due tipi : a decorso cronico e a decorso acuto. Nella prima la sintomatologia e’ molto lenta ed i pesci muoiono altrettanto lentamente , al contrario nella seconda i ritmi sono decisamente più veloci, nel giro di poche ore e si e’ osservato che una popolazione ittica di 100 esemplari può morirne nel giro di tre giorni.
Sintomi: La malattia colonnare si presenta sui pesci con un batuffolo cotonoso sulla bocca che prolifera all’interno rendendo il muso del pesce corroso e malandato. insieme a questi sintomi si possono notare gli stessi batuffoli su pinne e squame che ampliandosi ricordano un ammuffimento sino a scoprirne i raggi. Anche le lamelle branchiali possono essere colpite per tanto in questa situazione si può notare una respirazione accelerata. In queste fasi il colore del pesce sfuma a totalità più chiare e perde l’appetito.
Cause: Le cause che scaturiscono questa patologia sono da ricercarsi in scarse condizioni igieniche, temperature elevate non idonee alle specie allevate, sovrappopolamenti, carenza di ossigeno ed elevate concentrazioni di ammoniaca.
Cure: E’ da sottolineare che la malattia colonnare si insedia prevalentemente nelle vasche dove manca igiene, pertanto qualsiasi rimedio usato per curare deve comunque essere preceduto da una attente pulizia della vasca e del fondo con sfoltimento della popolazione se si e’ in soprannumero.
I pesci colpiti o solamente con il dubbio di esserlo vanno immediatamente isolati in vaschette di quarantena. E’’ necessari durate le terapie mediche che ne seguiranno una alimentazione ricca di vitamine o con aggiunta di tali. I medicinali che possono essere impiegati sono bactowert della sera in alternativa general tronic. Ad esso può essere abbinato un antimicotico come mycowert della sera o fungistop della tetra. Soprattutto in terapia combinata, ma non esclusivamente, va tenuto l’ambiente di quarantena areato 24 ore su 24 e a temperature che non superano i livelli Standard di allevamento delle specie colpite, pertanto inutile anzi disastroso un incremento termico.
Può essere impiegata per la cura della colonnare anche la neomicina, contenuta nelle compresse di Streptosil, reperibili in farmacia, seguendo la posologia di 2 gr per 100litri per 3 giorni.
Prevenzione: Pesci allevati seguendo una buona e varia se non ricca alimentazione, non in soprannumero e rispettando le compatibilità delle specie e di generi, sono lontani dal poter contrarre una patologia simile. Voglio sottolineare che se non si rimedia alle cause i tentativi di cura risultano vani!


VESCICA NATATORIA: FUNZIONI E PATOLOGIE RICORRENTI

Nei pesci, la vescica natatoria ha la funzione d’organo idrostatico e di sensibilità idrostatica; essendo il peso specifico dei pesci leggermente superiore a quello dell’acqua, essi tenderebbero a scendere verso il fondo se non possedessero questo particolare organo che gli fornisce la possibilità di stazionare alla profondità desiderata.
In molti Teleostei inoltre funziona come organo di senso; in alcuni pesci la sacca della vescica natatoria ha una forma a punta che si diparte fino alla scatola cranica dove ha sede l’orecchio interno. Le onde sonore che si propagano nell’acqua, mettono in vibrazione il corpo del pesce ed il gas contenuto nella sacca funziona come sacca di risonanza propagandosi sino all’orecchio interno attraverso una catena di ossicini del tutto simili all’apparato di Weber dell’orecchio umano. La vescica natatoria si presenta come un sacco ovale più o meno allungato, disposto tra colonna vertebrale e cavità addominale, in stretto contatto con il tubo digerente. Spesso (per es. nei Ciprinidi) è divisa in due parti da una strozzatura; la sua capacità di espansione è garantita dall’elasticità del tessuto connettivo che la riveste, mentre alcuni muscoli ne determinano la contrazione in modo da regolare con precisione l’assetto.
I gas in essa contenuti vengono prodotti da particolari strutture poste nella parete che la ricopre: per la produzione di aria provvedono i corpi rossi che sono una formazione ghiandolare irrorata da una rete mirabile di capillari arteriosi e venosi, mentre il riassorbimento è effettuato dal corpo ovale, una struttura specializzata che può aprirsi o chiudersi grazie ad uno sfintere.
In alcune specie, comunque, un dotto comunica con l’esofago permettendo di aspirare direttamente dall’atmosfera il gas necessario. Evitando di appesantirvi ulteriormente con descrizioni approfondite sull’organo in questione, esaminiamo le cause scatenanti che possono provocare alcune patologie riscontrabili sui pesci ornamentali e i sistemi per prevenirle o curarle. In alcune specie d’allevamento di Carassius auratus problemi alla vescica natatoria sono molto frequenti e si manifestano con il pesce che galleggia in superficie (effetto boa) o resta immobile sul fondo in posizione rovesciata; qualsiasi tentativo di nuoto regolare risulta vano o di difficile attuazione. Spesso il sintomo si evidenzia subito dopo i pasti, durante il processo digestivo; di solito la posizione normale di nuoto ritorna regolare dopo poche ore; a volte le feci risultano intervallate da bollicine d'aria.
Prevenzione: Evitare di alimentare con razioni abbondanti i pesci, ma dilazionare nell’arco della giornata la somministrazione del cibo necessario. È importante inoltre non lasciar galleggiare troppo il mangime somministrato onde evitare che insieme all’alimento il pesce ingurgiti anche aria atmosferica. Risulta utile lasciar impregnare d'acqua gli alimenti (specie quelli in scaglie o liofilizzati) prima di somministrarli ai pesci; essendo gli organi interni molto compressi e vicini, un gonfiore eccessivo dello stomaco (costipazione), può provocare il blocco della vescica natatoria causando la sintomatologia descritta. Integrare l’alimentazione con cibi vegetali quali spinaci, piselli e zucchine appena sbollentate.
Cura: Lasciare a digiuno il pesce per 4-5 giorni poi somministrare alimenti vegetali freschi facilmente digeribili. Anche bruschi abbassamenti di temperatura possono provocare problemi alla vescica natatoria; un’infiammazione da raffreddamento si manifesta con difficoltà di nuoto, assetto irregolare, stazionamento in superficie o sul fondo con inutili tentativi del pesce di spostarsi ad altezze diverse.
Sindrome del nuoto a testa in giù.
Colpisce in maniera particolare Discus e Scalari o comunque pesci dal corpo alto ed appiattito sui fianchi. Di solito l’infiammazione riguarda la parte della vescica chiamata zona ovale che, tramite lo sfintere, regola la quantità di aria in essa presente. Se lo sfintere si blocca chiudendosi con la vescica piena d’aria, il pesce rimane in prossimità della superficie con la testa rivolta verso il basso. Nel caso in cui lo sfintere resti aperto, il pesce, non riuscendo a trattenere abbastanza aria per dirigersi in superficie, si adagia sul fondo, oppure nuota in prossimità del fondo stesso a testa in giù. Aumentando di tre-quattro gradi la temperatura dell’acqua, si assiste di solito ad una regressione spontanea della patologia. Nel caso il sintomo permanga è probabile che all’infiammazione sia subentrata una batteriosi. In questo caso può essere utile effettuare una cura con un antibatterico come il Cloramfenicolo in ragione di 100 mg per 20 litri per una durata di due–tre giorni. In molte specie di Anabantidi, un genere che integra la respirazione branchiale con quella atmosferica, il fenomeno è provocato da una temperatura dell’aria sovrastante la superficie dell’acqua troppo rigida.
In occasione dell’allevamento e riproduzione di Betta splendens in contenitori aperti ho potuto constatare, durante la stagione più fredda, un incremento di infiammazioni all’organo in questione. I pesci stazionavano in superficie e qualsiasi tentativo di dirigersi verso le parti più basse della vasca erano purtroppo inutili. Con ogni probabilità, in seguito ad un’infiammazione e conseguente blocco dello sfintere, il pesce non era in grado di espellere una quantità d’aria precedentemente aspirata. Mi bastava semplicemente coprire il contenitore con un coperchio, creando così una sacca di aria calda, per risolvere in poche ore il problema.
Note
Nel caso di gravi patologie(es. Idropisia) che interessano uno o più organi interni, l'infezione può espandersi alla vescica natatoria, compromettendone il funzionamento. Di solito in questi casi, vista la gravità e l'espansione della malattia, qualsiasi trattamento terapeutico difficilmente riuscirà a guarire il pesce.

