AcquaPortal Forum Acquario Dolce e Acquario Marino

AcquaPortal Forum Acquario Dolce e Acquario Marino (http://www.acquariofilia.biz/forum.php)
-   Saper comprare (Marino) (http://www.acquariofilia.biz/forumdisplay.php?f=112)
-   -   CITES come funziona (http://www.acquariofilia.biz/showthread.php?t=307309)

condormannaro 13-06-2011 19:44

Buonasera a tutti.

Sono stato contattato da davy180 sul Forum della FEO (Federazione Europea Ornitofili), dove abitualmente scrivo, e mi è stata segnalata questa discussione.

Innanzitutto ringrazio coloro che hanno fatto appello ad una prodigiosa memoria per ricordare i miei interventi su questo Forum, dove saluto tutti quelli che da tempo non sento, a cominciare da Marco.

In effetti oggi mi occupo di Cites molto più di allora.

Mi fa piacere che sia nata questa discussione perchè mi darà l'occasione per fare alcune precisazioni, anche in ordine agli interventi che sono stati riportati da vecchi post e che meritano qualche approfondimento.

Sia qui che nel campo ornitologico, seppur con sostanziali differenze legate non tanto alla normativa quanto alla fisiologia degli animali, il problema Cites è un problema attuale e che va affrontato con prudenza e cognizione, ma anche, dal punto di vista associativo, con grande determinazione.

Il solco che deve essere ben evidente, e che va se possibile ancor più delineato, è quello fra gli onesti e rispettosi delle regole, e dello spirito della Convenzione, ed i disonesti, che della Convenzione e degli animali se ne infischiano.

Quel solco dipende da noi, e da una buona conoscenza delle regole, la cui applicazione non deve essere subita dall'ignaro allevatore, ma deve essere il frutto della collaborazione costruttiva con l'Autorità. Autorità che talvolta, purtroppo, ed a volte anche comprensibilmente, non è immune da peccati in punto di disponibiltà, conoscenza e ragionevolezza.

Mi riservo quindi di intervenire sulla questione nel giro di due o tre giorni, non appena troverò un po' di tempo, per dare risposta ai molti quesiti e dubbi che ho visto espressi nelle pagine precedenti.

A presto

Roberto

Athos78 13-06-2011 20:24

Quote:

Originariamente inviata da awake (Messaggio 1060954727)
no, mi riferivo ad un altro topic che non trovo piu' e che cercherò . comunque Davy180, tu hai parlato per molti anni con il corpo forestale ,ma nel 2007 ricercando informazioni precise in materia di cites, l'utente di questo forum, nonchè avvocato CONDORMANNARO , dopo aver richiesto delucidazioni non al corpo forestale, ma bensi direttamente al MINISTERO di competenza, scriveva in un topic a proposito di cites:

"Ad oggi non esiste alcun obbligo di registrazione per chi alleva coralli. E' ammessa la cessione a titolo gratuito senza alcuna formalità. Per cedere coralli a pagamento, occorrerebbe un registro. Sul punto tuttavia mi riservo di ritornare."

..e ancora.....

"Per la tranquillità di tutti, anticipo un fatto fondamentale: oggi qualunque controllo a casa di ciascuno di noi, ci troverebbe perfettamente in regola, qualunque corallo si possieda e anche in totale mancanza di documentazione."

...infine.....

"E' probabile che se tu telefonassi oggi ad un ufficio del Corpo Forestale otterresti risposte diverse, tanto da quelle di allora, quanto da quelle che forse ti darebbero anche oggi presso uffici di altre città.
Con questo non voglio certo dire che il Corpo Forestale non conosce le norme che deve far rispettare, ma solo che a volte, se non spesso, il singolo operatore è più un...operativo, che non un fine giurista o un tecnico con radicate competenze normative.
Una circolare congiunta del Ministero dell'Ambiente e del Ministero delle Politiche Forestali ha voluto fare chiarezza su alcuni punti oscuri del Decreto Ministeriale che ha istituito il registro (D.M. 8 gennaio 2002).

Questa circolare, nel punto che a noi interessa (paragrafo 2 - soggetti tenuti alla compilazione del registro), dice:

"i detentori di animali e piante che esercitano una forma di allevamento non finalizzata allo sfruttamento commerciale degli esemplari ottenuti, sono esentati dalla compilazione del registro. Qualsiasi forma di alienazione a titolo oneroso, ivi comprese la locazione, la permuta o lo scambio di esemplari, deve essere sottoposta a registrazione. Sono pertanto tenuti alla compilazione del registro tutti gli allevatori o detentori di animali e piante che abbiano finalità commerciali o che vendono, scambiano, permutano o affittano esemplari"

Come dice il brocardo, in claris non fit interpretatio

Per fortuna quindi, senza finalità di sfruttamento commerciale, non dobbiamo tenere alcun registro. Registro la cui tenuta temo, contrariamente a quanto ti hanno riferito, sarebbe piuttosto fastidiosa.
Non sono sicuro che sia così semplice tenere il registro, nè indolore. Non sono nemmeno certo, prima di aver compiuto l'approfondimento che mi sono ripromesso di fare, che ciò sia necessario. Un dato pressochè certo è che non siamo tenuti a conservare alcuno scontrino, in quanto la legge non impone al privato proprietario di un animale in Cites, di attestarne in alcun modo la provenienza (non più di un qualunque altro bene che si detiene in casa).
La Forestale da te interpellata ha detto bene: il registro ci vuole se scambi, ma non se detieni e basta."

-------------------------------

il corpo forestale di Bologna oggi , 13 giugno 2011, e non nel 2007 , alle domande poste telefonicamente ha cosi risposto :

1) il negoziante non ha nessun obbligo nel fornire spontaneamente il certificato cites riguardante (e parliamo di animali in allegato B).ha invece l'obbligo di annotare lo scarico sul proprio registro nelle tempistiche previste dalla legge.

2) qualora il cliente ne facesse esplicita richiesta il negoziante è obbligato a fornire contestualmente alla vendita (quindi a fattura o scontrino)una dichiarazione (senza dover utilizzare alcun "modello per la cessione ai fini cites" che invece faceva parte della vecchia normativa)riportante i dati identificatifi dell'animale( specie, nr di cites , quantita') e allo stesso tempo deve avere dall'acquirente : 1)dichiarazione firmata con tutti i dati personali dello stesso ") possibilità di verificarne la veridicità tramite documento d'identità 3) autorizzazione al trattamento degli stessi dati ". ovviamente lo stesso negoziante è obbligato a riportare lo scarico sul proprio registro .

3) il privato che decide di vendere uno dei propri esemplari,compresi i riprodotti, non solo deve possedere la dichiarazione sopracitata , ma è obbligato alla compilazione del registro cites .

4) nessun acquariofilo che semplicemente detenga nella propria abitazione e nella propria vasca specie animali appartenenti all'allegato B , è obbligato o tenuto in alcun modo a conservare scontrini o documenti di altro tipo , pertanto non è passibile di sanzioni ne amministrative ne penali ne tantomeno di alcuna confisca.

----------------------------------------------------------

Davy180, la " detenzione "a cui fa riferimento il testo da te riportato , sono quasi sicuro che riguardi le aziende . infatti nessun negozio puo' semplicemente detenere animali in cites senza avere il certificato cites relativo , a meno che non ci sia una dichiarazione da parte del donatore(ad esempio un privato sprovvisto di nr cites a cui si è rotta la vasca e che decide affidare o regalare i propri animali ad un negozio), ma anche in quel caso la vendita sarebbe interdetta, fino al rilascio del certificato da parte del corpo forestale .

