Tommaso66
28-03-2009, 22:57
Salve a tutti gli amici di acquaportal.it e acquariofilia.biz, sono Tommaso di AcquariofiliaItalia.it - Volevo condividere con voi acquariofili per il settore PESCI DI ACQUA DOLCE una interessante ricerca scientifica, sulle COGNIZIONI MATEMATICHE DEI PESCI. Abbiamo già da un anno avuto contatti diretti con un membro dello staff di ricerca dell'Università di Padova, dott. Christian Agrillo, per una ricerca che è stata iniziata nel 2004 sulla specie Gambusia (Mosquitofish) holbrooki (Pelicidi) , abbiamo seguito il nostro contatto, che ci ha fornito 3 interessanti articoli, che inserirò in 3 parti diverse. Grazie della vostra attenzione e buona lettura.
Parte 1
LE CAPACITA’ MATEMATICHE DEI PESCI
di Christian Agrillo
È una conoscenza scientifica consolidata che le abilità numeriche non costituiscono una prerogativa esclusivamente umana. Rudimentali abilità di calcolo sono state infatti individuate in diverse scimmie ed in numerose specie di uccelli e mammiferi acquatici; al contrario, sino a poco tempo fa non vi erano ancora conoscenze su quelle che potessero essere le capacità matematiche dei pesci. Dopotutto, è facile ipotizzare che questa capacità possa tornare utile anche ai pesci: l’abilità ad esempio di individuare quale gruppo di possibili prede è più cospicuo potrebbe risultare vantaggioso per operare la scelta che possa dare i risultati migliori in termini di caccia. Al contrario, individuare quale insieme di compagni è il più numeroso può rivelarsi ottimale quando un pesce vuole difendersi dagli attacchi di un predatore e cerca di rifugiarsi nel gruppo che gli potrebbe dare il maggior vantaggio possibile per nascondersi con efficacia (il gruppo cioè più numeroso).
Nel 2004, il gruppo di ricerca diretto dal prof. Angelo Bisazza del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova (insieme al sottoscritto Christian Agrillo ed i dottori Marco Dadda e Serena Giovanna) ha intrapreso uno studio sistematico per individuare i limiti e le potenzialità delle capacità di individuare il gruppo più numeroso nei teleostei. È stato adoperato come modello della ricerca un campione di femmine di Gambusia holbrooki, un pecilide di acqua dolce originario del Nord-America, importato in Europa ad inizi del 1900 a scopo antianofelico. I pesci sono stati prelevati da un’oasi naturalistica, trasportati in laboratorio per le ricerche e successivamente rilasciati nel loro ambiente naturale.
È noto come le femmine di questa specie abbiano tendenze gregarie e formano quindi gruppi anche di grandi dimensioni. Questi pesci, se inseriti in un ambiente sconosciuto e privo di luoghi di riparo, cercano immediatamente di congiungersi ad altri conspecifici, al fine di ridurre i possibili rischi in caso di arrivo di un predatore. In particolare, cercano di avvicinarsi a gruppi di compagni più numerosi possibili per limitare al massimo la possibilità di essere predati. Questa tendenza spontanea è stata, quindi, il motore della ricerca: i soggetti sono stati posti singolarmente in un ambiente potenzialmente pericoloso, dove veniva data la possibilità di unirsi a due gruppi di compagni di diversa numerosità: se i pesci fossero stati in grado di individuare quale insieme era più numeroso ci saremmo aspettati che cercassero di congiungersi a tale gruppo; al contrario, se i soggetti dello studio non fossero stati in grado di distinguere le due numerosità, la scelta sarebbe stata casuale.
I risultati della ricerca documentano come i pesci mostrino gli stessi limiti manifestati dalle scimmie ed altre specie animali nei test di scelta spontanea: nello specifico, i pesci sono in grado risolvere il compito sino a 4 unità (riconoscono cioè il gruppo più numeroso in confronti come 1vs2, 2vs3, 3vs4) ma non riescono per numerosità superiori (come 4vs5, 5vs6, 6vs7 e 7vs8). Ad ogni modo, possono riconoscere quale gruppo è più numeroso anche tra grandi gruppi di pesci, a patto che la distanza numerica tra i gruppi sia ampia, come nel caso di 8 pesci rispetto a 16. In sostanza, possono risolvere compiti numerici molto precisi sino a 4 unità, mentre la loro prestazione peggiora e diviene più imprecisa per numerosità maggiori.