TUBERCOLOSI

Sintomi:
Molto numerosi anche se alcuni atipici e possono comparire singolarmente o in contemporanea; isolamento, stazionamento sul fondo , ventre disteso o incavato, deformazione della colonna vertebrale che può far assumere al pesce una forma ad S, movimenti a scatto, inappetenza, sbiadimento della livrea, corrosione delle pinne, esoftalmo.
In fase avanzata, nel caso i pesci più robusti superino il periodo iniziale della patologia, si può assistere a desquamazione, macchie sanguinolente, ulcere aperte, distacco dalle orbite dei globi oculari. L'organo maggiormente colpito risulta essere il fegato, senza escludere possibili infezioni ad altri organi interni, quali intestino, milza, vescica ecc. Talvolta l'infezione si manifesta a livello del sistema scheletrico , in questo caso si possono osservare distorcimenti evidentissimi della colonna vertebrale. La malattia può presentarsi a decorso lento o ad andamento epidemico: nel primo caso si assiste a decessi periodici, nel secondo a morie di tutta la popolazione dei pesci ospitati nell’acquario nell’arco di pochi giorni.
Cause:
L’agente eziologico di questa malattia va identificato in Mycobacterium fortuitum o in altri micobatteri (M.piscium M.chelonae) presenti in forma latente nella vasca degli appassionati, in particolar modo in ambienti o zone scarsamente ossigenate. La patologia sembra colpire unicamente pesci ornamentali ed almeno nel nostro Paese è stata riscontrata sporadicamente in acquicoltura, molto raramente in pesci selvatici. In Estremo Oriente la tubercolosi dei pesci invece è abbastanza diffusa in impianti professionali(?) per l’allevamento di pesci ornamentali e, visto che molti grossisti europei importano da questi allevamenti, la causa principale della diffusione della malattia nelle nostre vasche, sembra essere appunto l’immissione di pesci vettori degli agenti patogeni. Le cattive condizioni igieniche, quindi sovraffollamento, mancanza di cambi parziali periodici, eccessivo materiale in decomposizione ecc, possono accentuare la virulenza dei batteri responsabili, presenti in fase di latenza in qualsiasi acquario ornamentale, virulenza tra l'altro strettamente correlata all'immunocompetenza acquisita dai pesci allevati. Solite regole preventive quindi, quindi, buona alimentazione, cura delle condizioni igieniche, rispetto dei valori chimico-fisici dell'acqua a seconda delle specie allevate.
Terapia
Non esiste terapia in grado di guarire i pesci colpiti da tubercolosi. Isolare immediatamente il pesce che mostra i sintomi sopra descritti ed iniziare una profilassi alla vasca onde evitare possibili contagi. Risultano efficaci per lo scopo, antibiotici ad uso umano quali l'Eritromicina(Erytrociclin) o la Ciprofloxacina (Flociprin), medicinale che risulta attivo nei confronti di batteri del genere Aeronomas, Pseudomonas, Vibrio, Edwardsiella e appunto Mycobacterium fortuitum. Nel caso la malattia assuma carattere epidemico, è conveniente sopprimere tutti i pesci ospitati nella vasca ed iniziare una disinfestazione di tutto l’acquario. Il sistema più semplice consiste nel far funzionare la vasca priva di materiale di fondo e materiali filtranti( risulta conveniente sostituirli), impiegando 50 ml su 100 litri d’acqua di perossido di idrogeno al 30%(acqua ossigenata) per tre giorni tenendo l’illuminazione e la pompa del filtro accesi. Si svuota poi la vasca che va risciacquata energicamente con acqua di rubinetto. Così come per altre malattie batteriche particolarmente virulente, l’unica vera cura resta dunque la prevenzione.