Athos78 , come riportato sopra , a seguito di colloquio telefonico con il corpo forestale di Bologna ,e in coincidenza con quanto scritto nelle otto pagine precedenti , il documento di cessione ai fini cites è stato abolito con la nuova normativa gia da tempo , pertanto non vi è alcun automatismo che obbliga al rilascio del cites . ad ogni modo fai bene a chiedere una dichiarazione con tanto di nr di cites ogni volta che compri un'acropora , e ti consiglio vivamente di munirti contestualmente anche di registro , perchè se tra un anno tu dovessi taleare un acropora presente nella tua in vasca e vendere la talea ricavata ad esempio sul mercatino a 10 euro, non solo il negoziante dal quale avevi acquistato l'esemplare non sarebbe piu' tenuto a doverti dare il cites(che poteva fornirti solo contestualmente alla vendita) ma saresti anche oltre il limite temporale di 30 gg previsto dalla legge ,tempistica prevista come tempo massimo per la registrazione del carico e quindi,per la non corretta tenuta del registro cites, in quel caso, saresti sicuramente passibile di sanzione amministrativa ,probabilmente nella forma minima di 3000 euro .

Tu confondi il registro con il documento relativo allanimale .... il negoziante riceve l'animale con relativa documentazione allegata e se non te la da è come se non avesse scaricato l'animale.

Le cose o le leggi dalle leggi o una telefonata serve quanto un due di picche .... gia provato di persona .... chiesto al dipartimento militare di firenze quanti esami dovevo dare per la richiesta di rinvio e mi è stato spergiurato che ero a posto fino a che non mi sono visto recapitare la chiamata a casa ...... vedi un pò tu ..... manco loro sanno come funziona la legge!! ;-)

GIMMI 13-06-2011 22:03

Condormannaro, Roberto, grazie molte della risposta, aspettiamo con curiosità le tue sintesi.
nel particolare, che poi è per questo che ha preso il via il post, mi piacerebbe sapere se quando compriamo un corallo possiamo ricevere anche un qualche certificato, cites o altro, questo perchè a me è stato negato .....sarebbe molto bello avere la legge bella stampata da lasciarla in lettura al ns. amico che vende.
ancora grazie
Max

awake 14-06-2011 10:50

Athos , ti sbagli . il negoziante riceve dal grossista una fattura dell'animale con il relativo numero di cites e non ha nessun certificato cites in originale nelle proprie mani . tu pensi che il negoziante abbia in mano un foglio (cites), magari originale, per ogni animale ? ma cosa dici ?!!!???!!! .cioè se un grossista importa 1000 talee di acropora pensi che gli diano insieme un libro cites di 1000 pagine una per animale ? :-D
funziona cosi: io negoziante compro 10 acropore dal grossista x . il grossista x mi scrive in fattura 10 acropore, cites 1234567 , prezzo relativo . io ho un solo documento e un solo numero di cites che mi servirà per il CARICO di 10 animali , il tutto sta sulla fattura del grossista, NESSUN ALTRO DOCUMENTO MI è NECESSARIO . io negozio ,scaricherò poi semplicemente l'animale nel mio registro annotando il tipo di documento d'uscita(scontrino ,fattura,...)e la motivazione(vendita,cessione gratuita,.....) e facendo riferimento al nr di carico che è un numero di assegnazione progressiva ,e al numero del registro .esempio approssimativo e semplificato di scarico : nome =acropora spp. , causa dell'uscita=vendita,nr di identificazione= nr di carico 37 della data xx,yy,abcd del registro nr 12125, quantita'=1, destinatario = io indicavo il numero di fattura riportante i dati del cliente che necessariamente dovevo inserire in fattura , chi emette scontrino metterà il numero della battitura senza aggiungere alcun dato relativo al compratore .
guarda,gestendo un'attività fino a qualche mese fa che si occupava anche di coralli vivi, ed avendo ricevuto controlli da parte del corpo forestale della mia zona , credimi che un'idea della corretta tenuta del registro ce l'ho , e dato che non avevo registratore di cassa, emettevo direttamente fattura indicanto sulla stessa il nr di cites in modo che fosse piu semplice per me ricordarmi esattamente come e quando registrare gli scarichi . credo che un'attività che utilizza solo scontrini abbia piu' difficoltà nel gestire la cosa.

Athos78 14-06-2011 20:28

Come credi. Tu hai le tue esperienze, io le mie ...;-)

ALGRANATI 14-06-2011 20:59

Quote:

Originariamente inviata da Athos78 (Messaggio 1060957190)
Come credi. Tu hai le tue esperienze, io le mie ...;-)


non vorrei mettere zizzania....ma Awake lo fà#13 di lavoro farci avere coralli.

liferrari 14-06-2011 21:22

Ma scusate un attimo,
Mi sembra di capire che comunque ci sono leggi della madonna che poi non si riescono a rispettare, anche da parte delle persone in buona fede.

Insomma i soliti raggiri interpretativi alla supercazzola di tognazzi.

Ma anche all'estero sono in questa situazione ?

Athos78 14-06-2011 23:54

Quote:

Originariamente inviata da ALGRANATI (Messaggio 1060957268)
Quote:

Originariamente inviata da Athos78 (Messaggio 1060957190)
Come credi. Tu hai le tue esperienze, io le mie ...;-)


non vorrei mettere zizzania....ma Awake lo fà#13 di lavoro farci avere coralli.

Macche zizzania!!:-)) La mia era solo la mia esperienza personale ... Poi ognuno rimane della sua idea. Se si sta dietro a quellio che ti comunicano dai vari uffici si sta freschi!! Mio padre ha chiamato il numero verde per la compilazione del modulo delle tasse per sapere se una spesa era detraibile o meno ... La risposta?!? "Bo!! Non lo sappiamo!!" Almebo sono stati sinceri.;-)

ALGRANATI 15-06-2011 07:23

Quote:

Almebo sono stati sinceri.
#rotfl##rotfl#

egabriele 15-06-2011 08:56

Quello delle leggi cosi' intricate che nessuno poi capisce bene come rispettarle anche in buona fede, e' un'altro dei problemini Italiani.

D'altra parte e' vero che il CITES copre una varieta' incredibile di piante e animali, dalla tigre al pappagallo, dal corallo alla tartaruga.

Pero' secondo me, in buona fede, chiedere un numero di cites da privato a negoziante, al di la' se sia necessario o no:

1 - fa capire ai negozianti che c'e' una attenzione e che lo stare in regola puo' essere uno strumento per vendere.
2 - Se ci chiamiamo 'appassionati' questo implica anche tenere traccia degli animali, la provenienza ecc.... ma molti di noi non sanno neanche se gli animali in vasca provengono dall'australia o dal mar rosso!

Poi se vogliamo fregarcene la scappatoia ci sta di trovarla sempre!

Awake, visto che ci lavori.... ma il numero di Cites per chi compra da grossisti e per chi importa, e' uno per animale, o uno per importazione? cioe' se vengono spediti 20 coralli in un box contemporaneamente, hanno un codice unico, o ognuno ha comunque il suo codice?

condormannaro 15-06-2011 16:24

Buongiorno a tutti.

Come promesso intervengo nella discussione nell’intento di chiarire almeno alcuni dei molti dubbi, spesso più che legittimi, che sono emersi nei post precedenti.

La materia Cites è estremamente complessa e negli anni, studiandola per varie ragioni, mi sono reso conto che anche per gli addetti ai lavori non è agevole districarsi fra le varie norme e le conseguenti applicazioni, spesso non perfettamente sincronizzate con le regole a monte.

Le ragioni sono molte.

