Gentile Mauro,
in effetti il discorso è divenuto a due, e quindi mi fermo anche io.
Mi spiace tu non possa passare per Roma, perchè mi avrebbe fatto piacere una buona birra e due chiacchiere.
Riguardo quanto scritto, mi sembra che alla fine ci unisce la morale di fondo.
Sul merito, un paio di dettagli:
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Ai fini della legalita', chi come me vede le cose dall'esterno, vede un truffatore (sia il truffato una persona o lo stato) e da in gestione la cosa pubblica a chi e' indubbiamete persona di dubbia moralita'.
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Il punto è che sarebbe sommamente ingiusto considerare una qualunque condanna motivo sufficiente per un licenziamento, prescindendo dal reato per il quale si viene condannati.
Esempio: un conto è una condanna per truffa ai danni dello Stato, che tradisce un comportamento delittuoso nei confronti dell'istituzione il cui interesse si dovrebbe invece tutelare, un conto è una condanna per lesioni, anche dolose, che potrebbero originare in situazioni ove non è detto che entri in gioco la moralità del reo. O perlomeno ci potrebbe entrare poco.
Anche nel caso della truffa semplice. Il confine qui è più delicato, ma esiste. Una truffa semplice può originare anche da una modesta falsificazione di un documento, per ottenere ad esempio la concessione di un piccolo mutuo. Magari per comprarsi un pc.
Bene: è un reato. Va punito. Ma veramente l'autore merita di essere licenziato dal proprio impiego pubblico, che non c'entra nulla con quello che ha combinato? Non lo so. Ho dei dubbi.
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Verosimilmente esistono altri reati di minore entita' ed e' noto nella mia citta' il caso di un professore condannato per qualcosa in merito (saranno atti osceni o che ne so) che insegna regolarmente
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Non conoscendo il caso, non mi esprimo. I reati sessuali sono severamente puniti nel nostro ordinamento, con tanto di sanzioni accessorie.
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Si forse andrebbe rivista qualche procedura, non so giudicare, ma mi pare che il codice di procedura penale e' stato riformato di recente, sbaglio?
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Non mi riferisco alla procedura, cioè alle norme che disciplinano la fase processuale, ma alla fase esecutiva, cioè quella che entra in gioco DOPO la condanna definitiva.
Sono quelle norme che rappresentano un serio ostacolo alla realizzazione del principio della certezza della pena. Il che inficia l'aspirazione alla legalità, che a tutti noi preme.
Con questo non voglio dire che la fase esecutiva della pena non debba essere armonizzata con i principi costituzionali di rieducazione del condannato e via dicendo, ma solo che, per come si sono stratificate le norme e per la loro applicazione concreta, siamo finiti per confondere tutela e garanzia con inefficacia della sanzione e lassismo penalistico.
Abbiamo insomma esagerato.
Con tutto questo, il licenziamento del dipendente pubblico, quando prospettato nei termini apocalittici che spesso leggo in giro, suona come una vera presa in giro.
A presto
Roberto