VIBRIOSI

Sintomi: mancanza di appetito e colorazione più o meno scura della pelle; in alcuni casi si possono notare lesioni cutanee o piaghe bollose sulla pelle; quando la malattia diventa sistemica può causare esoftalmia. Vibrio anguillarum appartiene alla stessa famiglia dei batteri del genere Aeromonas e in alcuni casi i sintomi possono essere simili a quelli dell’infezione di altri batteri.
Diagnosi: la vibriosi è dovuta all’azione esclusiva del batterio Vibrio anguillarum e può presentarsi nei pesci d’acquario piuttosto raramente. Una diagnosi certa richiede l’isolamento e la coltura dei batteri.
Prevenzione: la vibriosi risulta fortemente influenzata da fattori ambientali esterni negativi come il ricambio idrico insufficiente, la mancanza o la scarsità d’igiene, l’alimentazione non bilanciata e l’immissione in acquario di soggetti portatori.
Trattamento: per il trattamento della vibriosi si possono somministrare farmaci antibiotici secondo le modalità e le dosi che si usano per la malattia della corrosione delle pinne.

BRANCHIOMICOSI

La branchiomicosi è un'infezione causata da un fungo (Branchyomyces) che colpisce le branchie; si tratta di una patologia comune negli allevamenti in cui sono presenti numerose sostanze organiche o nelle vasche all'aperto ricche di alghe. Il danno provocato alle lamelle branchiali porta alla loro disgregazione, a difficoltà respiratorie e, infine, alla morte per soffocamento (causato da muco abbondante e filamentoso). I sintomi sono prevalentemente di tipo respiratorio, oltre al nuoto superficiale e all'aumento del movimento delle branchie. Anche per la branchiomicosi non esistono trattamenti sicuri. Quando la malattia non ha raggiunto stadi avanzati si può tentare una cura in vasca di quarantena con solfato di rame (soluzione 2 mg/l).

ICTIOFONIASI - ITTIOFONIASI

non presenta sintomi visibili perché si manifesta con la formazione di cisti a carico degli organi interni (cervello, cuore, fegato, milza e reni). Gli esemplari infetti nuotano con un’andatura dondolante. Responsabile dell'ictiofoniasi è l'Ichtyophonus hoferi, un fungo molto temuto perché difficile da individuare: la patologia si manifesta con la formazione di cisti a carico degli organi interni (cervello, cuore, fegato, milza e reni), senza la comparsa di lesioni esterne apprezzabili. Il fungo viene trasmesso attraverso l'alimentazione con pesce di mare crudo. Gli animali infettati nuotano in maniera anomala, con un'andatura tipicamente dondolante; il pesce malato è magro, la colonna vertebrale può apparire deviata. Malattia incurabile.

SAPROLEGNOSI

si presenta con l’insorgenza di filamenti bianchi in numero via via maggiore, il cui conglomerarsi porta alla formazione di lesioni simili a placche cotonose. Se curato in tempo l’esemplare infetto può guarire completamente. La Saprolegna è un fungo che attacca e decompone le sostanze marcescenti, come resti si cibo, frammenti di piante morte, ecc. Solitamente questo fungo non contagia i pesci, ma questo può accadere quando un animale si ferisce: la Saprolegna può attaccare la ferita, infettando il pesce. All'inizio l'animale non sembra risentirne molto, e a volte, se la ferita è piccola e il pesce forte, riesce persino a superare da solo l'attacco. Nel caso contrario, con ferita estesa, è necessario intervenire con medicinali appositi, che fermino l'avanzare della malattia. Malattia causata da funghi che si sviluppano su materiale organico in decomposizione; le ferite cutanee ben si prestano come terreno di
coltura. I filamenti fungini invadono le cellule dell'epidermide penetrando in profondità fino a raggiungere anche il tessuto muscolare. Sintomo inconfondibile è la presenza sulla superficie cutanea di velature di aspetto cotonoso con tendenza a estendersi in breve tempo anche in seguito all'esigenza del pesce di sfregarsi contro ogni ostacolo per la sensazione di fastidio provocatagli dalla micosi. Il trattamento può essere sia locale, con pennellature di alcool iodato, sia generale, per mezzo di bagni di cloruro di sodio al 3% o di verde malachite. In ogni caso va sempre evitata la manipolazione non corretta dei soggetti sani; asportando per abrasione il muco le possibilità di infezione aumentano notevolmente! Spesso sono efficaci brevi bagni in soluzioni concentrate di sale da cucina (30 g/l per 15 minuti) o di verde malachite (1 g/15l per 10 secondi). In taluni casi si può spennellare direttamente la parte interessata con tintura di iodio o blu di metilene all'1%. Nel caso delle uova, oltre a eliminare quelle attaccate, si può impedire la proliferazione del fungo mediante l'impiego di blu di metilene o di solfato di rame (5 mg/l).
ASCITE INFETTIVA – IDROPISIA