In parte dipende dal fatto che le fonti delle norme in questione sono molte, e vanno coordinate. Si inizia da una Convenzione internazionale per passare attraverso regolamenti comunitari, direttive, decisioni, fino a giungere a leggi dello Stato italiano, a decreti ministeriali, interministeriali e via dicendo, fino a giungere alle non sempre impeccabili circolari amministrative (che a volte tentano di imporre regole che per loro natura non possono imporre – vecchio vizio dell’Amministrazione di livello dirigenziale).

In parte dipende dal fatto che esigenze di conservazione faunistica si intersecano con esigenze di natura fiscale e doganale.

In parte dipende dal fatto che le norme si sono stratificate nel tempo e che per di più sono state scritte, soprattutto ai livelli inferiori, da soggetti di cui traspare la non perfetta conoscenza della materia.

In parte dipende dal fatto che le norme nascono per difendere specie fra loro molto diverse, sia per fisiologia che per diffusione e modalità di allevamento o trasporto, passando dagli uccelli, che ad esempio possono essere inanellati, per arrivare ai coralli, laddove non solo non si può anellare nulla ma, considerando la riproduzione per via asessuata, addirittura perde senso l’applicazione di norme che non hanno minimamente tenuto in conto che un corallo se lo spezzo in due diventa…due coralli.

In parte, infine, dipende da ataviche sofferenze della nostra Amministrazione, che patisce i mali storici di questo Paese: difesa del posto di lavoro, svolgimento di mansioni al di fuori della propria portata pratica e professionale, insufficienza dell’organico, difficoltosi rapporti con un’utenza a volte tecnicamente molto più preparata ed a volte (direi spesso), al contrario, ignorante e pressante.

Risolvere questi problemi vorrebbe dire risolvere alcuni dei principali problemi che affliggono il nostro Paese, il che è assolutamente fuori dalla portata e dalle intenzioni di chi si occupa di Cites.

Quello che possiamo tentare di fare è di mettere qualche paletto, ancorandoci sempre all’unico punto fermo che ancor oggi, nonostante i tanti strappi di cui leggiamo quotidianamente, continua a rappresentare la stella polare di chi vuole rispettare le regole ed essere una persona perbene: le norme.

Iniziamo quindi da cose note, che però è importante avere ben presenti.

In campo acquariofilo molte specie di coralli sono inserite nella Convenzione Cites, e più precisamente nelle sue Appendici.

Quello però che a noi riguarda da vicino non è la Convenzione, sottoscritta da vari Paesi, ma il Regolamento CE 338/97 che, successivamente integrato e modificato, è oggi l’atto con cui l’Unione Europea dispone l’applicazione della Convenzione in Europa, trasformando le Appendici in Allegati e stabilendo alcune modifiche ed alcune regole che sono anche, in certe parti, più restrittive rispetto a quelle previste dalla Convenzione.

Tale Regolamento, cui si accompagna il Regolamento 865/06 che detta le regole per la sua applicazione, prevede in varie sue parti che i singoli Stati membri, fra cui ovviamente l’Italia, possano dettare regole applicative e più stringenti.

E questo è avvenuto, tanto che in Italia è stata approvata dapprima la L. 150/92, che prevede tutta una serie di sanzioni penali, e non, a carico di chi realizza determinati comportamenti in ambito Cites e poi, in applicazione del comma 5 bis, articolo 5, introdotto nel 1998 nell’impianto della legge, è stato istituito con D.M. 3 maggio 2001, poi sostituito dal tuttora vigente D.M. 8 gennaio 2002, il famoso Registro di detenzione.

Successivamente è stata emanata una lunga serie di circolari, soprattutto in tema di avifauna, di cui mi occupo abitualmente ma che qui, per fortuna, non ci interessa granché perché non riguarda il settore acquariofilo.

Premesso tutto questo, iniziamo con i paletti.

Paletto numero 1 – Quali sono i coralli in Cites

Non esistono attualmente coralli in Allegato A.

Sono invece inseriti in Allegato B diversi generi, fra cui le Scleractinia, i Tubiporidae, Helioporidae, Milleporidae e qualcun altro. In sostanza i coralli duri.

Paletto numero 2 – Quali documenti bisogna avere

Il fatto che i coralli sono in Allegato B vuol dire che la rigida disciplina dell’art. 8, comma 1, del Reg. 338/97, che si applica alle specie in Allegato A, e che comporta il divieto sostanzialmente di ogni e qualunque attività di natura commerciale che le riguardi, è mitigata dal più morbido comma 5, che prevede la possibilità di svolgere tali attività (vendita, permuta, detenzione per la vendita ecc.) purché “all’autorità competente dello Stato Membro interessato sia prodotta una prova sufficiente della loro acquisizione e, ove abbiano origine al di fuori della Comunità, della loro introduzione in conformità della legislazione vigente…”.

Che vuol dire?

Vuol dire, semplificando, che si possono vendere e detenere i coralli duri purché si sia in grado di dimostrare da dove vengono (chi ce li ha dati) e, se sono stati importati, si possa dimostrare che l’importazione è stata regolare.

Come si fa?

Per le specie in Allegato B, che sono quelle di cui stiamo parlando, non esiste il cosiddetto “Certificato Cites”.

Quello che infatti viene volgarmente chiamato così, è il Certificato di cui all’art. 8, comma 3, che è previsto solo per le specie in Allegato A. E’ quel Certificato che, rilasciato dall’Amministrazione, riguarda un singolo animale o pianta e per quel singolo esemplare consente le operazioni di natura commerciale.

Se non esiste questo certificato, visto che siamo in Allegato B, come faccio, in caso di controllo, a fornire “prova sufficiente della loro acquisizione” e, se viene dall’estero, a dimostrare che è stato importato “in conformità della legislazione vigente”?

Prima di rispondere, una precisazione.

Gli esemplari di specie in Allegato B devono anche soddisfare un altro requisito, descritto nella tutta italiana L. 150/92. All’art. 2 infatti viene stabilito che commette reato, ripeto reato (seppur contravvenzionale, cioè di minor gravità – mi perdonino i giuristi per la grossolana semplificazione), chi anche solamente “detiene” un esemplare “senza la prescritta documentazione” (comma 1, lettera f.).

La prescritta documentazione si può ritenere essere quella prevista dalle norme quindi quella che soddisfa il requisito comunitario della “prova sufficiente” di cui sopra, più gli eventuali altri documenti, laddove imposti dalle norme (cogenti).

Morale: sempre lì si torna, cioè occorre poter dimostrare, quando previsto dalle norme anche con documenti, da dove abbiamo preso l’animale.

Il concetto di “prova sufficiente” non è ovviamente particolarmente preciso, ma può bastare per orientarsi in modo appropriato.

La valutazione finale, tuttavia, la farà l’Amministrazione, e se per caso questa non dovesse ritenere “sufficiente” la prova che produrremo, impugneremo la sanzione di fronte all’Autorità giudiziaria e sarà il Giudice a dire se aveva ragione l’Amministrazione a sanzionarci oppure no.

Così funziona, in tutti i settori.

Ma vediamo di dare qualche indicazione per cercare di avere dei riferimenti.

E’ evidente che se io in vasca ho una bella acropora e vengo controllato dovrò avere almeno uno scontrino del negoziante che me l’ha venduta da cui si possa arguire, perché magari stampato su tale documento, che il prezzo indicato era per un’acropora. Oppure, in alternativa, sarà con ogni probabilità sufficiente una “dichiarazione di cessione”, redata in carta libera dal negoziante o dal privato che ci ha venduto il pezzo, in cui siano riportati gli estremi dell’operazione.

Ed il Cites?

Come ho detto, non esiste un Certificato Cites.