Nel complesso i risultati di questo studio, pubblicati sulla rivista internazionale Animal Cognition, documentano come rudimentali abilità numeriche siano presenti anche in specie molto lontane dall’uomo, suggerendoci come esista nei Vertebrati un comune sistema matematico che non dipende dal linguaggio umano e che permette agli animali di risolvere semplici problemi numerici che possono risultare provvidenziali in termini di sopravvivenza.
segue lo svilutto in Parte 2
Parte 1
LE CAPACITA’ MATEMATICHE DEI PESCI
di Christian Agrillo
È una conoscenza scientifica consolidata che le abilità numeriche non costituiscono una prerogativa esclusivamente umana. Rudimentali abilità di calcolo sono state infatti individuate in diverse scimmie ed in numerose specie di uccelli e mammiferi acquatici; al contrario, sino a poco tempo fa non vi erano ancora conoscenze su quelle che potessero essere le capacità matematiche dei pesci. Dopotutto, è facile ipotizzare che questa capacità possa tornare utile anche ai pesci: l’abilità ad esempio di individuare quale gruppo di possibili prede è più cospicuo potrebbe risultare vantaggioso per operare la scelta che possa dare i risultati migliori in termini di caccia. Al contrario, individuare quale insieme di compagni è il più numeroso può rivelarsi ottimale quando un pesce vuole difendersi dagli attacchi di un predatore e cerca di rifugiarsi nel gruppo che gli potrebbe dare il maggior vantaggio possibile per nascondersi con efficacia (il gruppo cioè più numeroso).
Nel 2004, il gruppo di ricerca diretto dal prof. Angelo Bisazza del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova (insieme al sottoscritto Christian Agrillo ed i dottori Marco Dadda e Serena Giovanna) ha intrapreso uno studio sistematico per individuare i limiti e le potenzialità delle capacità di individuare il gruppo più numeroso nei teleostei. È stato adoperato come modello della ricerca un campione di femmine di Gambusia holbrooki, un pecilide di acqua dolce originario del Nord-America, importato in Europa ad inizi del 1900 a scopo antianofelico. I pesci sono stati prelevati da un’oasi naturalistica, trasportati in laboratorio per le ricerche e successivamente rilasciati nel loro ambiente naturale.
È noto come le femmine di questa specie abbiano tendenze gregarie e formano quindi gruppi anche di grandi dimensioni. Questi pesci, se inseriti in un ambiente sconosciuto e privo di luoghi di riparo, cercano immediatamente di congiungersi ad altri conspecifici, al fine di ridurre i possibili rischi in caso di arrivo di un predatore. In particolare, cercano di avvicinarsi a gruppi di compagni più numerosi possibili per limitare al massimo la possibilità di essere predati. Questa tendenza spontanea è stata, quindi, il motore della ricerca: i soggetti sono stati posti singolarmente in un ambiente potenzialmente pericoloso, dove veniva data la possibilità di unirsi a due gruppi di compagni di diversa numerosità: se i pesci fossero stati in grado di individuare quale insieme era più numeroso ci saremmo aspettati che cercassero di congiungersi a tale gruppo; al contrario, se i soggetti dello studio non fossero stati in grado di distinguere le due numerosità, la scelta sarebbe stata casuale.
I risultati della ricerca documentano come i pesci mostrino gli stessi limiti manifestati dalle scimmie ed altre specie animali nei test di scelta spontanea: nello specifico, i pesci sono in grado risolvere il compito sino a 4 unità (riconoscono cioè il gruppo più numeroso in confronti come 1vs2, 2vs3, 3vs4) ma non riescono per numerosità superiori (come 4vs5, 5vs6, 6vs7 e 7vs8). Ad ogni modo, possono riconoscere quale gruppo è più numeroso anche tra grandi gruppi di pesci, a patto che la distanza numerica tra i gruppi sia ampia, come nel caso di 8 pesci rispetto a 16. In sostanza, possono risolvere compiti numerici molto precisi sino a 4 unità, mentre la loro prestazione peggiora e diviene più imprecisa per numerosità maggiori.
Nel complesso i risultati di questo studio, pubblicati sulla rivista internazionale Animal Cognition, documentano come rudimentali abilità numeriche siano presenti anche in specie molto lontane dall’uomo, suggerendoci come esista nei Vertebrati un comune sistema matematico che non dipende dal linguaggio umano e che permette agli animali di risolvere semplici problemi numerici che possono risultare provvidenziali in termini di sopravvivenza.
segue lo svilutto in Parte 2