Quadro sintomatico
Assetto irregolare, opercoli spalancati, inappetenza, dondolio del pesce.
Nello stadio avanzato la regione ventrale si gonfia quasi fino a scoppiare, le squame si sollevano quasi ad angolo retto, l'apertura anale risulta infiammata e gonfia. Possono presentarsi sintomi secondari come esoftalmo e corrosione delle pinne.
Causa
Il responsabile di questa malattia è il batterio Aeronomas puntacta un microrganismo che normalmente non ha proprietà patogene. Alcune mutazioni hanno però portato a forme particolari del microrganismo quali la cosiddetta varietà ascitae, che rappresenta quella più frequentemente responsabile di questa malattia in acquario.
Gli organi più colpiti risultano essere il fegato e le gonadi. Solitamente l'addome si riempie di un liquido mucolento trasparente o verdastro che causa il rigonfiamento della zona ventrale. La malattia ha un tempo di incubazione abbastanza breve: a 20°C infatti sono necessari solo pochi giorni dal momento della prima infezione alla fase acuta. L'infezione può diffondersi quasi esclusivamente quando un pesce malato decede, il suo addome si apre ed il liquido "untore" si diffonde nella vasca. Particolarmente soggetti a questa malattia risultano le varie specie di Anabantidi (colisa , trighogaster, betta). Le cause principali dell'infezioni in acquario sono dovute alle pessime condizioni igieniche (cattivo filtraggio sovraccarico di sostanze organiche ecc.) e ad una alimentazione con prodotti scadenti: buona parte dei componenti dei mangimi industriali (scaglie granuli ecc.), a contatto con l'aria e della luce si ossida riducendo di molto i valori nutrizionali o rendendoli addirittura nocivi. Sarebbe opportuno travasare piccole quantità di mangime, tante da essere consumate in pochi giorni, in un altro barattolo e conservare il principale in un luogo fresco e asciutto. I cibi surgelati possono rappresentare un ottimo veicolo per questi batteri. Infatti, se durante il trasporto dal produttore al consumatore non viene rispettata una corretta "catena del freddo", periodi anche brevi di scongelamento possono portare ad un abbondante sviluppo di batteri le cui cisti vengono ingerite dai pesci. Il mangime congelato deve presentarsi al momento dell'acquisto perfettamente integro: Il chironomus di un color rosso vivo, le artemie color sabbia. Evitare di acquistare prodotti che presentano colorazioni marroncine o cristallizzazioni all'interno della confezione, ciò significa che il processo di conservazione o di surgelazione non è stato corretto.
Nel contempo si consiglia di non acquistare prodotti congelati durante i mesi caldi se il tragitto negozio-casa è lungo per i motivi sopra menzionati.
Ricordarsi di somministrarlo ai pesci perfettamente scongelato a temperatura ambiente.
Terapia
In una fase avanzata, quando la malattia è ben riconoscibile, non esiste alcun trattamento che possa assicurare il successo. Gli organi interni (fegato, gonadi, reni e intestino) infatti sono irreparabilmente compromessi e sarebbe opportuno sopprimere il pesce preservandolo da ulteriori sofferenze e per evitare che morendo in vasca possa infettare gli altri ospiti dell'acquario. La migliore strada per ridurre al minimo questo tipo di patologia nei nostri acquari, resta dunque la prevenzione.
Per chi volesse tentare una probabile cura è indispensabile isolare il pesce in una vasca di quarantena ed iniziare la terapia con degli antibiotici miscelati al cibo, quali aureomicina o tetramicina. Il trattamento può protrarsi anche per alcune settimane durante le quali è importante alternare gli antibiotici con complessi polivitaminici.
Note
Una dieta sana, varia e bilanciata è il miglior sistema per prevenire questa patologia. Al riguardo vi invito a leggere gli ottimi ed esaurienti articoli di Federico nella sezione Alimentazione, in particolare "Le proteine" e "Le fibre".

OCCHIO SPORGENTE - ESOFTALMO

Quadro sintomatico
Sporgenza anormale dei globi oculari, patina opaca sull’occhio. In fase avanzata, disgregazione centrale della cornea e conseguente cecità.
Causa
L’Esoftalmo è spesso provocato dal batterio Aeromonas punctata, che risulta responsabile di altre patologie più gravi. Da ciò si può dedurre che un sintomo di Esoftalmia può essere correlato ad altre malattie di origine batterica come l’Idropisia. Le cause scatenanti, come per la maggior parte delle malattie batteriche, sono da addebitare alla scarse condizioni igieniche della vasca, cattivo filtraggio, sovraffollamento, accumulo di sostanze organiche (cambi parziali sporadici), elevata temperatura.
Terapia
Di solito, con un sostanzioso cambio d’acqua pari a circa il 30-40% del volume effettivo della vasca, la patologia rientra spontaneamente. E’ necessario individuare le cause del sintomo ed eliminarle. Nel caso invece che il sintomo permanga, può risultare utile utilizzare un buon antibatterico specifico. Attraverso l’osservazione attenta del pesce colpito accertarsi che non ci siano sintomi aggiunti (ventre rigonfio, squame sollevate, corrosione delle pinne).
Note
E’ possibile confondere un Esoftalmo di origine batterica con un Esoftalmo di origine meccanica; dopo furiosi combattimenti da parte di pesci territoriali o aggressivi è possibile notare, in seguito ai colpi inferti, una certa pellicola lattiginosa su uno o entrambi gli occhi. Rigonfiamenti anomali ed improvvisi possono essere causati inoltre , da una ipersaturazione dell'acqua di gas inerti quali ossigeno(trasporto dei pesci appena acquistati con eccesso di ossigeno artificiale erogato in maniera errata nel sacchetto), CO2(errata erogazione), azoto.