Ad essere pignoli se il pezzo che acquistiamo è di importazione sulla dichiarazione di cessione sarebbe opportuno fosse indicato il numero della licenza di importazione, che volgarmente viene chiamato numero Cites. Questo perché l’ultima parte di quel comma 5 tratta in modo diverso ( dice infatti la norma: “…se viene dall’estero…”) il caso di soggetti provenienti dall’estero da quello in cui invece sono di derivazione nostrana.

E’ mia ferma convinzione, supportata per fortuna dai principi generali del nostro ordinamento, che il privato, se acquista in un negozio, non sia tenuto ad avere una particolare documentazione, addirittura indicante estremi di documenti fuori dal suo controllo e dalla sua visione e che riguardano operazioni di terzi (negoziante ed esportatore), perché il negoziante opera nell’ambito di autorizzazioni (licenze) che implicano controlli dell’Autorità e quindi sollevano il privato dal verificare la legittima provenienza dell’esemplare acquistato, per evidenti ragioni di tutela dell’affidamento.

Voglio dire che se un privato va in negozio, può legittimamente aspettarsi di acquistare beni di legittima provenienza, seppur protetti dalla Cites, perché si può altrettanto legittimamente aspettare che il negoziante, a monte, sia soggetto ai dovuti ed opportuni controlli.

Questo significa che il privato è a posto e tranquillo se va in negozio, compra, paga, e si fa rilasciare lo scontrino con riportata almeno la specie del soggetto acquistato o, meglio ancora, una semplice “dichiarazione di cessione” del negoziante, senza bisogno di numeretti strani o altro.

Ma il negoziante è obbligato a rilasciare tale documento?

In realtà non esiste alcuna norma che imponga al venditore di rilasciare un particolare documento o dichiarazione, fatta salva, per i negozianti, lo scontrino o la ricevuta fiscale (ma per ragioni appunto fiscali).

Posso pretendere un altro documento?

Ad essere pignoli l’unico modo per pretenderlo è… non acquistare l’animale perché, come appena detto, non è attualmente vigente uno specifico obbligo di fornire al privato acquirente una documentazione particolare, anche se banale come una “dichiarazione di cessione” in carta semplice.

Fra privati, per fare le cose bene, il venditore o comunque il cedente dovrebbe rilasciare una “dichiarazione di cessione”, in modo che il compratore, se sottoposto a controllo, possa permettere all’Autorità di risalire al cedente, ed eventualmente ancor più a monte, rispettando quindi quell’obbligo di fornire la “prova sufficiente” della legittima acquisizione che è imposta in prima battuta dal Regolamento comunitario ed in seconda, in misura leggermente diversa, dalla legge italiana.

Quello che non siamo tenuti ad avere, e lo scrissi anche all’epoca, è un documento Cites o altro, perché non esistono particolari Certificati per specie in Allegato B e perché una volta che abbiamo la prova di aver acquistato da un certo negozio, o da un certo privato, sarà poi compito loro eventualmente fornire alle Autorità, in caso di controllo, i prescritti documenti.

Paletto numero 3 – Il Registro di detenzione

Il Registro lo devono avere (ed usare) solo ed esclusivamente coloro che cedono coralli a titolo oneroso, sia vendendoli che anche semplicemente scambiandoli.

Chi regala non lo deve avere.

I Registri sono in realtà due, perché uno (EB) riguarda gli animali “interi” in Allegato B (per esempio le Tridacne), l’altro (PAB) le parti di animali, quindi di fatto le talee di coralli duri.

Non rientrano nella tutela della Cites, e quindi nemmeno nella disciplina del Registro, i frammenti di corallo inferiori ai 3 cm e la sabbia corallina (vedi nota 7 del Reg. 709/10).

Rientrano eccome in Cites, e nella disciplina del Registro, le cosiddette “pietre vive” proprio perché come noto non sono vive, ma “parti di corallo morto”, e quindi a pieno titolo tutelate dalla normativa (tranne i limiti di misura appena indicati).

Questa è la ragione per cui ad un utente intervenuto in questa discussione era stato fornito un documento (apparentemente) per alcuni corallimorfari. Non era per i coralli molli, ma per la roccia su cui erano attaccati…



Bene.

Spero di aver contribuito a fissare qualche punto. Il discorso è stato lungo e sarebbe ancor più lungo se piantassi qualche altro paletto, che pure andrebbe piantato, ma per ora mi fermo qui e resto a disposizione per ogni chiarimento o richiesta.

Buona giornata.

Roberto

qbacce 15-06-2011 16:35

Grazie molte per la messa in chiaro di moltissime cose..#25
Una cosa che non mi are tu abbia detto è il discorso di una farm: io per esempio apro una farm dove taleo e vendo talee di coralli da colonie madri per le quali ho la fattura (prova sufficiente giusto?) del negoziante dal quale le ho acquistate. Tali colonie sono regolarmente scritte sul registro di detenzione (EB o PAB??) ma per le talee che autoproduco e che vendo come mi devo comportare??
Grazie

GIMMI 15-06-2011 17:34

Roberto, io proporrei MA SICURAMENTE E CON VIGORE ai moderatori di inserire questo post in evidenza per permettere a tutti di accedere alla tua magnifica spegazione.

grazie
Max

egabriele 15-06-2011 17:34

Quote:

Originariamente inviata da qbacce (Messaggio 1060958801)
Grazie molte per la messa in chiaro di moltissime cose..#25

I ringraziamenti anche da parte mia. Anche se cio' che ha messo in chiaro e' che come al solito la legge italiana mette tutti in grado di essere perseguibili.

Dice che il privato deve avere un documento comprovante l'acquisto, ma non dice che il venditore e' tenuto a rilasciare il documento, ne' cosa e' considerata una prova amministrativamente accettabile.... viene chiarito solo facendo una causa, che a quel punto probabilmente, vincendo o perdendo, costerebbe piu' di pagare la multa.
Sullo scontrino al massimo e' riportata l'iva diversa, o la dicitura 'vivo' invece di accessori... ma non certo 'acropora'.

Insomma si torna li..... ha chiarito che le cose non sono chiare !

Secondo me esigendo il numero (Che scopro ora non essere il numero del certificato CItes ma solo un codice di autorizzazione all'importazione) e annotandolo sullo scontrino che poi conserviamo, dovremmo ottemperare sia alla legge:
--> con questo scontrino ho acquistato il corallo con questo codice di importazione. Potete verificare dal negoziante.

Sia alla coscenza:
--> negoziante se non hai ilregistro e non sei in regola, non puoi darmi il codice di importazione, ed io non ti compro nulla.

Esiste la possibilita' che il negoziante ti dia un numero a caso, ma a questo punto non mi pare ci sia rimedio.

condormannaro 15-06-2011 19:17

Cari amici,

come ho detto le questioni da precisare ed appronfodire sarebbero ancora molte, se non moltissime.

Il fatto è che il mio intervento è già lunghissimo per un post in un Forum di appassionati di acquari, e non di appassionati di diritto, quindi il rischio è sempre quello di rendere poco fruibile o comunque leggibile l'intervento.

Provo quindi a dare risposte più mirate alle domande od osservazioni che sono seguite.

Per quanto riguarda qbacce:

avere una "farm", per usare il tuo termine, dal punto di vista della normativa Cites ti impone il Registro EB, visto che cedi a titolo oneroso, e per i tuoi acquirenti, per metterli in condizione di essere in regola, dovresti rilasciare per ogni talea una dichiarazione di cessione (ma chi lo fa?).

