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no no parlavo di ibridazioni in allevamento, da quello che ho letto qui sembra un problema trovare alcune specie pure tra i ciclidi. in natura ok si sono poco rilevanti.... ma vedere un red parrot o un endler/guppy (che forse sono della stessa specie, ha pubblicato un post mario di uno studio genetico) sembra un buon motivo per non sfruttare il maggior vigor ibrido.
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Sì, sono d'accordo. E' vero che gli individui sono più resistenti, ma si rischia di perdere delle specie.
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pubblicata la terza versione!... c'è ancora da lavorare...
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Vorrei intervenire solo per un piccolo chiarimento sulla questione di evoluzione e selezione.
Bisogna infatti fare attenzione e distinguere tra evoluzione, adattamento e acclimatamento (o acclimatazione). L’evoluzione implica un cambiamento, nel corso delle generazioni, del patrimonio genetico di una specie, attraverso mutazione casuali che vengono successivamente portate avanti o eliminate dalla selezione naturale. Questo comporta cambiamenti nel genotipo di una specie ed il formarsi, attraverso isolamenti geografici e/o ecologici, ad eventuali altre specie partendo da un’unica. Un esempio di quest’ultimo fenomeno è la radiazione adattativa, con la quale una specie iniziale colonizza un ambiente eterogeneo (cioè ricco di habitat e variabili ambientali) e grazie a mutazioni e alla selezione naturale, si formano nuove specie, ognuna occupante una precisa nicchia ecologica. I grandi laghi africani (Tanganica, Malawi e Vittoria) ne sono una testimonianza evidente: in poco più di 10.000 anni di vita del lago Tanganica (nulla, se rapportato alla storia della terra e ai tempi dell’evoluzione) si sono formano quasi 300 specie solo all’interno della famiglia dei ciclidi. L’acclimatazione e l’adattamento invece passano per la plasticità fenotipica (intra ed extraspecifica), ossia la potenzialità di un dato genotipo (di una data specie) di produrre espressioni fenotipiche diverse in condizioni ambientali differenti. Più eterogeneo è l’areale di distribuzione di una specie, maggiori sono le probabilità di una variabilità genetica, da cui dipende la plasticità dei caratteri morfologici e fisiologici della stessa. Una maggiore plasticità fenotipica è così il risultato della selezione in ambienti caratterizzati da condizioni più eterogenee, mentre al contrario, una bassa plasticità fenotipica è indice di una strategia specialistica, che si determina in condizioni ambientali particolari. Esempio: un panda vive benissimo in mezzo alle foreste di bambù, ma senzail bambù si estingue rapidamente perchè non saprebbe che altro mangiare (bassa plasticità fenotipica e strategia specialistica). Un ratto riesce a vivere negli ambienti più disparati (alta plasticità fenotipica e strategia generalista). La stessa specie umana presenta una strategia generalista. Precisazione: il fenotipo di una specie non si limita solo alle caratteristiche “esteriori” e quindi visibilmente riscontrabili, ma a tutte le sue espressioni derivanti dal genotipo. Il gruppo sanguigno, ad esempio, pur non essendo riconoscibile “esteriormente”, fa comunque parte del fenotipo di un individuo. Stesso discorso per le facoltà intellettive e comportamentali (vedi la selezione operata dall’uomo sul cane per l’intelligenza, l’obbedienza o particolari capacità). La differenze poi tra acclimatamento e adattamento stanno nel fatto che il primo fenomeno coinvolge l’individuo (non la specie) e riguarda solo il fenotipo, non toccando minimamente il corredo cromosomico, mentre l’adattamento è una modificazione sia del fenotipo che del genotipo (intra o extra specifico che sia). Per fare un esempio comprensibile (spero): se noi italiani andassimo a soggiornare qualche mese in Ecuador, a 3000 m di quota, dopo qualche tempo i nostri globuli rossi “tenderebbero” a diventare più piccoli e numerosi (acclimatamento ad un’atmosfera più rarefatta), con modificazioni anche del sistema endocrino, polmonare e muscolare. Ma una volta ritornati a casa, tutto tornerebbe come prima. E anche se facessimo un figlio in Perù, il suo genotipo sarebbe uguale al nostro (crossing-over a parte). Gli ecuadoregni invece, che lì ci vivono da migliaia di anni, tutti quegli adattamenti ce li hanno già (adattamento intraspecifico). E lo trasmettono ai loro figli. Allo stesso modo, un leccio che vive su di una rupe del lago di Garda (quindi gelate invernali, forte vento e tanta pioggia) tenderà ad avere foglie, fotosintesi e ghiande completamente differenti rispetto ad un leccio cresciuto in Salento, in un ambiente arido e caldo. E tali caratteri sarebbero tali anche se le due popolazioni (o più propriamente “ecotipi”) verrebbero fatti crescere nelle medesime condizioni, anche se sempre di leccio si tratta. Lo stesso discorso si può fare per i pesci. Ci sono specie più adattabili a variazioni dei parametri ambientali (alta plasticità fenotipica) come ad esempio i carassi e molti poecilidi, mentre ci sono altre specie con una bassa adattabilità e range ecologici molto ristretti, come alcuni ciclidi sudamericani e anabantidi di acque nere. E una specie che possiede un’alta plasticità fenotipica è anche più facile da selezionare fenotipicamente, perché produce individui che si diversificano maggiormente l’uno dall’altro anche a livello genetico, rendendo così più veloce e “produttivo” il loro differenziamento morfologico (vedi la creazione delle molteplici varietà di carassi e poecilidi). |
Grazie entropy, posso aggiungere l'intervento al primo post?