LINFOCISTOSI

Quadro sintomatico
Agglomerati a grappolo simili a perline evidenti in particolar modo sulle estremità delle pinne. In fase avanzata i noduli possono attaccare l'epidermide.
Causa
La patologia è provocata dal virus Lymphocystis che, penetrando in una cellula del pesce la gonfia a dismisura.
Una volta acclimatosi e riprodotto, si diffonde alla cellule circostanti.
Ad esserne colpiti sono maggiormente specie di acqua salmastra e pesci marini ed in particolar modo pesci colorati artificialmente con iniezioni sottocutanee di coloranti.
Altre cause sono da addebitare alle inadeguate condizioni dell'acqua ed alimentazione errata.
Terapia
Migliorando le condizioni dell'acqua e somministrando vitamine, si può assistere ad un miglioramento progressivo comunque molto lento.
Nel caso fossero colpite le pinne può essere necessario un taglio netto appena sotto l'agglomerato. Il contagio tra individui è raro.

Malattie Parassitarie

malattie causate da protozoi: chilodoniasi, costiasi, ichthyophtiriasi, oodiniasi, tricodiniasi.
malattie causate da crostacei: argulosi.
malattie causate da anellidi: parassitosi da sanguisughe.
malattie causate da trematodi: dactylogiriasi e gyrodactiliasi.


CHILODONIASI - CHILODONELLA

La chilodonella e’ un parassita della pelle e delle branchie. Ne esistono di due tipi la cyprini e la hexastichus. Le due differiscono per la costituzione fisica del parassita che le causa. Entrambi i parassiti fanno parte della famiglia dei protozoi e della classe dei ciliati per cui tutta la loro superficie e ricoperta di ciglia che usano per muoversi ed aggrapparsi alle vittime. In pratica la struttura e’ concepita come quella del parassita che causa dell’ictio, due nuclei che formano un macronucleo che ne regola le funzioni vitali e sessuali.
Sintomi : Potendo attaccare prevalentemente pelle e branchie i pesci che ne vengono colpiti presentano un intenso sfregamento e pigrizia nel caso in cui vengano attaccate le branchie il pesce può avere una respirazione difficoltosa e dirigersi verso la superficie dell’acqua boccheggiando.
Il pesce colpito presenta un aspetto viscido provocato da una ipersecrezione mucosa che in pratica lo rende lucido. Pare che l’insediamento preferito del parassita sia la zona posteriore alla nuca fino alla spina dorsale. In queste zone la mucosa si ispessisce e diventa di colore bianco, fino a staccarsi del tutto provocando piaghe. Si sono osservate anche una respirazione accelerata se l’insediamento e branchiale e difficoltà natatorie.
Cure : I pesci colpiti o con il solo sospetto vanno immediatamente isolati in apposita vaschetta di quarantena con filtro e termoriscaldatore. Essendo un parassita come terapia vengono consigliati i comuni antiparassitari in commercio presso i negozi di acquariofilia come ad esempio cotraix o costawert a cui possono essere abbinati antibatterici a largo spettro come rispettivamente general tronic o bactowert. Utili in questi casi l’utilizzo di un areatore attivo 24 ore su 24 per ostacolare il nuoto del parassita ed ossigenare fortemente l’acqua , soprattutto nel caso di terapie abbinate. Può essere usato anche il solo blu di metilene nelle seguenti dosi:soluzione di base :1 gr. di blu su di 1l di acqua. Di questa soluzione se ne usa 1 ml per su di 1l di acqua dell’acquario o vaschetta di isolamento. Inutili sono gli innalzamenti termici , i quali serviranno solo ad indebolire i pesci colpiti in quanto il parassita vive bene alle alte temperature. Possono essere usati altri metodi per la cura quali negvon , chinino cloridrato, sulfamerazina, formalina.
Cause: Il parassita può comparire nelle nostre vasche a causa di una troppo folta popolazione , scarse condizioni ambientali, mangimi surgelati scadenti o mal conservati, mangimi vivi provenienti da laghetti con pesci, alimentazione errata e debolezza organica.
Prevenzione: I pesci se allevati correttamente rispettando le loro esigenze di spazio, numero, alimentazione sono abbastanza forti da neutralizzare da loro il parassita.

COSTIASI

Sintomi: la pelle secerne tanto muco che la mucosa del pesce si presenta opaca; sulle zone maggiormente infettate la pelle si disgrega finché non compaiono delle ulcere. Se vengono attaccate anche le branchie la respirazione diventa difficoltosa.
Diagnosi: si raschia la pelle con un vetrino portaoggetti e si pone il raschiato sotto il vetrino coprioggetto. Già a circa 100 ingrandimenti si osservano degli organismi che hanno un moto caratteristico barcollante, o “a cavatappi” e che compiono improvvisi balzi. Per identificare il parassita occorrono ingrandimenti maggiori (almeno 300x) viste le sue ridotte dimensioni (8 µm). La forma del parassita, che possiede due flagelli, è a fagiolo o piriforme, a seconda che nuoti libero o che sia attaccato alla pelle dell’ospite.
Prevenzione: Ichtyobodo si trasmette per diretto contatto tra pesce e pesce. Il parassita è però anche in grado di nuotare da un ospite all’altro e, soprattutto, di resistere per brevi periodi fuori dall’acqua, potendosi quindi trasmettere, attraverso retini o altri strumenti non sterilizzati, da una vasca all’altra. I pesci colpiti sono comunque quelli deboli, alimentati male e che vivono in condizioni igieniche non ottimali.
Trattamento: Ichtyobodo non è in grado di sopravvivere a temperature superiori ai 30°C, è quindi sufficiente aumentare la temperatura a 32°C. Contemporaneamente si tratta la vasca con del blu di metilene. La soluzione base si prepara sciogliendo1 gr di blu di metilene in un litro di acqua e si usano, di questa soluzione, 1-2 ml ogni litro di acqua dell’acquario per 1-3 giorni. In alternativa si possono usare il solfato di rame, la formalina o l'acriflavina.
Medicinali commerciali: Costawert (Sera): 8 gocce ogni 25 litri (o 20 ogni 20 litri) Se necessario ripetere dopo 2 giorni.
Protozin, Myxazin (Waterlife).