Due precisazioni:

1. Non ho scritto che devi avere anche il Registro PAB, che avevo menzionato nel messaggio iniziale, perchè ad essere pignoli sulla Circolare esplicativa del Decreto 8 gennaio 2002 è specificato, fra le note, che "gli esemplari di coralli devono essere iscritti nel Registro di tipo EB". Sembrerebbe, quindi, che i Direttori Generali che hanno sottoscritto il documento abbiano voluto "limitare" i registri per i coralli, escludendo quello relativo alle parti di animali, anche se a rigore quel Registro PAB sembrerebbe pensato proprio per loro (non mi risulta siano molti gli animali che possono essere...spezzati).
E' un po' che non mi occupo di acquariofilia quindi non so come attualmente si regoli il Servizio Cites sul punto. Mi riservo tuttavia di verificare, visto che per motivi ornitologici ho spesso rapporti con il Servizio Centrale di Roma.

2. A parte gli adempimenti in tema Cites (Registro e dichiarazioni) fai attenzione perchè avere una "farm" ti impone ulteriori obblighi, ben più delicati. Mi riferisco agli obblighi fiscali, in quanto possedere un impianto di riproduzione di coralli esclude la vendita "occasionale", obbligandoti al pagamento delle imposte sul reddito prodotto. Di fatto sei un più o meno piccolo commerciante, come sicuramente riterrebbe l'Amministrazione verificando la sistematicità delle vendite, il giro di denaro, i costi di gestione (luce ecc.), e tanti altri fattori (presenza di "taleari" ecc.).

Per quanto riguarda egabriele:

capisco il tuo pensiero, che è in effetti fondato.

Il discorso sarebbe lungo, ma provo a darti qualche spunto di riflessione.

Se è vero che la normativa è piuttosto vaga ed inappropriata (di certo chi l'ha scritta mentre lo faceva pensava più ad una scimmia o ad un raro pappagallo, piuttosto che ad un corallo), è anche vero che stiamo parlando di una materia delicatissima e che si è sempre prestata, e si presta tuttora, ad abusi e speculazioni di ogni tipo.

Per i coralli la situazione è aggravata dal fatto che non esiste un metodo di marcatura, come invece avviene per gli uccelli (l'anellino inamovibile alla zampa, infilato quando l'uccello ha pochi giorni, non si toglie più e dimostra in modo pressochè inequivocabile che l'animale è nato in cattività). E pensa che anche per gli uccelli, nonostante la straordinaria efficacia probatoria dell'anellino, la legislazione è ancora molto diffidente in quanto, soprattutto in Italia, marcato non equivale necessariamente a nato in cattività (questa è la principale battaglia che vorrebbe vincere chi, come me, si occupa da vicino della materia e opera a livello istituzionale ed associativo).

I coralli, inoltre, hanno pure la veramente poco comune caratteristica di essere taleabili, il che amplifica le preesistenti e descritte difficoltà derivanti dalla loro struttura.

A questo punto, a difesa di un Legislatore spesso indifendibile, soprattutto in tema Cites, sono il primo a chiedermi quale tipo di certezza dovrebbe darti, in punto di documenti richiesti, per poter rendere "preciso" il sistema.

Voglio dire: se la regola la dovessi scrivere tu, come la scriveresti?

Non è facile.

Un uccello inanellato è (checchè ne pensi il Legislatore italiano) unico ed inconfondibile. E' solo lui, e non ti puoi sbagliare.

Con i coralli come facciamo? Sono tutti uguali, crescono rapidamente, non hanno disegni particolari, si possono fare a pezzettini e tutti i pezzettini sono a loro volta colonie...

Per questo mi sento di dire che se c'è attualmente un settore che tutto sommato non si può troppo lamentare è proprio quello degli allevatori di coralli. In fondo avere un Registro (che poi è obbligatorio solo se vendi), anche se tutti sanno che è inutile (ed infatti vorremmo farlo abolire), e scrivere su un pezzo di carta cosa hai ceduto non appare un grande impegno.
Come non mi appare un grande impegno chiedere al negoziante un documento di cessione ed, in caso di obiezioni, non comprare.

Il problema è che anche i negozianti andrebbero "formati", nel senso di istruiti in un contesto di crescita comune del settore e di rispetto delle regole. E questo lo si potrebbe fare solo a livello associativo, creando occasioni di diffusione di pratiche corrette e di informazioni appropriate (convegni, seminari, strumenti informativi ecc.).

Resta comunque il fatto che, stando così oggi le cose, qualche funzionario pignolo potrebbe obiettare che non si dispone dei numeri relativi alle licenze di importazione, ma mi chiedo quante volte ciò sia accaduto.

La mia impressione è che il Servizio Cites sia concentrato su altri e ben più estesi settori e che, purtroppo, non riesce nemmeno a fare i dovuti controlli ai negozianti. Negozianti che, in tema Cites, non mi risulta siano sempre in regola...

In ogni caso non posso che condividere il tuo desiderio di fondo, che mi sembra quello di una normativa più precisa, mirata, e che con poche incombenze possa garantire una reale tutela delle specie minacciate e la possibilità per l'appassionato di operare in regola e quindi in serenità.

Mi chiedo però, a questo punto, cosa dovrebbe portare il nostro Paese ad esprimere una tale capacità in un settore di nicchia, quando su cose ben più importanti, che investono la vita quotidiana di ognuno di noi, agisce come tutti sappiamo.

Ma questa è un'altra storia...

A presto

Roberto

awake 15-06-2011 19:26

grazie Roberto per l'intervento, ma purtroppo mi tocca dar ragione a EGABRIELE , c'è poca chiarezza nella stessa legge .

registro una tua marcia indietro , infatti scrivesti in grassetto che nessun utente avrebbe dovuto preoccuparsi per un eventuale controllo, e che sarebbe stato trovato perfettamente in regola dai controllori sia che avesse avuto in suo possesso la documentazione relativa all'animale, sia che non l'avesse . ora , contrariamente a quanto affermavi, il privato acquariofilo dovrebbe essere in grado di poter dimostrare la provenienza ,magari esibendo uno scontrino . ma qui la cosa si complica perchè , che sappia io non vi è nessun obbligo nel conservare uno scontrino e soprattutto una persona potrebbe andare a comprare 2 pesci e scriversi autonomamente sullo scontrino 10 tridacne , il che metterebbe in serio pericolo il negoziante .

altro punto oscuro, io ho sempre lavorato adottando un unico registro sul quale annotavo carichi e scarichi sia di wild che riprodotti,poichè esisteva l'apposita colonna ove inserire questi dati . c'è anche da dire che ricevendo semplici fatture con un numero di cites, bisognava andare ad occhio , perchè dal numero non si poteva capire se l'animale era frutto di riproduzione o meno . certo ,davanti ad una selvatica o ad una talea il dubbio veniva fugato, ma mai ho trovato esplicitata questa informazione su alcuna fattura di acquisto .
insomma, il grossista che acquista all'estero puo' registrare selvatici e riprodotti sullo stesso registro , ma se decide di riprodurre necessita di un registro supplementare ?

davy180 15-06-2011 20:07

Grandissimo Roberto, ero sicuro ci avresti chiarito molti dubbi.

Spero vivamento che il post sia messo in evidenza.

Quindi sostanzialmente con qualcosa dal negozio devi uscire... o un documento in carta semplice che riporti specie, quantità ed estremi cites, oppure uno scontrino con annotati dietro i vari dati.

Il negoziante di contro è tenuto ad avere il registro e a fornirti documento o scontrino che attesti la legale commercializzazione dell'animale.

Ora:
E' necessario richiedere i dati dell'acquirente? (Nome, cognome, indirizzo....)? Come ben sai sui modelli di Cessione ai fini CITES prestampati della forestale questi campi compaiono...
Oppure si rischia di violare le norme in materia di privacy??

Altro dubbio:
Il privato o anche il negoziante che fa talee dei suoi animali regolarmente caricati sul registro o in possesso comunque di documento, che deve fare?

