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Originariamente inviata da Manu1988
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Poi agniuno è libero di provare e fare i suoi esperimenti.
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Ognuno fa come vuole.
Se però "l'esperimento" vuole avere la parvenza di essere un esperimento "scientifico" (ossia che sia, in primo luogo, "riproducibile" e soprattutto pertinente a quello che vuole dimostrare) bisogna che venga fatto con alcuni accorgimenti.
Se il "criterio" per la verifica della presunta allopatia è "chiediamo a chi si è seccata la vallisneria" e non facendo una statistica mirata e uno studio riproducibile (cosa MOLTO difficile in casa) è facile che vengano fuori bestialità (ripetute all'infinito perché, si sa, in rete "si dice").
A parte quello, altre cose che mi lasciano perplesso sono (ad esempio, e tra molte altre) le seguenti:
- perché piante provenienti da continenti diversi dovrebbero aver sviluppato allopatie intra-specifiche? Sapevano che milioni di anni dopo la loro comparsa qualche acquariofilo le avrebbe messe assieme in una vasca?
- perché piante che in natura sono palustri hanno un qualche vantaggio a inibire la crescita di altre specie? Posso capire in un deserto (manca l'acqua), posso capire verso le alghe (inibiscono la fotosintesi della pianta ricoprendola), ma piante palustri hanno vantaggio dal vivere ASSIEME (mantengono l'umidità, offrono resistenza alla furia dell'acqua, ecc. ecc.). Senza contare che specie commestibili potrebbero trovare riparo da eventuali erbivori crescendo accanto a specie velenose.
- SOPRATTUTTO: perché queste allelopatie hanno pochi o punti riscontri in letteratura scientifica?
- SOPRATTUTTO (2): perché prima che la Walstad pubblicasse il libro l'allopatia non era calcolata nemmeno un po' in acquariofilia, mentre ora viene osservata ogni tre per due?
Ovviamente il mio è solo uno spunto. Però provate a fare una breve ricerca (anche su Google scholar). Potrebbe essere illuminante.