ICHTHYOPHTIRIASI – ITTIO

Ichthyophthirius multifiliis(malattia dei puntini bianchi)

Molto probabilmente e’ la malattia più diffusa in campo acquariofilo, ma non per questo la meno importante, e’ forse la malattia che tutti i pesci dei ns. acquari hanno preso almeno una volta ed in molti casi si e’ dimostrata fatale per i nostri amici .
La malattia e’ causata da un parassita ciliato (in quanto ha delle piccole ciglia e due nuclei contenuti in un unico macronucleo che ne regola la funzione vitale e sessuale).Le dimensioni sono di circa 0.5_1.5 mm. ottimo nuotatore si sposta da un ospite all’altro e si stacca dal suo ospite ai fini della moltiplicazione e vive in zone di acqua tranquille. Si attacca ad un soggetto tramite le ciglia, si riproduce lasciando dei tomiti o vesciche (i classici puntini bianchi), successivamente si ristacca andando alla ricerca di un altro pesce da colpire .se questo non avviene i 24 ore il parassita muore .
Il processo riproduttivo e’ tanto maggiore tanto e’ minore la temperatura. Se ne deduce quindi che la patologia in questione e’’ contagiosa per tutta la popolazione ittica contenuta in un acquario. solo per un breve periodo i pesci contagiati e guariti ne risultano immuni.
Sintomi:
un pesce colpito da ictio presenta dei puntini bianchi su tutto il corpo o , nella fase iniziale della malattia solo in alcune parti, comprese le branchie(si può notare respirazione accelerata) e pinne. Il pesce inizialmente comincia a sfregarsi contro oggetti , foglie ecc., in quanto il parassita provoca notevole fastidio, successivamente compariranno i puntini bianchi. Per dare una idea sembra che il pesce sia cosparso di farina. Con il proseguire della malattia il pesce da agitato che era cade in uno stato di torpore e tende ad isolarsi fino alla morte dove si osserva un distaccamento della cute.
Cause:
il problema principale sono gli sbalzi termici, che vengono procurati durante i cambi di acqua e lo stress da trasporto;ma non bisogna escludere cattive condizioni ambientali. Quindi può capitare che i pesci appena acquistati e introdotti nelle ns. vasche siano attaccati dal parassita. Saranno maggiormente a rischio i pesci che vivranno in ambienti poco igienici per cui le loro protezioni naturali dal parasita sono assenti. In un ambiente sano i pesci sono in grado di tenere a bada questi sgraditi ospiti.
Rimedi:
Isolare se possibile i colpiti .l’ictio si cura per prima cosa in vasca, fornendo un igiene costante ai pesci e temperature idonee alle specie allevate. Interrompere qualsiasi sistema di fertilizzazione in corso ed escludere eventuali erogazioni di co2(anidride carbonica).
Per prima cosa e ‘ opportuno attuare immediatamente un aumento termico fino a 30° c(per le specie che la sopportano) che potrà arrivare a 32 °c per discus e ramirezi. Attivazione di un areatore, costantemente per 24 ore su 24 per ostacolare il nuoto del parassita e per ossigenare meglio acqua in fase di incremento termico. Tale metodo deve essere osservato per 10 giorni dove i pesci dovranno essere controllati attivamente e dovranno essere nutriti con mangimi multivitaminici o con aggiunta di tali al primo segno di una respirazione superficiale(cioè verso la superficie alta della vasca) o di un rallentamento pesante della stessa la temperatura dovrà essere riportata a valori standard per la specie. L’incremento termico può essere fatto senza moderazione , al contrario la diminuzione di circa 2 gradi al giorno. Questo incremento può essere adottato in qualsiasi momento , quando cioè si nota uno sfregamento anomalo del pesce.
L’incremento termico e’ sufficiente nella fase iniziale della patologia cioè quando i pesci mostrano strofinamenti , quando compaiono i puntini bianchi e’ necessario passare all’uso di medicinali antiparassitari contenenti verde di malachite , quali costawert della sera, cotraix della tetra, esha exit della esha, fauna moor attenendosi alle istruzioni riportate sulla confezione dello stesso. Medicinali reperibili all’interno di negozi di acquariofilia. Anche con l’introduzione del medicinale e’ opportuno incrementare la temperatura e attivare un areatore. Se non si volesse proprio introdurre medicinali in vasca il trattamento termico potrà essere aumentato fino a tre settimane (areatore in funzione) con successiva riduzione graduale della stessa, ma non se ne garantisce un risultato sicuro e privo di conseguenze sul resto della popolazione.
Si possono usare come medicinali diversi quali l’acriflavina, chinina solfato o chinina cloridrato, verde di malachite allo stato puro.Al termine di una terapia medica e’ assolutamente necessario filtrare con carbone attivo per 24 ore e passati almeno tre giorni cambio parziale (30%)di acqua.
Prevenzione:
nei cambi di acqua assicurarsi di introdurre la stessa ad una temperatura che non si discosti di molto dalla temperatura presente in vasca(non più di un grado) con aggiunta di biocondizionatore. Igiene , acque pulite e alimentazione varia e vitaminica ai vs. pesci garantiscono da sempre una protezione naturale a questo parassita.