Denuncia di nascita come facciamo con i pappagalli con specie, quantità, data di nascita, Allegato....???
In teoria sì, almeno arriva il numero di protocollo del CFS ed ogni talea è in regola.
Sbaglio?#24

Grazie

condormannaro 15-06-2011 20:37

Quote:

Originariamente inviata da awake (Messaggio 1060959151)
grazie Roberto per l'intervento, ma purtroppo mi tocca dar ragione a EGABRIELE , c'è poca chiarezza nella stessa legge .

registro una tua marcia indietro , infatti scrivesti in grassetto che nessun utente avrebbe dovuto preoccuparsi per un eventuale controllo, e che sarebbe stato trovato perfettamente in regola dai controllori sia che avesse avuto in suo possesso la documentazione relativa all'animale, sia che non l'avesse . ora , contrariamente a quanto affermavi, il privato acquariofilo dovrebbe essere in grado di poter dimostrare la provenienza ,magari esibendo uno scontrino . ma qui la cosa si complica perchè , che sappia io non vi è nessun obbligo nel conservare uno scontrino e soprattutto una persona potrebbe andare a comprare 2 pesci e scriversi autonomamente sullo scontrino 10 tridacne , il che metterebbe in serio pericolo il negoziante .

altro punto oscuro, io ho sempre lavorato adottando un unico registro sul quale annotavo carichi e scarichi sia di wild che riprodotti,poichè esisteva l'apposita colonna ove inserire questi dati . c'è anche da dire che ricevendo semplici fatture con un numero di cites, bisognava andare ad occhio , perchè dal numero non si poteva capire se l'animale era frutto di riproduzione o meno . certo ,davanti ad una selvatica o ad una talea il dubbio veniva fugato, ma mai ho trovato esplicitata questa informazione su alcuna fattura di acquisto .
insomma, il grossista che acquista all'estero puo' registrare selvatici e riprodotti sullo stesso registro , ma se decide di riprodurre necessita di un registro supplementare ?

Ciao awake.

Il mio non è tanto un passo indietro, quanto una precisazione.

Provo a spiegarmi.

Quando anni fa scrivevo che non era necessario che il privato avesse alcuna documentazione in casa mi attenevo ad una interpretazione tutto sommato ancora oggi sostenibile in base alla quale, leggendo la L. 150/92, art. 2, comma 1, lett. f), se mi si richiede la "prescritta documentazione", si fa evidentemente riferimento a qualcosa di "prescritto", cosa che non avviene nel caso di animali in Allegato B, dove non sono previsti particolari "documenti".

Quella cui mi sono attenuto oggi, tuttavia, è un'interpretazione più restrittiva e più prudente, e su questo hai ragione, perchè quella "prova sufficiente" richiesta dal Regolamento comunitario viene normalmente intesa, da chi la regola la deve far rispettare, come il possesso di un "documento".

Quanto scrivo oggi, quindi, è solo più "prudente", frutto di esperienza, perchè esiste il rischio che ad un controllo si venga sanzionati se non si possiede il "pezzo di carta".

Ad essere rigorosi la prova sufficiente ben potrebbe non essere cartacea, come nel caso seguente:

il Servizio Cites viene a casa mia e vede tante belle acropore. Mi chiede i documenti e gli dico che le ho comprate tutte in un negozio a duecento metri da casa. Non sentono ragioni e mi fanno il verbale, perchè non avrei provato in modo "sufficiente" la legittima provenienza.

Impugno il provvedimento (non entro negli aspetti penalistici, pur rilevanti in quanto si tratta di reato) e produco la testimonianza del negoziante che in effetti dichiara di avermi venduto uno per uno i coralli che ho in vasca. Allego anche la testimonianza di un paio di persone e magari un paio di post pubblicati sul forum in cui comunicavo tutto entusiasta alla comunità che mi ero comprato dal negoziante X quel corallo e quell'altro.

E' probabile, anche se non certo, che il giudice consideri raggiunta la "prova sufficiente" della legittima provenienza, ed annulli il provvedimento. E senza avere uno straccio di pezzo di carta.

L'esempio è solo accademico e vuole evidenziare che un conto è la regola, un conto è la prudenza per evitare le seccature di interpretazioni rigorose altrui.

Oggi forse, dopo diversi anni di esperienza in più e tanti casi affrontati, mi sento di consigliare maggiore cautela rispetto al passato.

Inoltre, e non è un dettaglio, se ci fermiamo veramente a pensare a come stanno le cose, è davvero grottesco richiedere documenti per giustificare il possesso di animali irriconoscibili, indistinguibili gli uni dagli altri e per di più taleabili.

Però ho notato una certa tendenza ad associare il concetto di prova a quello di documento, e quindi mi sembra doveroso rappresentarlo.

Per quanto riguarda lo scontrino o la dichiarazione in carta semplice, è evidente che anche qui, non sussistendo specifici vincoli formali, molto è rimesso alla valutazione del controllore ed alla trasparenza del controllato.

Non esiste una via di uscita sicura. Avete ragione quando scrivete che le norme sono imprecise o confuse, eccome se avete ragione, ma è altrettanto vero che è davvero difficile disciplinare in modo preciso ed esauriente un tema così complesso e particolare come quello del controllo di specie animali come i coralli.

Pensa che non ci riescono con gli uccelli, dove sarebbe semplicissimo grazie agli anellini, figuriamoci con esseri che vivono in colonie su substrato calcareo costituito dai residui di chi li ha preceduti e che se spezzati possono tranquillamente dar vita a colonie autonome...

Per quanto riguarda il punto oscuro che evidenzi, ritengo che sia possibile utilizzare un solo registro, anche perchè non mi risultano norme che impongano altrimenti.

A presto

Roberto

ALGRANATI 15-06-2011 20:43

Topic messo in Rilievo.

Roberto, è un piacere poterti salutare :-))

qbacce 15-06-2011 21:34

Grazie ancora delle informazione.
Naturalmente se mai facessi una cosa del genere intraprenderei una piccola attivita in piena regola, partita iva e tutto quanto..
In piu per ogni talea dovrei fornire la dichiarazione di cessione in carta bianca con scritto il numero di riferimento della colonia madre, giusto?
Per quanto riguarda il registro EB dovrei solo aggiungere quando faccio talee la specie e il riferimento della madre, giusto?

condormannaro 15-06-2011 23:56

Quote:

Originariamente inviata da ALGRANATI (Messaggio 1060959356)
Topic messo in Rilievo.

Roberto, è un piacere poterti salutare :-))

Carissimo,

il piacere è davvero mio.

Spero prima o poi di incontrarti nuovamente.

Un abbraccio.

Roberto

GIMMI 16-06-2011 00:25

per dirla alla romana.............un bel pippone non c'è che dire :-)

comunque molti ringraziamenti a Roberto che è stato impagabile ed a Matteo che ha messo il post in evidenza.

ciao a tutti e buona acqua
Max

awake 18-06-2011 17:45

devo ammettere che l'intervento di condormannaro mi ha lasciato parecchie perplessità .

