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Vecchio 08-10-2013, 11:28   #1
Wurdy
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Le spugne sono alla base della catena alimentare nelle barriere coralline.

Articolo molto molto interessante... porterebbe i sistemi con vasca criptica in situazione davvero favorevole. Cosa ne pensate?
Se la discussione prende piede poi spostiamo in approfondimenti.

Articolo preso da qui : http://www.lescienze.it/news/2013/10.../?ref=HRESS-37
ho fatto copia incolla così rimane sicuramente disponibile anche in futuro.

Il colpo di spugna che aiuta le barriere coralline

Scoperto un ciclo centrato sulle spugne che permette alle barriere coralline di rendere disponibile la materia organica disciolta nell'acqua a tutta la fauna che vive attorno a questi ecosistemi sottomarini, tipici delle aree tropicali degli oceani. Il riciclaggio avviene per opera di specifiche cellule delle spugne che filtrano la materia organica disciolta e sono poi disperse in mare. Queste cellule sono poi ingerite da crostacei e altri animali, innescando così la catena alimentare delle barriere coralline

Le barriere coralline sono tra gli ecosistemi più produttivi del pianeta, ma per i biologi, e non solo per loro, sono un vero e proprio paradosso già messo in luce da Charles Darwin. Questi ecosistemi infatti riescono a prosperare in acque povere di nutrienti, che possono essere considerate come l'equivalente marino dei deserti.

Sulle pagine della rivista “Science” Jasper de Goeij, dell'Institute for Biodiversity and Ecosystem Dynamics dell'Università di Amsterdam e colleghi di altri istituti olandesi, illustrano il ruolo cruciale delle spugne nel riciclare la materia organica disciolta, rendendola disponibile per tutta la fauna che vive attorno alle barriere coralline.

Questi ecosistemi sono formazioni sottomarine originatesi per effetto della deposizione degli scheletri calcarei dei coralli, o antozoi, animali che si presentano solitamente in ampie colonie di piccoli polipi. In passato, gli scienziati avevano sottolineato che queste formazioni, tipiche dei mari e degli oceani tropicali, funzionano come gigantesche ed efficientissime centrali di riciclaggio del carbonio e dei nutrienti presenti nelle acque, rendendoli disponibili a pesci, crostacei molluschi ed echinodermi. Tuttavia non era mai stato chiaro quali organismi nello specifico si occupassero di questo complessa trasformazione e con quali meccanismi biologici.


Una suggestiva immagine di una barriera corallina: lo studio ha chiarito il ruolo cruciale delle spugne nel riciclo dei nutrienti in questo importante e delicato ecosostema (© Stephen Frink/sf@stephenfrink.com/Corbis)
In mare aperto, sono le popolazioni microbiche presenti nell�acqua a trasferire la materia organica verso livelli trofici più elevati, realizzando un molto efficiente. Ma studi effettuati sulle barriere coralline dei Caraibi e dell�Oceano Indiano hanno mostrato che, in questi ecosistemi, i microbi presenti nelle acque e nei sedimenti permeabili adiacenti, e in particolare il cosiddetto batterioplancton, non sono sufficienti a spiegare il tasso di assorbimento di sostanze organiche disciolte.

De Goeij e colleghi hanno ipotizzato per questo processo un ruolo cruciale delle spugne, e in particolare della specie Halisarca caerulea, per le quali è stato documentato un ricambio assai rapido dei tessuti. Questa spugna infatti ha particolari cellule, denominate coanociti, che filtrano i nutrienti dispersi nell�acqua del mare, in grado di moltiplicarsi velocemente, ogni 5-6 ore. Questa rapida produzione di cellule è bilanciata da una massiccia dispersione nell�acqua di vecchi coanociti in forma di particolato organico. Questo ha portato all�ipotesi secondo cui le spugne usino la maggior parte del carbonio per mantenere un elevato turnover cellulare.

Gli autori hanno ipotizzato inoltre che questa possa essere la fase iniziale di un vero e proprio “ciclo delle spugne”, in cui questi detriti cellulari vengono successivamente ingeriti dagli organismi, denominati detritivori, che si nutrono di particolato, come i crostacei e i policheti. Poiché i detritivori sono a loro volta mangiati da altri animali marini, è possibile che le spugne siano alla base di una catena alimentare, alla quale danno inizio riciclando nell�ecosistema i nutrienti come fanno i microrganismi in mare aperto.