FLAGELLATI
Malattia del sonno (Cryptobia e Tripanosoma)

Sintomi: i pesci affetti da questi emoflagellati nuotano lentamente e mancano del riflesso di fuga, per questo si parla di “malattia del sonno”. Il ventre è incavato e i pesci tendono a restare in posizione obliqua, con il capo rivolto verso il basso. Le branchie sono pallide.
Diagnosi: La diagnosi certa di questa malattia può avvenire solo con un esame del sangue mediante un microscopio ad almeno 200 ingrandimenti. Nel sangue dei pesci colpiti dalla malattia del sonno si notano organismi dotati di rapidi movimenti, lunghi 15 µm dotati di due flagelli in posizione anteriore, di cui uno rivolto in avanti e uno rivolto all'indietro e provvisto di una membrana ondulante.
Prevenzione: la trasmissione della malattia avviene solo attraverso le sanguisughe. Sono quindi più esposti alla malattia i pesci da laghetto, mentre in acquario la malattia può arrivare solo mediante somministrazione di cibo vivo.
Trattamento: si può trattare la vasca con del blu di metilene, preparando una soluzione base con 1 gr di prodotto da miscelare in un litro di acqua e usando 1-2 ml di questa soluzione ogni litro di acqua dell’acquario per 1-3 giorni. Il trattamento non da sempre grandi risultati, in alternativa si può usare il FMC.

OODINIASI

La causa di questa affezione è il protozoo flagellato Oodinium o Amyloodinium ocellatum simile alla specie Oodinium limneticum o pillularis che causa la malattia del velluto, molto simile, nei pesci d'acqua dolce. Si tratta di un parassita esterno di forma arrotondata che si insinua sulle branchie e sul corpo del pesce che, negli stadi avanzati della malattia, appare come cosparso di polvere. Sull'epidermide e sugli orli delle squame si notano minuscoli puntini biancastri o giallastri che raggiungono anche i 100 micron di diametro. All'inizio dell'affezione i pesci si strofinano su sassi e coralli della vasca e respirano affrettatamente. La malattia si diffonde progressivamente sino ad ostruire le branchie e causare lesioni cutanee; si trasmette rapidamente da un pesce all'altro. Quando il parassita è maturo abbandona il corpo del pesce e cade sul fondo della vasca dove forma una ciste al cui interno la cellula si divide ripetutamente. In 3 giorni a 25°C si formano per ogni ciste 259 spore, ognuna delle quali è munita di flagelli e può quindi nuotare alla ricerca dei suo ospite per infettarlo. La malattia a volte si manifesta in maniera improvvisa a seguito dell'indebolimento di pesci che fino a quel momento vivevano in equilibrio con il parassita.
Cure
Si può utilizzare il solfato di rame (1-2 mg/l per 3-10 giorni), aggiungendolo direttamente nell'acquario purché non siano presenti invertebrati per i quali il rame è tossico. Per questo è preferibile trattare i pesci in una vasca a parte anche perché, in questo modo, i parassiti muoiono per mancanza di ospiti: i pesci devono rimanere lontani a lungo, poiché le spore flagellate sono vitali per 72 ore.

TRICODINIASI

La Trichodiniasi è una malattia sostenuta da un parassita della classe dei Ciliati e della sottoclasse Trichodina, il quale è fornito di ciglia orali.
L’infestione può presentarsi, oltre che nei pesci d’acqua dolce e di mare (soprattutto d’allevamento), anche nei pesci d’acquario; questi protozoi esterni si rinvengono, in ogni caso, con maggiore frequenza nei pesci marini ove, peraltro, presentano anche dimensioni maggiori.
Eziologia
Fra i tricodinidi più diffusi va ricordata la Trichodina domerguei che risulta particolarmente studiata dai ricercatori europei. Al momento questo genere risulta diviso in cinque gruppi che si differenziano tra loro per diversi caratteri; a seconda dei gruppi, infatti, può variare il loro diametro oppure la forma del nucleo o, ancora, la forma della cintura delle ciglia.
Ciclo biologico
Il parassita in argomento è molto grande e difatti può anche avere un diametro di 140-145 micron; esso è fornito di un elevato numero di dentelli e riesce a fissarsi al pesce colpito avvalendosi di una ventosa.
Nei casi in cui l’ospite viene a morte, il parassita lo abbandona in poche ore (circa una decina), a meno che la temperatura dell’acqua particolarmente elevata non gli consenta una permanenza più protratta; sono stati osservati periodi lunghi anche tre o cinque giorni (7).
Patogenesi
Questa infestione determina nei pesci colpiti la comparsa di lesioni cutanee più o meno regolari, sparse un po’ ovunque e di colore chiaro; le aree più frequentemente colpite sono il dorso e le vicinanze della testa. Dal momento in cui il parassita riesce a fissarsi all’ospite in poi i primi effetti dell’azione della ventosa consistono in una reazione ipersecretoria di muco, in una perdita delle squame e nella neoformazione di piccole macchie bianche o biancastre.
Le lesioni cutanee provocano in genere una distruzione parziale o totale del tessuto colpito e, in tutti i casi in cui vengono interessate le branchie, risulta palesemente danneggiato il sistema respiratorio.
Sintomatologia
In questa malattia il periodo di incubazione è molto breve; possono riscontrarsi, infatti, i primi segni di malattia già nella stessa giornata dell’attecchimento; i pesci, in ogni modo, perdono l’appetito abbastanza precocemente e generalmente respirano con qualche difficoltà, a maggior ragione quando sono coinvolte massivamente le branchie.
Diagnosi clinica
La diagnosi clinica di trichodiniasi è di solito molto agevole e ciò a motivo degli evidenti segni sulla cute di colore biancastro citati subito sopra.
Diagnosi di laboratorio
Anche qui, nei casi di sospetto di trichodiniasi, è possibile ricorrere con profitto all’esame microscopico a fresco, sottoponendo ad esame il raschiato della cute ed eventualmente delle branchie; l’osservazione va fatta a forte ingrandimento.
Il parassita appare in maniera tipica sotto forma di rosone, nel quale gli uncini appaiono disposti regolarmente in maniera circolare e a corona. Pure in questa seconda infestione i parassiti possono apparire in movimento; in più può aggiungersi che essi possono essere evidenziati anche dopo la loro morte, in quanto gli uncini conservano una notevole resistenza pure alla stessa putrefazione (6).
Attività di prevenzione
Per la trichodiniasi valgono le stesse regole già riportate a proposito dell’ictioftiriasi. In pratica va seguito il principio della quarantena secondo i criteri esposti sopra.
Qui si ribadisce l’importanza del rispetto delle comuni norme d’igiene caratterizzate dalla pulizia e dalla disinfestione.
Terapia
In questa malattia il ricorso ad eventuali preparati od a sostanze medicamentose può seguire gli stessi principi già riportati a proposito dell’ictioftiriasi.