come prima cosa non sono affatto sicuro che il privato abbia l'obbligo di dover comprovare la legittima detenzione delle acropore che ha in vasca e quindi di fornire "prova sufficiente ". dico questo perchè credo che le norme facciano sempre riferimento alla detenzione da parte di attività o soggetti aventi finalità di vendita .infatti per questi è previsto l'obbligo di detenzione e compilazione dell'apposito registro cites, che a mio avviso è l'unico strumento ufficiale deputato al controllo da parte dell'autorità preposta. inoltre , ripeto, se il legislatore avesse previsto la possibilità di controllare anche il semplice acquirente, avrebbe imposto al venditore quantomeno l'obbligo di compilazione di un documento di cessione ai fini cites, documento che invece è stato eliminato con la nuova normativa . qualsiasi foglio autonomamente compilato dal negoziante in accordo con l'acquirente ,foglio riportante specie, quantità, nr di cites e dati dell'acquirente , avrebbe una validità molto discutibile per vari motivi , proprio perchè potrebbe essere da entrambe le parti falsificabile , a questo documento in ogni caso non verrebbe fatto alcun riferimento nel registro cites del negoziante, implicherebbe l'obbligo da parte dell'acquirente di fornire i propri dati personali tramite documento d'identità al venditore che non è un ufficiale pubblico, e comporterebbe l'impossibilità da parte di un acquirente di poter comprare per conto di un amico .solo per citare alcuni esempi . inoltre, se vado in un negozio e compro 10 selvatiche , mi faccio fare scontrino fiscale e in aggiunta una dichiarazione da parte del negozio ove vengono specificati specie, quantità e numero di cites , timbrato, firmato . dopo qualche mese le colonie crescono , comincio a talearle, le 10 acropore che avevo diventano 15 . subisco un controllo da parte del CFS , come posso fare a dimostrare la regolare detenzione dei 5 pezzi da me riprodotti non dichiarati sul foglio rilasciatomi dal negoziante? avrei dovuto chiamare preventivamente un veterinario per far certificare l'avvenuta nascita ? ma in questo caso io sarei un semplice detentore senza alcun fine commerciale, quindi non sarei nemmeno tenuto alla detenzione e compilazione di alcun registro . quindi perchè mai mi sarei dovuto preoccupare di far certificare le nascite, per registrarle dove ?
ho provato anche a riflettere prendendo spunto da altri settori , ad esempio quello del pellame . credo che nella maggior parte delle case degli italiani vi sia portafoglio , o una borsa, o una cintura in pitone,o magari dei manufatti in pelle di coccodrillo , o magari un suppellettile in avorio . la maggior parte del pellame , concepito come parti di specie animali minacciate dal pericolo d'estinzione ,credo debba sottostare ai vincoli normativi previsti per le specie in allegato B . quindi se è vero che per un'acropora, da privato, devo essere in grado in qualsiasi momento di dimostrarne la legale detenzione, lo stesso dovrebbe accadere anche alla signora con il portafoglio di pitone .

condormannaro 18-06-2011 21:46

Quote:

Originariamente inviata da awake (Messaggio 1060964881)
devo ammettere che l'intervento di condormannaro mi ha lasciato parecchie perplessità .

come prima cosa non sono affatto sicuro che il privato abbia l'obbligo di dover comprovare la legittima detenzione delle acropore che ha in vasca e quindi di fornire "prova sufficiente ". dico questo perchè credo che le norme facciano sempre riferimento alla detenzione da parte di attività o soggetti aventi finalità di vendita .infatti per questi è previsto l'obbligo di detenzione e compilazione dell'apposito registro cites, che a mio avviso è l'unico strumento ufficiale deputato al controllo da parte dell'autorità preposta. inoltre , ripeto, se il legislatore avesse previsto la possibilità di controllare anche il semplice acquirente, avrebbe imposto al venditore quantomeno l'obbligo di compilazione di un documento di cessione ai fini cites, documento che invece è stato eliminato con la nuova normativa . qualsiasi foglio autonomamente compilato dal negoziante in accordo con l'acquirente ,foglio riportante specie, quantità, nr di cites e dati dell'acquirente , avrebbe una validità molto discutibile per vari motivi , proprio perchè potrebbe essere da entrambe le parti falsificabile , a questo documento in ogni caso non verrebbe fatto alcun riferimento nel registro cites del negoziante, implicherebbe l'obbligo da parte dell'acquirente di fornire i propri dati personali tramite documento d'identità al venditore che non è un ufficiale pubblico, e comporterebbe l'impossibilità da parte di un acquirente di poter comprare per conto di un amico .solo per citare alcuni esempi . inoltre, se vado in un negozio e compro 10 selvatiche , mi faccio fare scontrino fiscale e in aggiunta una dichiarazione da parte del negozio ove vengono specificati specie, quantità e numero di cites , timbrato, firmato . dopo qualche mese le colonie crescono , comincio a talearle, le 10 acropore che avevo diventano 15 . subisco un controllo da parte del CFS , come posso fare a dimostrare la regolare detenzione dei 5 pezzi da me riprodotti non dichiarati sul foglio rilasciatomi dal negoziante? avrei dovuto chiamare preventivamente un veterinario per far certificare l'avvenuta nascita ? ma in questo caso io sarei un semplice detentore senza alcun fine commerciale, quindi non sarei nemmeno tenuto alla detenzione e compilazione di alcun registro . quindi perchè mai mi sarei dovuto preoccupare di far certificare le nascite, per registrarle dove ?
ho provato anche a riflettere prendendo spunto da altri settori , ad esempio quello del pellame . credo che nella maggior parte delle case degli italiani vi sia portafoglio , o una borsa, o una cintura in pitone,o magari dei manufatti in pelle di coccodrillo , o magari un suppellettile in avorio . la maggior parte del pellame , concepito come parti di specie animali minacciate dal pericolo d'estinzione ,credo debba sottostare ai vincoli normativi previsti per le specie in allegato B . quindi se è vero che per un'acropora, da privato, devo essere in grado in qualsiasi momento di dimostrarne la legale detenzione, lo stesso dovrebbe accadere anche alla signora con il portafoglio di pitone .

Ciao awake.

Credo tu stia confondendo la normativa comunitaria con quella italiana.

La prima si occupa solo dei profili commerciali.

La seconda, con la L. 150/92, vieta anche la semplice detenzione, e non solo la "detenzione per la vendita", come potrai rilevare leggendo la lettera f) del primo comma degli articoli 1 e 2.

Detenere senza la prescritta documentazione, come recita la norma, è addirittura reato.

Nulla c'entra il Registro, che afferisce peraltro a fattispecie non penali, ma di semplice illecito amministrativo (e quindi non è certo, come tu ritieni, l'unico strumento di controllo per l'Autorità).

L'Autorità ha il potere di verificare che tu non stia commettendo il reato, registro o non registro, ed oggi l'interpretazione che della legge dà l'Autorità di controllo, a quanto mi risulta, è nel senso che ho già descritto. Del resto è anche comprensibile: come si può contrastare la detenzione se io, controllore, non ho il potere di verificare dove hai preso gli animali protetti che detieni?

Ho visto poi che hai fatto dei riferimenti, che però non ho capito.

Hai infatti parlato di una "nuova normativa" che avrebbe "eliminato l'obbligo di documento di cessione".

Potresti indicarmi quale sarebbe la norma che imponeva esplicitamente tale obbligo e quale la nuova normativa che l'avrebbe eliminato?

Grazie.

A presto

Roberto

GIMMI 18-06-2011 23:26

certo che un profano come sono io va nel pallone a leggere tutte stè cose.......alla fine il rischio è che butti tutto a tarallucci e vino e tiri a campare, del resto ciascuno di noi poi nella vita ha si questa passione ma deve anche, diciamo, occupare il tempo con altre cose + venali che je danno da campa e quindi, alla fine, come dicevo, ti tieni le tue talee e molli la casa dove si trova............grosso paluso soprattutto a Roberto che ha dato tanto impegno alla cosa ma alla fine non capisci più nulla......o sbaglio?????

condormannaro 19-06-2011 08:20

Quote:

Originariamente inviata da GIMMI (Messaggio 1060965462)
certo che un profano come sono io va nel pallone a leggere tutte stè cose.......alla fine il rischio è che butti tutto a tarallucci e vino e tiri a campare, del resto ciascuno di noi poi nella vita ha si questa passione ma deve anche, diciamo, occupare il tempo con altre cose + venali che je danno da campa e quindi, alla fine, come dicevo, ti tieni le tue talee e molli la casa dove si trova............grosso paluso soprattutto a Roberto che ha dato tanto impegno alla cosa ma alla fine non capisci più nulla......o sbaglio?????