Queste ipotesi sono state puntualmente verificate da De Goeij e colleghi prima in un acquario e poi in ambiente marino naturale.

Questo inedito “ciclo delle spugne” spiegherebbe, secondo gli autori, in che modo i cosiddetti hot spot biologici come le barriere coralline possono resistere e prosperare in acque povere di nutrienti, e rappresenta un nuovo modello biologico che potrebbe essere estremamente utile per gli sforzi di conservazione di questi delicati ecosistemi.Le barriere coralline sono tra gli ecosistemi più produttivi del pianeta, ma per i biologi, e non solo per loro, sono un vero e proprio paradosso già messo in luce da Charles Darwin. Questi ecosistemi infatti riescono a prosperare in acque povere di nutrienti, che possono essere considerate come l'equivalente marino dei deserti.

Sulle pagine della rivista “Science” Jasper de Goeij, dell'Institute for Biodiversity and Ecosystem Dynamics dell'Università di Amsterdam e colleghi di altri istituti olandesi, illustrano il ruolo cruciale delle spugne nel riciclare la materia organica disciolta, rendendola disponibile per tutta la fauna che vive attorno alle barriere coralline.

Questi ecosistemi sono formazioni sottomarine originatesi per effetto della deposizione degli scheletri calcarei dei coralli, o antozoi, animali che si presentano solitamente in ampie colonie di piccoli polipi. In passato, gli scienziati avevano sottolineato che queste formazioni, tipiche dei mari e degli oceani tropicali, funzionano come gigantesche ed efficientissime centrali di riciclaggio del carbonio e dei nutrienti presenti nelle acque, rendendoli disponibili a pesci, crostacei molluschi ed echinodermi. Tuttavia non era mai stato chiaro quali organismi nello specifico si occupassero di questo complessa trasformazione e con quali meccanismi biologici.

Il colpo di spugna che aiuta le barriere coralline
Una suggestiva immagine di una barriera corallina: lo studio ha chiarito il ruolo cruciale delle spugne nel riciclo dei nutrienti in questo importante e delicato ecosostema (© Stephen Frink/sf@stephenfrink.com/Corbis)
In mare aperto, sono le popolazioni microbiche presenti nell'acqua a trasferire la materia organica verso livelli trofici più elevati, realizzando un molto efficiente. Ma studi effettuati sulle barriere coralline dei Caraibi e dell'Oceano Indiano hanno mostrato che, in questi ecosistemi, i microbi presenti nelle acque e nei sedimenti permeabili adiacenti, e in particolare il cosiddetto batterioplancton, non sono sufficienti a spiegare il tasso di assorbimento di sostanze organiche disciolte.

De Goeij e colleghi hanno ipotizzato per questo processo un ruolo cruciale delle spugne, e in particolare della specie Halisarca caerulea, per le quali è stato documentato un ricambio assai rapido dei tessuti. Questa spugna infatti ha particolari cellule, denominate coanociti, che filtrano i nutrienti dispersi nell'acqua del mare, in grado di moltiplicarsi velocemente, ogni 5-6 ore. Questa rapida produzione di cellule è bilanciata da una massiccia dispersione nell'acqua di vecchi coanociti in forma di particolato organico. Questo ha portato all'ipotesi secondo cui le spugne usino la maggior parte del carbonio per mantenere un elevato turnover cellulare.

Gli autori hanno ipotizzato inoltre che questa possa essere la fase iniziale di un vero e proprio “ciclo delle spugne”, in cui questi detriti cellulari vengono successivamente ingeriti dagli organismi, denominati detritivori, che si nutrono di particolato, come i crostacei e i policheti. Poiché i detritivori sono a loro volta mangiati da altri animali marini, è possibile che le spugne siano alla base di una catena alimentare, alla quale danno inizio riciclando nell'ecosistema i nutrienti come fanno i microrganismi in mare aperto.

Queste ipotesi sono state puntualmente verificate da De Goeij e colleghi prima in un acquario e poi in ambiente marino naturale.

Questo inedito “ciclo delle spugne” spiegherebbe, secondo gli autori, in che modo i cosiddetti hot spot biologici come le barriere coralline possono resistere e prosperare in acque povere di nutrienti, e rappresenta un nuovo modello biologico che potrebbe essere estremamente utile per gli sforzi di conservazione di questi delicati ecosistemi.
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