MALATTIA DEL BUCO
(Spironucleus e Hexamita)

Sintomi: isolamento, dimagramento, feci bianche e mucillaginose, inscurimento della pelle e, talvolta, nuoto a scatti. La patogenicità varia da specie a specie, così gli scalari possono non soffrirne, mentre i Discus possono venire pesantemente colpiti.
Il buco in testa si forma solo negli esemplari adulti. I buchi, pieni di una massa biancastra, progressivamente si allargano distruggendo il tessuto circostante. Queste ferite diventano sede di infezioni secondarie sia batteriche sia micotiche.
Diagnosi: si esaminano al microscopio le feci appena espulse con ingrandimenti di minimo 120x. I flagellati hanno forma ovale allungata, misurano da 6 a 12 µm e hanno otto flagelli ripiegati all’indietro, di cui due più lunghi degli altri sei.
Prevenzione: questa malattia è dovuta alle cattive condizioni igieniche dell’acqua e ad un’alimentazione povera di vegetali e vitamine.
Trattamento: il trattamento consigliato è con il metronidazolo. Si calcolano 10 mg di medicinale ogni grammo di cibo per cinque giorni consecutivi. Se il pesce non mangia, si polverizza una compressa (250 mg) ogni 50 litri di acqua dell’acquario. La compressa polverizzata va sciolta in poca acqua calda. Il trattamento prosegue per tre giorni, dopodiché si effettua un cambio dell’acqua e si filtra con carbone attivo.
Medicinali commerciali: Exa-ex della Tetra
Altri flagellati intestinali appartengono al genere Tricomonas e Bodomonas. I Tricomonas hanno un corpo sacciforme, lungo mediamente 12 µm e sono dotati di 4 flagelli, di cui tre battono assieme mentre il quarto è unito al corpo cellulare da un membrana. Le cellule di Bodomonas hanno una forma slanciata con due flagelli all’estremità anteriore, uno dei due flagelli è ripiegato all’indietro. Per il trattamento di questi flagellati si usa il metronidazolo come per Hexamita e Spironucleus.

PROTOPALINA SYMPHYSODONIS

E' un flagellato che si trova nell’intestino dei Discus (raramente in altre specie). Può raggiungere la dimensione di 0.1 mm e per poterlo osservare si analizzano le feci al microscopio. Poiché è una malattia che non danneggia particolarmente i Discus infettati, raramente si notano dei sintomi. Per trattare questa malattia si utilizza il metronidazolo come per la malattia del buco.

ARGULOSI

Si tratta di una malattia provocata dai crostacei del genere Argulus, più noti come "Pidocchi dei pesci" o “Argulidi. Sono parassiti piuttosto grossi (8-10mm) e facilmente visibili sull'epidermide dei pesci dove si insediano per mezzo di arti uncinati e ventose. Sono dotati di una proboscide appuntita di cui si servono per nutrirsi. Si muovono facilmente nuotando da un pesce all'altro e lasciando sulla pelle puntini rossi e zone arrossate circondate da eccessi di muco secreto dal pesce a scopo difensivo. Le ferite possono con il tempo diventare necrotiche e ulcerose e causare infezioni secondarie.
CURE
Date le dimensioni dei parassiti si può tentare di toglierli con l'aiuto di pinzette dopo averli spennellati con una soluzione salina concentrata che può anche servire per disinfettare la ferita. I pesci trattati vanno posti in una vasca di quarantena. Si può anche ricorrere a bagni di permanganato di potassio (1g/100l). Le larve di questi parassiti sopravvivono senza ospiti per soli due o tre giorni.
le infezioni dovute a crostacei si possono trattare con il comune sale da cucina: in una bacinella da un litro di acqua si sciolgono 15 g di sale e vi si lascia il pesce da 10 a 45 minuti.
Altrimenti si può impiegare la formalina se non sono già presenti ferite vive sul pesce,o il permanganato di potassio.
Medicinali commerciali: COSTAWERT: 8 gocce ogni 25 litri (o 20 ogni 20 litri) per tre giorni consecutivi.

PARASSITOSI da SANGUISUGHE

Le parassitosi da sanguisughe sono estremamente facili da diagnosticare, poiché gli agenti responsabili sono anellidi di grandi dimensioni e visibili senza problemi a occhio nudo: una delle sanguisughe più comuni è la Piscicola geometra, di dimensioni variabili dai 2 ai 6 centimetri e caratterizzata dalla curiosa andatura a compasso.
Sintomi dell'infestazione sono: prurito, anormale quantità di muco cutaneo. Cura: immergere il pesce in una soluzione di acqua e sale da cucina (soluzione al 3 per cento), la sanguisuga abbandonerà la presa.

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FINE Parte 1
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