|
|
Originariamente inviata da giangi1970
|
condormannaro, Scusami ma,nella mia piu' totale ignoranza del paese in questione,credo che alle varie multinazionali poco freghi di trattare meglio gli operai....sono costretti e trattarli meglio.
Aprono fabbriche perche' li e' molto piu' conveniente che in altri paesi.....
Questo l'ho potuto vedere anche nel mio,se pur ristretto(il vetro artigianale di Murano).
Fino a pochi anni fa' quasi la totalita' delle fornaci aveva spostato la produzione di grandi quantita' in romania e altri paesi dell'est mica per sfruttare un mercato emergente....semplicemante costava meno pagare un contadino che lavorava 12 ore al giorno per 150€ al mese che un maestro vetraio a 2000 00€....naturalmente a scapito della qualita'....ma con dei margini talmente alti di guadagno che anche "sostituire" piu' volte un pezzo difettoso non creava problemi.
A tutt'ora la produzione nei paesi dell'est non c'e' piu' perche'?????
La Cina costa ancora meno........
E' vero crea posti di lavoro e guadagno a chi non ne aveva....ma a che condizioni????
La realta' e che le multinazionali sfruttano questi paesi per incrementera i propri guadagni e poco gli frega di far crescere un paese industrialmente.
Testimonianza ne e' proprio la Mattel e altri che producono prodotti scadenti(e a volte pericolosi)ma li rivendo allo stesso prezzo di quelli prodotti nel proprio paese....a costi di produzione ben diversi.....
Tu dici che poco a poco le condizioni di lavoro miglioreranno...io sono dell'idea che quando la qualita' del lavoro raggiungera' gli standard a cui(giustamente) siamo abituati noi il mercato li abbandonera' a se stessi perche' non gli converra' piu'.
La mia forse e' una visione semplicistica della faccenda....ma ti assicuro che quello che ho detto e' basato sulle mie esperienze personali nel campo.......
|
Gentile Giangi,
la tua non è una visione semplicistica della faccenda. Semmai non è completa.
Mi spiego.
La crescita economica della Cina non è certo dovuta solamente alla delocalizzazione, che è il fenomeno cui fai riferimento.
Non stiamo parlando infatti di un paese come la Romania, ove la delocalizzazione ha avuto grande sprint negli anni passati, in particolare dal nord-est e verso l'area di Timisoara.
Stiamo parlando di un paese, la Cina, che costituisce sede per la delocalizzazione ma, anche e soprattutto, ha una propria industria. E grande. Non è la Romania, alla quale da quando sono esauriti i giacimenti di greggio non rimane molto altro, e che sta attraversando un momento di transizione difficile perchè lo spostamento ad est degli investimenti brucia il terreno sotto i piedi.
La Cina ha un proprio tessuto industriale, tecnici altamente qualificati, fior di ingegneri, scuole di formazione di altissimo livello, e grandi risorse naturali.
Ha avuto bisogno di capire e di imparare. Lo ha fatto e lo sta facendo.
Non sono solo le multinazionali il problema dei lavoratori cinesi. Tra l'altro le condizioni di lavoro nelle fabbriche cinesi, a quanto ho potuto constatare nel pur ristretto ambito delle mie esperienze, sembrano essere decisamente migliori che in quelle impiantate ad esempio in India e nei paesi limitrofi.
Io credo, e per fortuna non lo credo solo io, ma anche chi sta molto più in alto di me, che la Cina non vada vista tanto come un posto dove costruire a basso costo, quanto un luogo dove vendere quello che hai costruito qui, o altrove.
Questo non vuol dire, per rispondere a Tuko, che misure protezionistiche non possano essere necessarie ed auspicabili per riequilibrare eventuali scompensi dovuti a varie ragioni (mancato rispetto dei marchi, contraffazione, alterazioni di mercato di varia natura ecc.).
Vuol dire solo che, ripeto, tutta questa demonizzazione mi sembra trovare origine prevalentemente in una ostilità ideologica nei confronti del comunismo, e nella tendenza, molto anglosassone e moltissimo italica, di considerarci sempre i primi della classe e di vedere gli altri, quando si fanno sotto, come dei barbari. Se poi i barbari sono pure comunisti, apriti cielo.
A presto