per il resto come ti sembra? ------------------------------------------------------------------------ comunque anche poecilidi e carassi, seppur ampio hanno un loro range di valori, necessitano di acque dure e alcaline, correggimi se sbaglio... |
stica##i!!! #25 #25 #25
Andrea, posso dire in giro che sei amico mio?!? :-D |
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Anche se forse ci sarebbe da limare qualche frase........ ;-) Quote:
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grazie mille Entropy! allora dopo lo aggiungo! si si per il discorso dell'ampiezza parametri siamo d'accordo... ok se nei prossimi giorni hai un minuto e vedi qualcosa da modificare, esplicare ampliare, dimmi! o.t. che bello che è vedere i guppy che mangiano le larve di zanzara in acquario...
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wao bene, ottimi spunti e elaborazioni.
Personalmente sono d'accrdo con Paolo di considerare più gli effetti ambientali che le caratteristiche genetiche di base, questo perchè purtroppo la genetica è molto complicata e per fare un discorso completo ed esaustivo si dovrebbero tirare in ballo molte spiegazioni suppelamentari. Ad esempio si è parlato di mutazione senza dire cosa è e come avviene(geniche, cromosomiche, genomiche... con tutte le sottoclassi), inoltre bisognerebbe considerare un po' la genetica di popolazione e le varie interazioni... Però a mio parere viene un discorso sia troppo complesso da realizzare che da capire. Quindi a mio parere conviene invece pensare che i pesci che originariamente sono stati importati e fatti poi riprodurre in cattività avessero un loro patrimonio genetico ben definito, più o meno ampio o ristretto. In questo patrimonio genetico erano riportate gli adattamenti che il pesce ha subito nel suo ambiente naturale, quando si sono cominciati a riprodurre nelle vasche è cominciata una nuova selezione naturale ma anche una selezione indotta dall'uomo (ricerca di alcuni caratteri che però spesso portano per conseguenza altri caratteri a volte non voluti). Questo può sicuramente aver indotto alcune mutazioni che però non è detto che siano poi andate a buon fine questo a causa dei vari metodi di mutazioni e delle dinamiche della genetica di popolazione oltre alla genetica di base ( geni dominanti e recessivi) e alle varie eccezioni. Vorrei anche dire che è molto più probabile che un gene mutato sia recessivo che dominante, con le varie conseguenze. Quindi io torno a dire, anche in pesci altamente selezionati per le caratteristiche estetiche, riprendo ad esempio il guppy, possono sicuramente essere intervenute delle mutazioni e che quindi vi siano stati degli adattamenti, ma come sempre, nessuno ce lo dice con sicurezza, quindi è certo sbagliato dire che sicuramente quei pesci non sanno nemmeno come era l'acqua del biotopo originale, ma può anche essere sbagliato dire che quei pesci vivono solo in quell'acqua (parlo di specie molto riprodotte in cattività). Ovviamente il discorso è generico e nei limiti della logica e buonsenso come sempre. Come giustamente diceva Entropy prima, ogni pesce è capace di vivere in un certo range di valori. E' un po' come per noi umani, viviamo bene a 22°C(esempio) ma se c troviamo a 10°C o a 30°C non moriamo, ci acclimatiamo e sopravviviamo, ma non tramettiamo questo "adattamento" alla progenie. ciao! P.S sta venendo proprio una bella discussione ------------------------------------------------------------------------ ah scusate, avevo dimenticato una cosa, vorrei aggiungere 2 parole a questo: Quote:
E poi di che tipo di mutazione stiamo parlando? Ricordiamoci che stiamo parlando di esseri evoluti e non di batteri procarioti in cui il 99% delle mutazioni viene espressa. Infatti avanzando nella scala dell'evoluzione, dal meno evoluto al più evoluto, aumenta la frazione intronica del DNA, cieè la frazione inespressa, quella che è presente ma non esprime nessun carattere (tanto che nell' RNA abbiamo solo frazioni esoniche, e nel CDNA viene tagliata la frazione intronica), quindi se la mutazione puntiforme avviene in una frazione di DNA intronico questa di fatto non sussiste. Poi appunto ci sarebbe da considerare gli altri tipi di mutazioni, ma il discorso si complica e allunga, se necessario però se ne può parlare... |
si io non andrei, almeno in questa discussione così a fondo nella genetica, già con un discorso un pò più generale abbiamo tanta tanta carne al fuoco
------------------------------------------------------------------------ :-)) faby anche lì ho semplificato per la comprensibilità, dicendo "se la manifestazione è positiva..." se dite comunque esplico aggiungendo il tuo discorso o più semplicemente aggiungo che una mutazione può non essere manifestata, o adirittura può non avere alcun effetto... adesso vediamo! |
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Traduzione italiana Team: AcquaPortal
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