Ciao Gimmi.

Provo a semplificare all'osso, in modo da toglierti quest'impressione di gran confusione.

Dividiamo il discorso in due piani.

Piano 1 - Norme

I coralli duri sono tutti in Allegato B, quindi ne seguono il destino:

A) obbligo di Registro per vendere, scambiare ecc. (non serve se si regala - non serve se si compra senza rivendere o scambiare perchè lo deve avere solo il venditore)

B) obbligo di dimostrare, se richiesti dall'Autorità, la legittima provenienza dei coralli.

Si può soddisfare quest'obbligo in vari modi (ad esempio testimonianza ecc.), ma è evidente che la prova principe della legittima provenienza è un documento. L'Autorità infatti è abituata alle carte, e deve a sua volta, qualora non applichi sanzioni, "giustificare" il mancato intervento con un "pezzo di carta".

Piano 2 - Situazione attuale nella realtà

A) è bene tenere il Registro qualora si vendano coralli. I controlli sui privati oggi sono pressochè irrilevanti, tuttavia è capitato in passato che qualche "privato" che svolgeva attività di vendita di una certa "intensità" è stato sottoposto a controllo, e sanzionato.

E' bene sapere che la semplice pubblicazione su internet di un annuncio di vendita di un corallo integra perfettamente la condotta di "esporre per la vendita", e quindi per farlo occorre avere il Registro.
E' un'interpretazione costante del Servizio centrale Cites, supportata da un consolidato orientamento giurisprudenziale che deriva da altre fattispecie (annunci in tema di sostanze stupefacienti), ed io stesso mi sono trovato a fornire consulenza su di un caso di pesante sanzione applicata ad un signore che aveva pubblicato un annuncio di specie in Allegato B (era una coppia di uccelli) senza possedere, alla data dell'annuncio, il Registro.

B) nella realtà, il problema dei privati che hanno coralli in acquario non è in cima ai pensieri dell'Autorità. E' molto probabile che non si venga mai controllati e che, comunque, in caso di controllo, l'Autorità si accontenti di verificare la presenza del Registro, laddove previsto, e magari qualche scontrino di un negozio ad attestare che qualche corallo viene da lì.
La "Dichiarazione di cessione" certamente metterebbe al riparo da qualunque problema, ma appare davvero "troppo" se applicata, data la situazione attuale e le attuali abitudini e pratiche, al mondo acquariofilo.

Oggi i controlli sono sostanzialmente "in entrata", nel senso che si tenta, di concerto con le Dogane, di impedire l'ingresso di animali protetti senza le previste autorizzazioni.

E pur costituendo il traffico di coralli una voce non irrilevante, non è paragonabile al traffico di altri animali (si pensi che solo in Serbia vengono annualmente importati illegalmente qualcosa come circa ventimila pappagalli cenerini - facile immaginare quale sia il mercato finale di destinazione).

Spero di essere riuscito a rappresentare quelle che sono le regole, e quella che è la situazione "reale".

Vi segnalo che il prossimo 30 ottobre a Roma (loc. Passo Corese), in occasione della Mostra della FEO (Federazione Europea Ornitofili) ci sarà un seminario sulla normativa in tema di detenzione di alcuni uccelli ed una parte sarà dedicata alla normativa Cites. Io sarò il relatore ed è prevista la partecipazione anche di rappresentanti dell'Autorità.

Chi è interessato potrebbe venire, anche tenendo conto che, pur con qualche differenza, le norme in tema Cites si applicano anche al mondo acquariofilo.

Buona giornata.

Roberto

awake 19-06-2011 12:03

condormannaro, francamente speravo che ce la trovassi tu questa norma relativa all'obbligo o meno da parte del cedente del rilascio di una dichiarazione di cessione ai fini cites ,infatti io ne ero stato informato solo telefonicamente dal CFS di Bologna e da altri colleghi che facevano riferimento all'incompatibilità accertata con le leggi in materia di privacy , ma poi ,rileggendomi quello che hai scritto 3 giorni fa , credo di aver capito . ti cito:"....Questo significa che il privato è a posto e tranquillo se va in negozio, compra, paga, e si fa rilasciare lo scontrino con riportata almeno la specie del soggetto acquistato o, meglio ancora, una semplice “dichiarazione di cessione” del negoziante, senza bisogno di numeretti strani o altro.

Ma il negoziante è obbligato a rilasciare tale documento?

In realtà non esiste alcuna norma che imponga al venditore di rilasciare un particolare documento o dichiarazione, fatta salva, per i negozianti, lo scontrino o la ricevuta fiscale (ma per ragioni appunto fiscali).
"

sintetizzata al massimo,questa è quindi la tua risposta all'utente che ha aperto il topic interrogandosi sull'obbligatorietà o meno da parte del negoziente di rilasciare un documento riportante i dati in quel caso di una della catalaphyllia . io ero convinto invece che il negoziante non avesse nessun obbligo nel fornirla autonomamente anche perchè avrebbe dovuto PRETENDERE i dati personali dell'acquirente, ma che l'avesse solo nel caso di specifica richiesta da parte del compratore .

quindi adesso, se tutto coincide con cio' che hai asserito( e data la tua pofessionalità non ho dubbi a crederlo ), lo scenario che si delinea è ancora peggio di quello che si poteva ipotizzare , cioè:
1) il negozio puo' impuntarsi e non fornire il "cites" della catalaphyllia senza commettere alcun reato.
2) l'acquirente controllato e sprovvisto di documentazione "cites"relativa alla propria catalaphyllia commette reato ed è quindi perseguibile , o comunque dovrà arrabattarsi per fornire una "prova sufficiente", magari con l'ausilio di testimoni .

che casino !

condormannaro 19-06-2011 12:12

Caro awake,

in linea di massima hai perfettamente inteso come stanno le cose.

Aggiungo, ma si era capito, che non esiste alcuna norma che imponga esplicitamente al negoziante il rilascio di un particolare documento o dichiarazione, e che non è stata approvata alcuna "nuova" normativa in materia che modifichi l'assetto precedente.

In sostanza, l'unico modo per "imporre" al negoziante il rilascio di un "pezzo di carta" è quello di non comprare l'animale in caso contrario.

Oggi questo appare piuttosto improbabile nel settore acquariofilo.

E' invece prassi corrente nel mondo ornitofilo, dove a parte gli sprovveduti ed i neofiti, nessuno mai si sognerebbe di comprare un animale in Cites senza farsi rilasciare una "Dichiarazione di cessione" e, laddove previsto (animali in Allegato A), il Certificato vero e proprio (ex art. 8, comma 3, Reg. 338/97 - noto in Italia come "Cites giallo").

A presto

Roberto

al404 16-10-2015 10:14

volevo sapere se per tutelarsi si può fare foto dell'animale nella busta con allegato scontrino fiscale?

le rocce vive e i coralli molli devono avere il cites?

ALGRANATI 18-10-2015 21:51

le rocce si i molli no


Tutti gli orari sono GMT +2. Attualmente sono le 20:06.

Powered by vBulletin versione 3.8.9
Copyright ©: 2000 - 2024, Jelsoft Enterprises Ltd.
Traduzione italiana Team: AcquaPortal
User Alert System provided by Advanced User Tagging v3.2.5 Patch Level 2 (Lite) - vBulletin Mods & Addons Copyright © 2024 DragonByte Technologies Ltd.
Copyright Zero Pixel Srl

Page generated in 0,15283 seconds with 14 queries